“L’ostrica è il vino del mare”, ripete spesso Armando Tandoi, fondatore di Oyster Oasis, paragonando il pregiato mollusco al vino per i profili aromatici unici che offre: vegetali, con retrogusti terziari, sentori di nocciola e una grande complessità, quasi come se il “terroir” lacustre o marino si trasferisse direttamente nella polpa. Una convinzione che sa di visione più che di marketing. Il suo sogno? Non solo vendere ostriche, ma allevarle. E farlo in Italia.
Un’idea che nel 2014 sembrava abbastanza visionaria: mentre tutti importavano dal nord Europa, lui cercava di fare il contrario. Partito come distributore esclusivo di alcune delle ostriche francesi più raffinate – Poget, Regal, Hervé – ha poi deciso di “sporcarsi” le mani e investire in allevamenti propri, tra Veneto e Puglia. Nascono così l’ostrica San Michele, nel cuore del Gargano, e la Perla del Delta, coltivata nel lago di Scardovari con un sistema che simula le maree grazie all’energia solare ed eolica. Una tecnologia che permette di rinforzare il muscolo adduttore e limitare i parassiti, proprio come avviene nell’oceano.
Il risultato? Ostriche più piene (fino al +20% di carne rispetto alla media europea), più resistenti e, soprattutto, con un gusto inedito: vegetale, minerale, quasi nocciolato. “Quelle allevate nei laghi italiani hanno un retrogusto terziario, complesso, molto diverso dalle sapidità decise delle francesi” spiega Tandoi, che oggi lavora con rinomati chef come Enrico Bartolini, Matias Perdomo e Davide Oldani. Proprio a Milano, città dove intrattiene interessanti collaborazioni, ha deciso di raccontare le ostriche in prima persona
Food Writers: dove l’ostrica incontra la brace

Nato nel 2017 come bottega di quartiere, Food Writers si è trasformato in un ristorante vero e proprio nel 2023, con un’anima nuova: aperto solo a cena, cucina esclusivamente di pesce, e tutto cotto alla brace oppure servito al naturale. Il nome è rimasto quello delle origini, quando ai clienti si chiedeva di lasciare recensioni scritte a mano su fogli appesi al muro. La proposta è essenziale e un po’ controcorrente: crudi da un lato, fuoco dall’altro. Gli antipasti sono plateau di ostriche e frutti di mare, raccontati come se fossero vini da degustazione. E poi ci sono i piatti alla brace: cozze, vongole, rombo, perfino la pasta passa sulla griglia – come lo Spaghetto Benedetto Cavalieri alle vongole alla brace, ricetta simbolo di una cucina diretta, senza sovrastrutture. Il fuoco è quindi protagonista: la griglia vista, tipica dei ristoranti di carne giapponesi, qui viene usata per esaltare il pesce.
La squadra: Claudio Rovai in cucina, Kaos in sala
In cucina c’è Claudio Rovai, toscano con un passato tra Inghilterra, Australia, Contraste ed Exit. «Io ero cliente di Claudio da Exit – racconta Nicola Magini, tra i soci di Food Writers – e gli ho detto: “un giorno lavorerai con me”». Detto, fatto. Rovai ha portato la sua esperienza da bistrot e stellati in una cucina personale, fatta di istinto e materia prima.
Dal 2022 in sala c’è Kaos, classe 1994, nato in Bangladesh e cresciuto a Padova. Sommelier e maître con un curriculum che passa per Edit, Exit e la Val d’Aosta, ha costruito una carta dei vini che guarda alle bollicine, soprattutto francesi e italiane, ma non rinuncia a rossi da bere con il pesce e referenze biodinamiche. Il servizio è informale, ritmato, diretto.
Una casa di mare a Milano Ovest
Il ristorante ha una quarantina di coperti in uno spazio dominato da un mural di Ivan Tresoldi che decora la parete principale con versi e richiami marini. E per chi vuole portarsi il mare a casa, c’è anche il delivery: si chiama Platò Milano ed è il servizio di asporto e consegna a domicilio firmato Food Writers. Si ordina online e si ritira in ristorante. I plateau di crudi, battezzati con i nomi dei venti, sono un viaggio tra ostriche, scampi e gamberi, perfetto per cene improvvisate ma di grande effetto.