Un giorno, nel 2004, Brooke Hazen si accorse che uno dei suoi meli Golden Delicious non era esattamente come gli altri. «Alcuni hanno la fortuna di scoprire e quindi battezzare col proprio nome una nuova varietà di pianta nata da una mutazione naturale. Per quanto mi riguarda, tra le migliaia di alberi che possiedo, un solo ramo da una singola pianta ha deciso di fare di testa sua», dice Hazen. Ne è nata una mela con la tipica buccia giallo-verde, ma con un’insolita sfumatura rosa nel punto in cui era rivolta verso il sole, e con una dolcezza e un profumo superiori a quelli delle altre Golden Delicious più note. Hazen, proprietario di Gold Ridge Organic Farms, un frutteto e un uliveto di circa 36 ettari nella Contea di Sonoma, ha coltivato la nuova mela, innestando la mutazione (o “sport”, in gergo agricolo) su un portainnesto e chiamandola Sea Breeze. Il nome è un inno a ciò che, prima del grande successo dell’uva da vino, aveva reso Sonoma il luogo di riferimento per la coltivazione delle mele.
«L’Oceano Pacifico offre un clima fresco, perfetto per la coltivazione dei meli che possono prosperare ed esprimere appieno le loro sfumature e variazioni», spiega Hazen. «Non scherzo quando dico che ho incontrato persone che si sono commosse quando hanno mangiato la Sea Breeze». Hazen, le sue mele e i consumatori che le apprezzano celebrano un legame speciale, atavico e intimo tra l’uomo e questo frutto. Dalla loro origine nelle foreste del Kazakistan a una collina spazzata dal vento sulla costa della California, le mele si sono evolute e hanno dato vita a molte varietà diverse, seguendo in parallelo la storia dell’umanità. Con i coloni, i produttori di sidro, i fruttivendoli, gli scienziati fino a tutte le persone che ogni giorno le inseriscono nel loro pranzo al sacco, le mele sono state parte integrante della storia americana. Oggi, più di 5mila coltivatori producono oltre 5 milioni di tonnellate di mele all’anno negli Stati Uniti. Sono, di fatto, il primo frutto consumato in questo Paese: un dato sufficiente per convertire anche una persona piuttosto tiepida verso le mele, come lo ero io.
Non essendo una grande amante dei dolci, non le avevo mai prese in gran considerazione fino a quando, in occasione di una degustazione di olio d’oliva a Gold Ridge Organic Farms, entrando nella cella frigorifera piena di mele Fuji di Hazen sono rimasta colpita dal loro profumo acuto, floreale, quasi tagliente. Quell’esperienza mi ha aperto un mondo, tanto da spingermi a sperimentare nuove ricette usando proprio le mele. Ho affettato Granny Smith e Pink Lady in un gratin di patate, cui hanno aggiunto note delicate. Ho tagliato a fiammiferi le acide Empire (simili nel gusto alle Granny Smith, ndt) e le caramellose SnapDragon (simili alle Fuji o alle Pink Lady, ndt) per un’insalata con cavolo rapa da abbinare al pollo glassato al sidro. Ho persino trasformato le mele in un piatto unico, brasando nel sidro le Gala, dalla consistenza soda, insieme alla pancetta. E questo solo con quello che ho trovato al supermercato. Quando ho affittato una casa estiva nel Vermont, ho scoperto che in ogni vialetto c’era un albero abbandonato con piccoli pomi tannici e aciduli che, anche se non erano molto gradevoli appena colti, si rivelavano meravigliosi se ammorbiditi in una marinatura all’aglio e usati per farcire del pane multicereali con il cheddar locale; o, ancora meglio, se trasformati in salsa o tagliati a cubetti e usati per preparare delle gustose frittelle che i miei familiari hanno divorato. Queste “orfane” del Nordest avevano qualcosa in comune con la coccolata Sea Breeze di Hazen. Entrambe erano, per riprendere Darwin e le sue teorie, il prodotto della selezione umana e di mutazioni casuali. «Le mele non si auto-impollinano», spiega William Shane, specialista nella produzione di piante da frutto alla Michigan State University. «La fruttificazione del melo dipende dall’impollinazione incrociata. Quindi, la progenie di una mela Red Delicious, ottenuta per seme, presenterà caratteristiche differenti dalla stessa Red Delicious», spiega. Questa diversità genetica, chiamata eterozigosi, significa che per ottenere molti esemplari di una stessa varietà le mele devono essere clonate. «Attraverso l’innesto o la propagazione di una gemma si ottiene una nuova pianta geneticamente identica alla pianta madre».
In epoca coloniale quando bere bevande fermentate era più sicuro rispetto all’acqua non trattata, «i coltivatori piantavano molti alberi da frutto, soprattutto quelli da cui si ricavavano le mele per produrre il sidro», dice Charlotte J. Shelton, titolare di Vintage Virginia Apples e Albemarle CiderWorks, con cui produce sidri monovarietali di mele antiche. «Nascevano molte varietà e chi vi si imbatteva dava loro il suo nome, come la deliziosa Royal Pippin, che divenne la varietà preferita della regina Vittoria quando la assaggiò, in arrivo dall’America. Nel 1900 esistevano già migliaia di varietà di mele americane». Si trattava di frutti dal carattere multiforme: rossi, verdi o gialli, striati o screziati, dalla buccia liscia o ruvida come quella delle patate dell’Idaho, sapide o dolci, piccanti o tanniche. Le mele europee si sono trasformate e moltiplicate qui, diventando “americane” tanto quanto la celebre apple pie. Man mano che la nazione si spingeva verso ovest, sfollando i nativi americani, le autorità imponevano la coltivazione di frutteti. «La Compagnia dell’Ohio obbligava i coloni a piantare un certo numero di meli e peschi per poter ottenere la terra. Questo spinse John Chapman, detto Johnny Appleseed, a viaggiare e a piantare meli in anticipo per poi venderli a chiunque volesse insediarsi su quella terra», spiega Jamie Hanson, responsabile del frutteto di Seed Savers Exchange: una sorta di Johnny Appleseed moderna che si occupa di un migliaio di varietà com- merciali antecedenti al 1950, che qualcuno aveva impiegato per qualche uso e poi venduto. Chi desiderasse una versatile Rusty Coat o una Pound Sweet adatta alle conserve, può rivolgersi ad Hanson per il materiale necessario a un innesto: una marza e un albero da utilizzare come portainnesto. Andando di persona a Decorah, a Iowa, si ha la possibilità di riempire gratuitamente un secchio da circa 20 chili.
Nel corso del XX secolo, la diversità delle mele è andata diminuendo in modo significativo
Questo preoccupa gli esperti di mele antiche, come Hanson, che si dedicano alla loro conservazione. Lo sviluppo industriale e i nuovi sistemi di trasporto hanno contribuito a rendere la birra un’alternativa più economica al sidro. Con il proibizionismo, poi, i meleti, già in declino, furono quasi completamente dimenticati. Proprio quando le mele da sidro diventavano sempre più rare, sono nate nuove varietà più dolci e facili da conservare, maggiormente adatte alla grande distribuzione, come Red Delicious, McIntosh, Honeycrisp. Quest’ultima viene dall’Università del Minnesota, dove lavora il professore di orticoltura James Luby. «Il nostro programma è stato avviato oltre 100 anni fa per sviluppare varietà che sopravvivessero ai nostri inverni. Le mele provenienti dalla Russia erano particolarmente robuste e gustose. Grazie a queste caratteristiche, sono state utilizzate per creare la varietà Honeycrisp», spiega Luby: la croccantezza di questa mela è dovuta a cellule grandi e succose. «La particolare struttura della Honeycrisp fa sì che, quando la mordi, si crei una sorta di “esplosione” interna, liberando una grande quantità di succo e aroma», ha aggiunto. È vero. In un mondo perfetto, morderei questa mela all’infinito. Terza mela americana più prodotta dopo Gala e Red Delicious, la Honeycrisp ha avuto un successo tale da generare una progenie: coltivata presso la Washington State University (e oggi anche in Italia, ndt), la Cosmic Crisp è la prima mela di successo commerciale sviluppata nello stato. Dalla forma perfetta e la buccia rosso intenso con piccole screziature sgargianti, è dolce e croccante, nonché resistente alle malattie: talmente preziosa che è stata brevettata. «È un prodotto che usiamo sotto licenza, come la Pepsi o la Coca Cola. Chi lo produce paga per usare il nostro marchio e noi li aiutiamo a venderlo», spiega Kathryn Grandy, responsabile marketing di PVM, azienda che si occupa di commercializzazione di frutti da albero. Tuttavia, dare un marchio a una varietà di mele mette a disagio alcune persone. «Credo nel diritto all’alimentazione e nella pratica ancestrale di condividere risorse come semi e piante per favorire la coltivazione domestica», dice Laura Sieger, che segue il frutteto del Maine Heritage Orchard, area didattica dove si conservano 360 varietà di mele del Maine. Ma anche Sieger ammette che: «L’intersezione tra commerciale e tradizionale, la fusione e l’amalgama, è in atto da sempre. Storicamente, tutte le mele che oggi consideriamo “antiche” erano coltivate per commercio. Non tutte le varietà hanno rilievo sui mercati, ma i gusti delle persone cambiano di continuo e molti ricercano sapori più particolari oltre alla classica mela dolce e croccante».
La nuova tendenza nella selezione delle mele risiede nella complessità
«Anice e chiodi di garofano, un po’ di cannella, frutto della passione, un retrogusto di ciliegia. Ci divertiamo a creare abbinamenti originali, unendo la consistenza piacevolmente croccante a gusti inaspettati», afferma Luby. Nel frattempo, i coltivatori nostalgici preservano la molteplicità storica delle mele. Alcuni sono dei pionieri, come l’azienda Hurd Orchards, situata sulle rive newyorkesi del lago Ontario dal 1816. Qui Amy Machamer, agricoltrice di settima generazione, supervisiona un team che, come praticamente tutti quelli del mondo, raccoglie a mano, «cullando i frutti nei propri palmi». Machamer vende confetture e conserve di alcune delle sue 70 varietà di mele e adora un dolce contadino tipico della zona occidentale di New York, preparato con una mela locale dal nome curioso, 20 Ounce, che viene cotta con acqua e zucchero fino a diventare morbida e soffice.
Ci sono anche i neofiti, come Peter Klein, che racconta: «Ho deciso di cambiare radicalmente vita e nel 2004 mi sono trasferito nel Michigan per coltivare un frutteto». Oggi, produce «varietà divertenti», come la Golden Russet “vintage”, con buccia ruvida e polpa asciutta, o la Smokehouse, «la preferita da chi ama il gusto pungente» o ancora la Summer Rambo, che matura solo in agosto ed è perfetta per le torte. E rifornisce chef di Chicago come John Shields del ristorante Smyth, che trova la Grimes Golden di Klein una mela così «meraviglio- samente equilibrata» da decidere di stravolgerla, mettendola in un sacchetto sottovuoto, svuotandola e farcendola con gelato alle alghe.
Probabilmente le vostre ricette non saranno così sofisticate, ma vi assicuro che esiste una mela per ogni vostra esigenza. Basta chiedere a Erin Robinson, frutticultrice della Scott Farm di Dummerston, nel Vermont. Una mattina mi sono fatta strada tra i cumuli di neve per guardarla potare un albero di Holstein, varietà il cui frutto ha nuance tropicali. La Scott Farm è stata fondata nel 1791 e ha una lunga storia legata alla coltivazione delle mele. Negli anni 20 del secolo scorso, l’allora nuova varietà McIntosh era il prodotto principale dell’azienda e le mele venivano spedite in treno ai mercati urbani. A causa della crescente competizione da parte delle grandi aziende agricole del Nord-Ovest e del Sud America negli anni 80, l’azienda abbandonò la coltivazione intensiva per dedicarsi alla conservazione di un’ampia varietà di mele, circa 130, di cui oggi si occupa Robinson. Anche suo padre lavorava qui e lei conosce ogni albero sin da quando era piccola. Nel corso degli anni, con l’avvicendarsi tra potature invernali, fioriture primaverili e raccolti autunnali, il suo amore per le mele non ha fatto che aumentare.«Proprio come gli esseri umani, le mele sono uniche nel loro genere: deliziose, belle, interessanti. Ci sono ancora molte oppor- tunità da poter cogliere in futuro, ne sono convinta», mi ha detto, aggiungendo: «Ogni mela che parte è un pezzo di me che si al- lontana, un po’ come un figlio che va alla scoperta del mondo». Mi ha anche regalato un ramo di Holstein che, come aveva promesso, è fiorito alcune settimane dopo, portando un pezzetto di questo frutteto del Vermont nella mia casa di Brooklyn. «Faccio parte di una storia che si tramanda da molti anni. Le persone che mi hanno preceduto hanno amato queste mele speciali e le hanno coltivate con cura. Ora tocca a me assicurarmi che questa meravigliosa tradizione continui».
Cucinare con le mele
Ci sono oltre 7.500 varietà di mele nel mondo, molte delle quali sono state selezionate e coltivate per le loro caratteristiche uniche, che le rendono ideali per essere mangiate fresche, per cucinare, per fare delle salse o per produrre del sidro. Solo alcune varietà sono state selezionate per un preciso scopo, mentre la maggior parte sono versatili e adatte a più preparazioni. Visitate i mercati contadini vicino a voi, parlate con gli agricoltori, ordinate semi di varietà antiche ed esplorate con il vostro palato il vasto mondo delle mele.
Mele da merenda
Mangiare una mela appena colta dall’albero è una delle gioie della vita. Apprezzate per il gusto dolce e acidulo, e per la texture piacevolmente croccante, ne esistono di tantissimi tipi. Tra le varietà facilmente reperibili al supermercato, vanno menzionate la Fuji e la Pink Lady (entrambe adatte a più usi), la Red Delicious e la Granny Smith, se vi piacciono i sapori intensi. Tra le varietà antiche e regionali, la Melannurca, originaria della Campania, ha una polpa soda, un gusto dolce-acidulo ed è molto aromatica. La Pomella genovese, che fa parte dell’Arca del Gusto Slow Food, è anch’essa ottima da sgranocchiare: dolce e saporita.
Mele da salsa
Salse e confetture sono solitamente fatte con mele grandi e meno croccanti: generalmente hanno una struttura cellulare meno compatta, che permette loro quasi di “sciogliersi” in cottura. Tra le varietà più comuni ci sono mele farinose come la McIntosh, oppure la Golden Delicious.
Mele da cucina
Le mele che hanno una polpa densa e soda sono perfette per essere cotte. Tra queste le Renette, le Gala, le Braeburn e le Golden Delicious.
Mele da sidro
Il sidro, che in Italia non è molto popolare e viene prodotto su scala relativamente piccola, è una bevanda leggermente alcolica derivante dalla fermentazione delle mele. Spesso per produrre il sidro si combinano diverse varietà, ciascuna delle quali apporta caratteristiche diverse: quelle con alta concentrazione di tannini e amare, soprattutto se selvatiche, danno corpo e struttura al sidro; quelle più acide danno freschezza; quelle più zuccherine bilanciano il gusto con la loro dolcezza, ma aumentano anche la gradazione alcolica. Ci sono infinite possibilità e combinazioni per preparare il sidro, ma tra le varietà più usate ci sono Grimes Golden, Summer Rambo, Ashmead’s Kernel, Roxbury Russet, e Black Oxford. In Italia c’è anche chi ha sperimentato con varietà autoctone, come le Annurche. (di Alexandra Domrongchai e Gaia Lochetti)