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Le Cattive a Palazzo Butera

Soluzioni creative a rompicapo complessi del mondo dell’ospitalità. La parola a designer, art director e architetti. Per il terzo appuntamento parlano Giovanni Cappelletti e Diego Emanuele

Le Cattive Palazzo Butera Design Locale

Nel 2016 i collezionisti Massimo e Francesca Valsecchi hanno acquistato Palazzo Butera, uno dei più interessanti monumenti architettonici all’interno della Kalsa, il quartiere del centro storico prospiciente il lungomare di Palermo. Ne hanno finanziato il restauro integrale con l’obiettivo di restituire alla città il bene monumentale attraverso una fruizione pubblica. Il progetto architettonico e museografico del complesso monumentale è stato affidato all’architetto Giovanni Cappelletti, mentre all’ing. Marco Giammona è stato affidato il progetto degli interventi di restauro e consolidamento strutturale. All’interno di questo complesso intervento si è inserita anche l’idea di dar vita a uno spazio che fosse più di una caffetteria museale; uno spazio dalle molteplici funzioni, un luogo in cui fare “cultura del vino” affidato alla gestione della famiglia Tasca d’Almerita. Ha preso forma quindi dalla matita dei due architetti che qui scrivono, Giovanni Cappelletti e Diego Emanuele, coinvolti dai due committenti in un progetto partecipato, Le Cattive, caffetteria, enoteca e ristorante di Palazzo Butera. 

Il nome Le Cattive è nato dall’omonimo termine con cui i palermitani si riferiscono alla passeggiata soprastante il foro Umberto su cui si affaccia il Palazzo, unico luogo da cui le vedove della città di Palermo, considerate prigioniere del lutto (dal lat. captivae), potevano partecipare alla vita mondana nell’800. Gli spazi de Le Cattive si caratterizzano per la loro distribuzione longitudinale, data dalla classica enfilade di stanze che storicamente ospitava un sistema di dispense e cucine secondarie. Abbiamo scelto di non considerare questa tipologia distributiva come un limite, ma anzi di accentuare il suo effetto scenografico realizzando per i muri trasversali una finitura in marmorino verde, che trasforma le pareti in suggestive quinte teatrali che scandiscono lo spazio percorso dal visitatore. Da una parte gli ambienti che ne sono derivati ci hanno permesso di configurare piccole stanze dal carattere intimo e conviviale, dall’altra hanno rappresentato una sfida importante nella distribuzione delle funzioni principali del progetto, nonché il nodo di tutta la prima fase progettuale. Abbiamo sciolto questo nodo dando massima importanza allo spazio centrale – coincidente con l’ingresso dalla passeggiata e quindi collegamento primario con la città – che ospita i banchi dedicati alle funzioni principali di caffetteria ed enoteca, dividendo in due il sistema di sale. 

Queste due anime, differenti e complementari, sono accentuate dal dialogo prospettico tra le due identità de Le Cattive; a destra, la caffetteria e la Collezione Francesca e Massimo Valsecchi, a sinistra, il ristorante-enoteca e l’azienda Tasca d’Almerita. Il collegamento tra i due poli, tramite la successione delle quinte murarie e la linea di maioliche originali, ha reso il paradigma visivo a tratti più forte dello spazio architettonico. Le maioliche utilizzate all’interno del locale rappresentano un autentico pezzo di storia, in quanto recuperate durante il rifacimento delle terrazze del piano nobile e successivamente “incastonate” nel pavimento, realizzato con un getto di calcestruzzo addizionato di ossidi neri e con inerti in pietra lavica, un elemento che parla di Sicilia. Il contrasto tra il grigio scuro del getto e la brillante bicromia verde e bianca delle maioliche costituisce un ulteriore fattore di riconoscibilità de Le Cattive. Per integrare la vocazione principale della famiglia Tasca d’Almerita in uno spazio architettonico così caratterizzato e unico, abbiamo scelto di progettare su misura un caveau dei vini da 800 bottiglie, costruito in opera all’interno dello spazio. Il caveau, con la sua luminosità e la leggerezza formale dei sottili e allungati profili metallici in ferro passivato artigianalmente, non solo fa da quinta prospettica al ristorante ma trasmette e valorizza la cultura del vino all’interno del luogo. 

La cucina, in testa al sistema distributivo da un lato, è caratterizzata da spazi raccolti e voltati in cui si incastrano tutte le funzioni ed attrezzature tecniche come in un disegno escheriano. Un approccio così sartoriale nei confronti dell’architettura non poteva che essere seguito anche nella scelta di arredi e complementi: abbiamo utilizzato il ferro naturale nel sistema di panche che distribuisce le sedute sul lato confinante con la passeggiata, e in tutti gli inserti di banchi e arredi; l’intonaco avvolge le stanze con la sua superficie ruvida e materica, incontrando trasversalmente il liscio marmorino verde; la pietra lavica, con la sua durabilità ed energia, riveste banchi e fondali dei due banchi; l’acciaio è invece principe del locale tecnico, la cucina. L’obiettivo è stato ridurre al minimo i materiali utilizzati, con lo scopo di ricreare un rapporto efficace per funzionalità ed identificazione degli elementi. Contribuiscono a definire e caratterizzare lo spazio gli arredi scuri con complementi in stoffa – di cui alcuni disegnati ad hoc per le panche, con un sistema di calamite che permette di spostarli per seguire il visitatore – restituendo uno spazio elegante che a un primo sguardo sembra essere lì da sempre, in un ambiente accogliente e familiare.