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L’alcol evapora davvero in cottura? La risposta della scienza

La temperatura, il tempo e il metodo di preparazione condizionano l’evaporazione dell’alcol nei cibi.

Nelle ricette che prevedono l’uso di vino, liquori o distillati, è diffusa la convinzione che l’alcol scompaia totalmente durante la cottura. Tuttavia i dati scientifici disponibili smentiscono questa idea. La quantità di etanolo che permane nelle pietanze dipende da numerosi fattori, tra cui il tipo di alcolico utilizzato, la temperatura raggiunta, il tempo di esposizione al calore, le modalità di cottura e i materiali impiegati. In nessun caso, comunque, l’evaporazione risulta completa. La credenza secondo cui l’alcol evapora completamente durante la cottura non trova conferma nella letteratura scientifica. Anche in caso di flambate o lunghe cotture, una quota residua di etanolo rimane nei cibi.

Cottura, tempo e dispersione dell’alcol: i dati

Secondo uno studio del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), realizzato in collaborazione con l’Università dell’Idaho e la Washington State University, la quantità di alcol residua nelle pietanze varia sensibilmente. In base alla tecnica di cottura applicata, può rimanere dal 4% al 49% del contenuto alcolico iniziale.

Le fiamme di una flambata, ad esempio, eliminano solo circa il 20% dell’alcol presente prima che la fiamma si spenga. Questo metodo, più che per evaporare etanolo, viene infatti utilizzato per modificare le caratteristiche aromatiche degli zuccheri presenti negli ingredienti e conferire maggiore complessità gustativa al piatto.

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Cotture prolungate a temperatura moderata, come brasature o stufature, favoriscono invece un’evaporazione più consistente, senza mai azzerare del tutto il contenuto di alcol. La concentrazione residua dipende sempre dall’equilibrio tra calore, esposizione all’aria e struttura del liquido nel quale l’alcol è disciolto.

La dispersione dell’alcol in fase di cottura è influenzata da diversi parametri fisici e chimici. La temperatura raggiunta all’interno del liquido è determinante, poiché l’etanolo possiede un punto di ebollizione inferiore rispetto all’acqua, pari a circa 78,5 °C a pressione atmosferica. Tuttavia, nelle preparazioni culinarie, la presenza di altri composti e il volume del liquido modificano la velocità con cui l’alcol evapora.

Anche il tempo di esposizione al calore incide sensibilmente: cotture rapide, come sfumature e flambate, consentono una dispersione solo parziale, mentre tempi più lunghi permettono una graduale riduzione della concentrazione alcolica. Incide inoltre la tipologia di recipiente utilizzato: pentole con ampia superficie di evaporazione favoriscono la dispersione dei composti volatili, al contrario di contenitori chiusi o di piccole dimensioni.

Possibili alternative all’alcol in cucina

In contesti in cui si desideri escludere del tutto la presenza di etanolo nel piatto — ad esempio per motivi religiosi, etici o sanitari — è possibile sostituire gli alcolici con ingredienti analcolici che riproducano parte delle note aromatiche e acide. Il succo d’arancia può sostituire liquori agli agrumi, mentre l’aceto o il succo di mela risultano impiegabili al posto di sake e vermut. In sostituzione di brandy e cognac, alcune preparazioni utilizzano miscele di succhi di frutta e acqua, pur sapendo che il risultato aromatico non sarà perfettamente sovrapponibile.

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