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Le patate sono “figlie” dei pomodori secondo una recente scoperta

Uno studio genetico ricostruisce l’origine del tubero tra pomodori, piante selvatiche e mutazioni andine.

Le patate sarebbero nate circa 9 milioni di anni fa, quando una specie selvatica priva di tubero si sarebbe incrociata spontaneamente con un antenato del pomodoro. La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Cell, consente di ridefinire la storia evolutiva di uno degli alimenti più diffusi e versatili nel mondo.

Come sono nate le patate: una storia evolutiva lunga 9 milioni di anni

La patata coltivata, oggi presente in tutti i continenti, ha un’origine sorprendentemente complessa e risale a circa nove milioni di anni fa. A suggerirlo è una nuova ricerca sulla genetica pubblicata su Cell che, attraverso l’analisi comparata di oltre 500 genomi, ha individuato le dinamiche evolutive che hanno portato alla formazione del tubero così come lo si conosce oggi.

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La specie attuale di patata discende da un evento di ibridazione tra due piante differenti: da un lato una forma selvatica della Solanum etuberosum, una pianta affine alla patata che cresce ancora oggi in Cile ma che non sviluppa tuberi; dall’altro un antenato diretto del pomodoro (Solanum lycopersicum), appartenente alla stessa famiglia delle Solanacee. Queste due linee si sarebbero divise circa 14 milioni di anni fa, per poi incontrarsi di nuovo circa 9 milioni di anni fa dando origine a una nuova pianta ibrida capace di sviluppare tuberi nutrienti e resistenti.

Secondo il gruppo di ricerca coordinato da Sanwen Huang, professore di genomica agricola presso l’Accademia Cinese delle Scienze Agrarie, l’origine delle patate tuberose sarebbe da attribuire a un equilibrio genetico tra queste due specie: il gene SP6A, che determina l’avvio della tuberizzazione, proviene dai pomodori, mentre IT1, coinvolto nella formazione delle radici ingrossate, è ereditato dalle patate selvatiche. Entrambi risultano necessari per lo sviluppo sotterraneo del tubero, che funziona come organo di riserva e ha permesso alla pianta di adattarsi a condizioni ecologiche ostili.

L’ibrido che nacque da questo incontro evolutivo fu favorito da un contesto geologico particolare: in quel periodo, le Ande stavano attraversando una fase di rapido sollevamento tettonico. I cambiamenti climatici e la crescente altitudine generarono forti pressioni selettive. La patata tuberosa, grazie alla sua capacità di immagazzinare amido sottoterra e di moltiplicarsi per via vegetativa senza semi, si dimostrò più adatta alla sopravvivenza in ambienti montani difficili, caratterizzati da escursioni termiche e suoli poveri.

Col tempo, questo vegetale sviluppò una capacità di adattamento unica. Le popolazioni indigene andine, in particolare quelle che abitavano le regioni montuose di Perù e Bolivia, iniziarono a selezionare le varietà più produttive, determinando una domesticazione graduale che risale a circa 7.000-8.000 anni fa. Da qui la diffusione nelle Americhe e poi, dopo il contatto con gli europei nel Cinquecento, l’arrivo nel Vecchio Continente, dove divenne una delle colture di base dell’agricoltura moderna.

Studi precedenti avevano ipotizzato un’origine autonoma della patata selvatica e della coltivata, ma l’attuale analisi genomica, condotta su larga scala, evidenzia una struttura genetica mista. Le varietà coltivate mostrano infatti una combinazione stabile di geni provenienti sia dalle Solanum etuberosum sia da parenti del pomodoro.

Questa ricostruzione genetica non solo contribuisce alla conoscenza delle dinamiche evolutive delle piante commestibili, ma può fornire nuove indicazioni per il miglioramento genetico delle colture alimentari. Capire l’origine e la funzione dei geni coinvolti nella formazione dei tuberi apre infatti la strada a nuove strategie per rendere le patate più resistenti a stress climatici, parassiti e siccità.

Oggi la patata è la terza coltura alimentare al mondo per importanza, dopo riso e grano. Il percorso che ha portato alla sua diffusione globale passa da una fortuita ibridazione naturale avvenuta milioni di anni fa in Sudamerica, in un contesto ecologico difficile ma straordinariamente fertile in termini di evoluzione biologica. Un processo invisibile che, attraverso una lunga catena di adattamenti genetici e selezioni umane, è arrivato fino alle nostre tavole.

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Foto da Shutterstock

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