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Perché aglio e cipolla cambiano sapore a seconda del taglio? Questione di chimica

Dalla reazione degli enzimi alle sostanze solforate, come una lama o una grattugia possono trasformare il gusto di due protagonisti della cucina mediterranea

L’avrete sicuramente notato: uno spicchio d’aglio intero lascia solo un accenno aromatico nei piatti, mentre tritato o grattugiato diventa pungente e persistente. Lo stesso vale per la cipolla, che affettata risulta dolce e delicata, ma sminuzzata sprigiona un’intensità molto più decisa. Non è una questione di quantità, bensì di chimica: la differenza dipende dal modo in cui vengono tagliati questi ingredienti. Il taglio di aglio e cipolla non è un dettaglio marginale, ma un vero e proprio strumento di controllo del gusto in cucina. Capire il meccanismo chimico che ne regola il profumo e la persistenza permette di scegliere con consapevolezza come trattare due protagonisti insostituibili della nostra gastronomia.

Il taglio di aglio e cipolla può incidere sul loro sapore

L’aglio, come altre piante appartenenti alla famiglia delle Amaryllidaceae (in passato Liliaceae), custodisce al suo interno una sostanza chiamata alliina, un amminoacido solforato inodore. Quando lo spicchio viene spezzato, affettato o pestato, entra in azione un enzima chiamato allinasi. Questo enzima trasforma l’alliina in allicina, un composto altamente reattivo responsabile del tipico aroma pungente e dell’intenso profumo dell’aglio fresco tritato.

Se lo spicchio resta intero o semplicemente schiacciato in camicia, il contatto tra enzima e substrato è minimo, e il rilascio aromatico rimane contenuto. In altre parole, più fine è il taglio, maggiore sarà la superficie di tessuto vegetale esposta e più abbondante risulterà la produzione di allicina.

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Nella cipolla il meccanismo è simile, ma con esiti diversi. Le cellule contengono precursori solforati chiamati isoalliin. Quando il tessuto viene tagliato, entra in azione l’enzima allinasi che porta alla formazione di un composto instabile, il propantial-S-ossido. È proprio questa sostanza volatile a raggiungere gli occhi, irritandoli e provocando le lacrime.

Anche qui la superficie esposta è determinante: una cipolla tagliata a fette rilascia quantità moderate di questi composti e risulta quindi più dolce e digeribile, mentre tritata finemente libera una maggiore concentrazione di molecole solforate, intensificando il sapore e l’aroma.

La superficie conta più della quantità

In sintesi, il taglio agisce come un acceleratore di reazioni biochimiche. Un coltello, una mezzaluna o una grattugia non modificano soltanto l’aspetto dell’aglio e della cipolla, ma incidono direttamente sulla loro natura molecolare. Ciò significa che non è necessario aumentarne le dosi per ottenere un gusto più marcato: basta cambiare il metodo di preparazione.

Un aglio lasciato intero insaporisce in modo discreto, facile da rimuovere a fine cottura, mentre tritato al mortaio sprigiona tutta la sua forza aromatica. Una cipolla tagliata grossolanamente diventa quasi dolce in stufati e zuppe, mentre ridotta a dadini sprigiona tutta la sua intensità, ideale per soffritti dal carattere deciso.

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Foto da Shutterstock

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