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Gravner

Pioniere della macerazione in anfora georgiana, Gravner ha rinunciato alla tecnologia per una sostenibilità che onora cinquemila anni di storia vinicola.

Quando ha iniziato la sua rivoluzione, tutti lo prendevano per matto. Quando ha svuotato la sua cantina dalle macchine e da ogni prodotto chimico, riempiendola invece di grandi kvevri (anfore) faticosamente trasportati dalla Georgia, in molti l’hanno preso per un marziano.

Eppure, quel “matto” di Joško Gravner ha cambiato l’artigianato e la narrazione del vino, diventando uno dei padri riconosciuti di una visione che mette al centro la natura e i suoi processi, accantonando tecniche invasive.

«Nella mia vita – racconta – ho sperimentato in cantina tutto quello che le industrie chiamavano “ultima tecnologia”. Ero giovane con tanta voglia di fare, il mio motto era “tanto e buono”. Mio padre sorrideva davanti a tutta questa voglia di fare e strafare, sperando che prima o poi sarei tornato sui miei passi. Così fu: cominciai piano piano a disfarmi di tutta quella tecnologia».

Nella storia di Gravner, che oggi coinvolge in azienda soprattutto la figlia Mateja e il nipote Gregor Pietro, l’innovazione è stata ed è intrinsecamente sostenibile, giocando per sottrazione. «Non trovo in effetti possibile – rimarca il vignaiolo di Oslavia – che cinquemila anni di storia vinicola vengano cancellati così facilmente negli ultimi decenni. La mia cantina è questa, senza tecnologia moderna, senza effetti speciali, uno spazio che contiene, cullate dalla mia terra, le anfore provenienti dal Caucaso. Amo questo luogo per la sua semplicità e funzionalità».

La “strada vecchia” è la sua strada nuova, a partire dal legame con il territorio. Tra le vigne pianta (o recupera) alberi e cespugli, crea laghetti e spazi liberi. E dopo anni di entusiasmo per i vitigni internazionali, dal 2012 Joško espianta tutte le varietà a bacca bianca mantenendo solo il vitigno autoctono, la ribolla gialla. «Se si possiede qualcosa di eccezionale, vale la pena di concentrarsi solo su quello», ripete da allora. Col tempo anche i vitigni rossi “alieni” lasciano spazio alla tradizione. La ricerca di innovazione non si ferma e nel 2024 si avvia l’esplorazione di nuove frontiere per l’affinamento, approfondendo – in collaborazione con gli specialisti EnoKube e Pfaudler – l’utilizzo del vetro per le qualità di inerzia, resistenza e pulizia.

Da portare a casa

Ribolla Venezia Giulia Igt: frutto di una lunga macerazione nei kvevri georgiani e di un affinamento di sei anni in grandi botti di rovere, questa Ribolla è un vino astratto e materico, capace di conquistare per la raffinatezza senza belletto. Un vino della terra di Oslavia, cesellato dal tempo.

Maggiori informazioni

Oslavia (Gorizia)
Gravner.it

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