Un orto, qualche passo più in là dalla cucina. Dentro crescono erbe aromatiche locali, piccoli frutti e verdure di stagione che gli chef vanno a prendere ogni mattina. Non c’è niente di rivoluzionario in questo, ma in Costa Smeralda è un approccio raro. Affacciato sulla Cala Bitta, il 7Pines Resort Sardinia ha scelto di costruire la propria identità a partire da una cucina stagionale, ragionata e profondamente legata al territorio. È da qui che nasce un progetto gastronomico coerente e articolato, che mette insieme tre anime distinte sotto la guida dell’executive chef Pasquale D’Ambrosio, in un dialogo continuo tra isola, persone e materia prima. In questo resort sulla costa nord-orientale della Sardegna, lo chef ha costruito una rete solida con artigiani, pescatori e contadini, e ha trasformato questo angolo della regione in un vero hub gastronomico.
Capogiro e Spazio by Franco Pepe: cucina e pizza d’autore
Il cuore del progetto è Capogiro, ristorante fine dining recentemente segnalato dalla guida Michelin, dove la cucina sarda incontra la sensibilità personale di D’Ambrosio. Emblema di questo approccio è la Pasta mischiata ai 12 pomodori, una ricetta-memoria che fonde varietà da diverse regioni italiane, tenute insieme da un estratto di foglie di fico. In carta anche scampi laccati al miele e pomodoro verde, ricci di mare con patate di Gavoi, e maialino in olio cottura con scarola e capperi.
Il percorso prosegue con Spazio by Franco Pepe, dove la pizza trova nuova voce nel confronto tra due sguardi complementari. Accanto ai classici del maestro di Caiazzo – Margherita Sbagliata e Scarpetta, su tutte – si affiancano creazioni nate sul posto, come la Sentimenti di Gallura, con bue rosso, carciofo spinoso sardo e aria di pecorino, o i coni di pizza fritta, novità dell’estate.
A completare l’offerta gastronomica c’è il Cone Club, un ristorante affacciato sul mare, informale ma attento al dettaglio. Qui il menu parla sardo con fregula, pescato del giorno e seadas servite con miele di Gallura.
La cucina s’intreccia con una sostenibilità reale e trasversale: stagionalità e filiera corta per rispettare l’ambiente, collaborazione con produttori locali per valorizzare il territorio, e una brigata in gran parte femminile. È un modello che funziona perché ha una direzione chiara. E perché, tra l’orto e il piatto, non s’inserisce niente che non serva davvero.
