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L’incontenibile leggerezza del Lambrusco

Il vino simbolo dell'Emilia-Romagna conquista con le sue tante espressioni, frutto di 12 vitigni a bacca nera, e con freschezza e versatilità contemporanee. Se ne è parlato sul Monte Bianco, con il Master of Wine Gabriele Gorelli insieme a chef, sommelier e produttori.

Se Greenwich indica il meridiano universale e impone per convenzione la catena delle ore e dei giorni, “il meridiano del gusto” che passa per Reggio Emilia e Modena, senza dimenticare Parma e i territori limitrofi dalla Bassa all’Appennino, indirizza in una delle aree più golose del pianeta. Qui, infatti, tutto parla dello star bene a tavola e del piacere enogastronomico. I concetti di tipicità e di tradizione, di antico e di moderno si fondono; il cibo e il vino sono davvero sentiti come cultura, stile di vita, immagine di sé. Insomma, un tripudio di gusto che ha un punto importante nelle produzioni enologiche, a partire dal Lambrusco, oggi più che mai simbolo di convivialità e personalità e con un’eccellente posizione sul mercato internazionale. Lo scorso 21 giugno, nel giorno del solstizio d’estate, il Consorzio Tutela Lambrusco e l’Enoteca Regionale Emilia-Romagna hanno voluto portarlo nelle sue tante sfaccettature di colori e interpretazioni a toccare il cielo con un dito, a Punta Helbronner a 3.466 metri, nello scenario del massiccio del Monte Bianco, brindando alla sua «incontenibile leggerezza».

La “leggerezza” del Lambrusco come modernità

Il Lambrusco andrebbe infatti più correttamente declinato al plurale, poiché l’appellativo indica una famiglia di dodici vitigni a bacca nera che domina la Pianura Padana e da cui scaturiscono vini freschi e contemporanei. lo ha dimostrato ulteriormente, caso mai ce ne fosse stato bisogno, l’interessante seminario tenuto in quota dal Master of Wine Gabriele Gorelli: a lui si deve il rimando alla nota opera letteraria di Milan Kundera, e alla leggerezza che nel caso di questo vino da “insostenibile” si fa appunto “incontenibile”, e decisamente piacevole. Le peculiarità variegate ed eterogenee delle tante, possibili espressioni del Lambrusco sono così emerse dall’assaggio guidato e dall’analisi di 13 etichette in forma smagliante: dai Lambrusco di Sorbara Doc di Paltrinieri (Grosso), Cantina Carpi e Sorbara (Omaggio a Gino Friedmann 2024), Umberto Cavicchioli e Figli (Vigna del Cristo) e Cantina San Martino in Rio (Rio), più il Puro 2017 di Francesco Bellei & C., ai Lambrusco Modena Doc di Ventiventi (La Vie) e di Cantina Formigine Pedemontana (For. Mo. Sa Rosé), fino al Lambrusco Reggiano Doc di Medici Ermete (Concerto), di Casali Viticultori (Pra di Bosso) e di Lombardini (Lambrusco Brut); senza dimenticare il Lambrusco Salamino di Santa Croce Doc Vigne Vecchie di Cantina Santa Croce, il Colli di Scansano e di Canossa Doc Amarcord di Cantina Puianello e il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc I Vini del Re di Cantina Settecani.

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Ma Gorelli ha ricordato anche le parole del compianto Mario Soldati a proposito della totale negazione di leggi assolute sui vini leggeri, in quanto «esseri viventi, imprevedibili e capricciosi», evidenziando l’energia, la fragranza e la versatilità delle etichette in degustazione. «In questo preciso momento storico, il Lambrusco interpreta la leggerezza non come assenza di contenuto, ma come profondità che si esprime in trasparenza: un territorio che ha imparato a brillare con vitalità, precisione e tecnica attraverso il metodo classico, la rifermentazione in bottiglia e il metodo charmat». Un racconto completo, volto a mettere in risalto le sfumature differenti e sempre più interessanti che lasciano ormai indietro gli anni dei grandi numeri e soprattutto quel nomignolo di Coca-Cola italiana che accompagnò l’invasione del mercato degli Stati Uniti negli anni ’80 dello scorso secolo.

Le altre voci sul Lambrusco e sulla leggerezza

Sempre a Courmayeur, negli spazi dello Skyway Monte Bianco, ponte tra l’ingegno dell’uomo e le suggestioni della natura, il tema della leggerezza è rimasto al centro dell’attenzione con grandi personaggi del mondo della ristorazione e intraprendenti produttori di Lambrusco.

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Tra questi Pascal Tinari, sommelier del ristorante abruzzese Villa Maiella, che ha affrontato il concetto di leggerezza intesa come naturalezza e rispetto dell’ospite; Paolo Griffa, chef patron del Caffè Nazionale di Aosta, per cui l’idea di leggerezza coincide con la ricerca della semplicità, e con lo studio continuo su materie prime e lavorazioni; e lo chef Heinz Beck, da sempre convinto sostenitore e dispensatore di una cucina salutare che in primis deve considerare il proprio impatto sul benessere dell’ospite come avviene alla Pergola, ristorante tre stelle Michelin sul colle romano del Gianicolo: «Quando si parla di leggerezza, il Lambrusco è il vino perfetto per natura e da più di 10-15 anni lo teniamo con orgoglio nella nostra carta vini».

Tra i giovani produttori, Alessandro Medici ha sottolineato la reale identità del suo vino: «Ha una grande acidità, il che significa freschezza e bevibilità, oltre a una gradazione alcolica contenuta. Il Lambrusco è forse il vino pop per eccellenza e deve iniziare necessariamente a dialogare con le nuove generazioni».

Mentre Cecilia Lombardini ha «capovolto» il presunto ossimoro della leggerezza come sinonimo di banalità e approssimazione: «Il Lambrusco è tutto questo: vivacità, allegria, convivialità. È prima di tutto leggerezza dello spirito», ha affermato ribadendo infine la sua massima capacità di abbinamento con i cibi: «lo considero un vino tra i più eclettici al mondo. Pur avendo un nome comune, si presenta in tanti colori, caratteristiche e tipologie; ecco perché, dalla cucina orientale alla sudamericana, sono tanti i piatti internazionali che si possono accompagnare con il nostro vino».

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