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SanBrite

Cortina d’Ampezzo

L’agricucina stellata che esprime la montagna e il lusso “controllato” della nuova ospitalità segnano la rinascita del territorio ampezzano.

Con il 2023 sono trascorsi esattamente quarant’anni dall’uscita del primo ‘Vacanze di Natale’ a Cortina, un cliché difficile da allontanare. Alla fine Cortina è sempre Cortina, con le seconde case custodi di pellicce e tute da sci ormai démodé e lo shopping sullo sciccoso Corso Italia durante il quale, puntualmente, s’inciampa da Fiori per il leggendario strudel di mele sfornato secondo l’antica e segreta ricetta del nonno Giovanni. Niente affatto prigioniera di se stessa, è invece la ristorazione una sorpresa in continuo divenire ben lontana dall’essere cristallizzata dentro il concetto di “cucina di montagna”. Il nuovo corso gastronomico risponde ai desideri degli sciatori più gourmet e di turisti consapevoli, grazie a una schiera di chef – è il caso di dire – olimpionica: è già iniziato il countdown per i XXV Giochi Olimpici Invernali, Milano Cortina 2026.

Tra i più impegnati sul territorio, Riccardo Gaspari e Ludovica Rubbini del SanBrite sono la coppia che ha portato l’agricucina ai livelli del fine dining – dopo la prima stella è arrivata anche quella verde –, tra Spaghetti con olio di pino mugo e pane croccante o la ricotta faidaté al tavolo che dà soddisfazione al commensale. Il vero luogo della perdizione è, però, Piccolo Brite, il confinante caseificio con spaccio, dove acquistare un caratteristico souvenir del posto (con buona pace per i collezionisti di calamite), a scelta tra burro di pura panna, yogurt intero naturale e stracchino stagionato. È stato durante l’adolescenza, nel silenzio di un lariceto, che il cuoco ampezzano ha imparato a mungere le vacche e ad allevare maiali con il padre Flavio: in questo bosco, vent’anni fa è sorto l’agriturismo di famiglia El Brite de Larieto, anch’esso illuminato dalla stella color sostenibilità. A sfogliare il menu e a leggere uno dei piatti, ovvero gli Gnocchi Genesis (patate, cicoria, funghi e pane), pare che l’omonimo evento organizzato negli ultimi due anni da questa coppia di ristoratori under 40 abbia lasciato un segno indelebile – in attesa di settembre 2023, l’esperienza “rigenerativa” è stata prolungata tutto l’anno con
Casa Genesis –, restituendo ai partecipanti un altro modo di vivere il cibo e la montagna, dalle colazioni nel bosco dopo una notte in tenda ai telefonini spenti.

È potente, invece, la connessione che raggiunge Ra Stua, anche perché l’architetta Cristiana Andreozza non potrebbe altrimenti lavorare in smart working quando non dà una mano al compagno Alessio Parrinello, che ha preso in gestione questa malga dopo aver risposto a un bando trovato su un giornale. Per chi a Cortina conosce l’istituto delle Regole Ampezzane, sa quanto sia difficile per un forestiero inserirsi in un sistema perlopiù ereditario e molto stretto attorno alla propria comunità. Eppure il giovane di Auronzo ha conquistato tutti con il suo progetto a 20 minuti di strada dalla più famosa località, coniugando una cucina schietta e corroborante, tra polenta e salsiccia di propria produzione e casunziei di patate, speck, burro e parmigiano, il lavoro al pascolo e otto stanze per la notte. Con sfondo sul Monte Tofana, il Cristallo e la valle, a quota 1.778 metri il ritrovo di sciatori e non è al Masi Wine Bar “Al Druscié” che si raggiunge agevolmente dal centro di Cortina con la cabinovia Tofana-Freccia nel cielo. Naturalmente qui il vino è protagonista, anche nei piatti: dal Risotto all’Amarone con scaglie di Monte Veronese alla composta di mirtillo rosso al Recioto Amandorlato. Per un’occasione speciale si brinda a Champagne al Bar Alfredo del progetto Alajmo a Cortina che, dalla fine dello scorso anno, occupa i tre piani dello storico El Toulà: in questo caso, l’accompagnamento ideale è con una selezione dei loro caviali.

C’è molto fermento anche nel comparto dell’ospitalità, con una città che continua a essere un cantiere. Se per scoprire la nuova vita dell’Hotel Cristallo bisognerà attendere l’estate 2025, quando riaprirà come primo resort alpino del Mandarin Oriental Hotel Group, a confondersi con il paesaggio sono le vetrate immense di alcune Spa. Da quella del Rosapetra Spa Resort, cinque stelle entrato a far parte nel nuovo brand italiano “Relegance – The Unexpected Collection”, che è anche una degli migliori d’Europa, ai 1.000 mq del Faloria Mountain Spa Resort che includono una piscina semi olimpionica: sarà forse stato questo paradiso ad aver convinto lo chef campano Giovanni Gagliardo a esprimersi al meglio con il pacchetto “Dolomite Gourmet Experience”? Nonostante siano trascorsi quasi due anni dall’apertura, continua a profumare di bosco l’Hotel de Len, albergo del gruppo San Domenico Hotels la cui gestione è firmata dal team di Borgo Egnazia, emblema del lusso “controllato”, interamente costruito con legno di recupero della zona, cirmolo in primis, e su principi di sostenibilità e benessere. Un buon motivo per provarlo – oltre a trascorrere (almeno) una notte in una delle 22 camere governate da tecnologia avanzata che riequilibra l’energia e riduce l’inquinamento elettromagnetico – è la sua tavola. Aperto con la consulenza di Andrea Ribaldone, il ristorante può contare su una proposta all day long dove non manca uno dei classici piatti del room service ma d’altura, il club sandwich all’ampezzana, mentre a cena sale la curiosità di provare il piatto unico di baccalà in tre modi diversi e la degustazione di maiale, come filetto, in terrina e a mo’ di guancetta. Per la gioia dei breakfast lovers, la colazione è aperta anche a chi non soggiorna in hotel, così come il bar, uno dei protagonisti della Cortina Cocktail Weekend, la prima sulla neve. Altro place to be del bere miscelato è il bancone dell’Hotel de la Poste che ha racchiuso i sapori delle Dolomiti ampezzane in un suo distillato, e non si tratta di una grappa: è il Cortina Gin Mountain, caratterizzato da mirtilli neri e pino mugo e vestito con un’etichetta dal gusto retrò che celebra quella che fu la prima manifestazione olimpica in Italia, Cortina ‘56.

Da scoprire

Dal ladino “abbracciare”, questa morbida e dolce ciambella, chiusa a mo’ di treccia e decorata con granella di zucchero, è così chiamata proprio per la sua forma a corona. Contrariamente a molte ricette che si tramandano di madre in figlia, un tempo non veniva cucinata in casa bensì nei panifici e solo su ordinazione nei mesi che precedono il matrimonio. Simbolo di festa, era infatti considerato il dolce dell’invito a nozze, portato in dono dai futuri sposi ad amici e parenti, in occasione della consegna delle partecipazioni. L’usanza voleva che insieme al brazorà al centro fossero posti 5 carafoi, alias tipiche frittelle che qui a Carnevale chiamano crostoli, e 5 confetti. Nel corso del tempo, c’è chi ha personalizzato la ricetta aggiungendo marmellata o crema spalmabile al cioccolato oppure decorando con uova colorate nel periodo pasquale. Oggi è disponibile tutto l’anno nelle pasticcerie e nei ristoranti di zona e sono molte le donne ampezzane che ne hanno imparato i segreti per riprodurlo a colazione o a merenda.

Maggiori informazioni

In apertura: Le lumache alle erbe del SanBrite (ph. Stefania Giorgi) 

Leggi anche: Le nuove città del cibo

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