Presidente in carica del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena

Aceto balsamico di Modena: da affare di famiglia nel sottotetto al 90% dell’export

Dalla differenza tra Tradizionale e Igp al successo negli Stati Uniti, fino agli usi in cucina (e non solo).

Per capire il successo dell’aceto balsamico di Modena bisogna prima comprendere che è un prodotto relativamente giovane. Fino agli anni Settanta del secolo scorso, fuori dal territorio modenese, questo prezioso liquido nero e denso era spesso scambiato per un amaro particolarmente balsamico ed erbaceo. In effetti, non è un’intuizione così lontana da uno degli utilizzi più comuni dei modenesi per facilitare la digestione. «Ogni tanto, la sera dopo il servizio, quando ne sento la necessità, ne prendo un cucchiaino. Non lo uso soltanto come condimento ma come vero e proprio digestivo», ci confida Luca Marchini, chef e patron del ristorante stellato L’Erba del Re a Modena, che in una piazzetta ha costruito un microcosmo gastronomico con la pizzeria, la bottega e la scuola di cucina. Anche se non è da sottovalutare l’assaggio del suo baccalà fritto dove l’aceto balsamico viene impiegato nella cottura della cipolla, tra i piatti evergreen del menu degustazione “Un salto nel passato”.

Un po’ di storia dell’aceto balsamico

Nonostante sia stato valorizzato in tempi abbastanza recenti, la storia dell’aceto balsamico è antichissima. Virgilio, nel 40 a.C., lo cita nelle Georgiche parlando della saba, mentre nel 1047 un biografo di Matilde di Canossa racconta che l’imperatore Enrico III ricevette in dono dal padre della contessa una botticella di aceto talmente preziosa da valere più del contenitore d’argento che lo custodiva.

La tradizione attraversa il Medioevo e si radica nelle famiglie emiliane, con le botticelle custodite al riparo nelle soffitte, tramandate come dote alle figlie. Nel Seicento si diffonde l’abitudine di produrre piccole quantità di aceto speciale nelle acetaie del Palazzo Ducale di Modena, luogo emblematico da cui parte qualsiasi tour della città. Le botti resistono ai saccheggi napoleonici e ai trasferimenti dei Savoia, sopravvivendo come reliquie di un sapere che si tramanda nei secoli.

Una botte usata per la produzione di aceto balsamico di Modena

Non stupisce che, ancora oggi, quando nasce un figlio a Modena, si avvii una batteria di botticelle che accompagnerà la sua crescita, maturando insieme a lui. E non sorprende neppure che ogni anno, a Spilamberto, più di mille appassionati si sfidino al Palio dell’Aceto Balsamico Tradizionale, portando il proprio campione alla consorteria, dove una giuria di assaggiatori decreta il migliore. Il premio? L’aceto vincitore viene custodito nel Museo dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, come un’opera d’arte.

Due anime: il Tradizionale e l’Igp

Dietro la stessa etichetta “aceto balsamico” si nascondono due universi paralleli. Il primo è quello del Tradizionale Dop (il termine tradizionale viene normato a partire dal 1983), il vero tesoro modenese. Si ottiene esclusivamente da mosto d’uva cotto, che fermenta e matura per almeno 12 anni in una batteria di botti di legni diversi – ciliegio, rovere, castagno, gelso. Ogni anno il liquido viene pazientemente travasato da una botte all’altra. Il risultato è un concentrato scuro, lucente, con una densità vellutata e aromi che spaziano dalla frutta cotta alla liquirizia, fino a note terziarie di legno e spezie. È un prodotto raro, da usare in gocce, quasi come un profumo.

Due bottiglie di aceto balsamico di Modena Igp

Accanto a lui c’è l’Aceto Balsamico di Modena Igp, nato tra gli anni Settanta e Ottanta come versione più “popolare” e accessibile. In questo caso, al mosto cotto si unisce anche l’aceto di vino, con tempi di affinamento più brevi: minimo 60 giorni per l’Affinato, 3 anni per l’Invecchiato. È il balsamico che si trova sugli scaffali di tutto il mondo, declinato in infinite etichette e gradazioni di qualità.

Se il Tradizionale è un gioiello di nicchia – basti pensare che oggi se ne producono appena 16mila litri contro i 100 milioni di litri di Aceto Balsamico di Modena Igp , l’Igp è l’ambasciatore che ha portato Modena ovunque, dalla bottega di quartiere alle tavole internazionali. Due prodotti diversi, due anime complementari, entrambe indispensabili per capire il mito del balsamico che Oltreoceano è arrivato grazie a un cuoco di San Francisco.

Il sogno americano e lo chef che cambiò tutto

Se l’Europa continentale scopre il balsamico negli anni Novanta, la vera consacrazione internazionale arriva prima, e parte da una cucina californiana. Dove? A San Francisco, in una città già aperta alle contaminazioni culinarie. Si racconta che proprio qui uno chef visionario ha deciso di usare qualche goccia di aceto balsamico in un piatto: è stato amore a prima vista.

L’agrodolce intenso, la lucentezza scura, l’aroma complesso conquistano i palati americani. Il balsamico diventa subito un ingrediente “cool”, sinonimo di italianità raffinata (si arrivava a pagare anche dieci dollari per una goccia di balsamico nell’insalata!). Non più solo condimento, ma status symbol. I giornalisti ne scrivono, i ristoranti lo mettono in carta, i gourmet lo cercano ossessivamente. E i produttori modenesi, che fino a quel momento avevano esportato in piccole quantità, si trovano catapultati in un mercato sterminato. Negli anni seguenti, il successo si espande: prima la Germania, poi l’Olanda, l’Australia, fino a conquistare oggi oltre il 90% dell’export.

Poche gocce in un piatto bastarono a trasformare un prodotto nato nelle soffitte modenesi in un fenomeno globale.

Il terremoto che ha segnato la rinascita delle acetaie

La terra emiliana non è solo culla del balsamico, ma anche terra di ferite. Nel maggio 2012 un violento terremoto scuote la pianura: chiese che crollano, campanili spezzati, case lesionate. Le acetaie non vengono risparmiate. Migliaia di botti cadono, si aprono come scrigni. Centinaia di migliaia di litri di aceto – anni di pazienza e di memoria – si riversano sui pavimenti. Non è solo un danno economico: ogni botte è un archivio di tempo e saperi, un pezzo di vita sedimentata.

Eppure da quel trauma nasce una nuova energia. Le acetaie modenesi reagiscono trasformando la ricostruzione in un’occasione di innovazione: strutture antisismiche, nuovi sistemi di stoccaggio, musei e spazi dedicati a raccontare la cultura del balsamico e la sua resilienza. Alcune di queste realtà hanno creato batterie di botti monumentali – vere cattedrali del tempo – capaci di contenere centinaia di migliaia di litri, diventando simboli della pazienza e dell’ingegno emiliano.

Tra le storie di resilienza più significative c’è quella di Acetum, una delle più grandi acetaie di Modena (circa il 25% della produzione Igp). Di proprietà di Cesare Mazzetti – sì, quel Mazzetti di grappe e distillati piemontesi, oggi anche presidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena – Acetum non si limita a ricostruire: innova. Nascono acetaie antisismiche, strutture moderne, processi produttivi all’avanguardia che però non dimenticano il lavoro manuale, l’odore di legno e mosto cotto.

Batterie di botti di aceto balsamico di Modena Igp 

L’originale stabilimento di Vignola sorgeva in quella che era una cantina sociale del 1905 e a seguito del sisma venne riorganizzato facendo i conti con i danni, come alcune preziosi botti risalenti al Settecento che andarono perse. «Il giorno dopo il terremoto – ricorda Mazzetti – c’era la fila fuori: persone che non avevano più la casa venivano a chiedere cosa potessero fare». Da quell’incontro nacque l’idea di creare un museo attivo per ricordare l’evento e, insieme, raccontare la cultura dell’aceto balsamico. Tra gli altri primati di Mazzetti-Acetum non si può non menzionare la botte più grande del mondo di Igp: si chiama Hercules, è alta 8 metri, ha una capienza di 274mila litri e serve per invecchiare l’aceto balsamico di Modena.

Negli anni Ottanta e Novanta il balsamico modenese non era ancora il prodotto glamour che conosciamo oggi. Eppure, dall’altra parte dell’Atlantico, gli americani erano disposti a pagarlo come Champagne pur di averne poche gocce. I produttori ricordano spedizioni minuscole che partivano da alcune micro-acetaie improvvisate in garage, con batterie di botti grandi poco più di un armadio. Ordini minuscoli, margini altissimi: un’economia di nicchia e di intuizione, dove l’immagine e la rarità contavano più del volume. Come accade con le bollicine d’Oltralpe, i costi erano alti, ma la percezione e il fascino del prodotto consentivano di venderlo bene.

Oggi il balsamico di Modena è un prodotto globale. Ogni mercato ha le sue sfumature: più acido per Giappone e Cina, più denso per Europa e Stati Uniti. Dietro queste differenze c’è un metodo minuzioso: selezione dei mosti (Lambrusco e Sangiovese dell’Emilia, ma anche uve pugliesi); cottura sia tradizionale in pentola sia concentrata sottovuoto; invecchiamento scandito da sigilli che indicano corpo e densità, dall’agro al dolce, dal giovane allo stagionato.

Acetaie aperte: il balsamico come nuova forma di turismo

Se il balsamico è nato come segreto custodito nelle soffitte modenesi, oggi è anche un’esperienza da vivere in prima persona. Ogni anno, a settembre, il Consorzio organizza Acetaie Aperte, una giornata in cui decine di produttori spalancano le porte delle loro cantine: quest’anno, la 24esima edizione della manifestazione si svolge dal 26 settembre al 4 ottobre e può contare sull’adesione di 45 acetaie.

È un’occasione unica per salire quei gradini che portano nei sottotetti dove le botticelle riposano, respirare il profumo dolce e pungente che aleggia nell’aria, ascoltare il silenzio interrotto solo dal gocciolio lento dell’aceto che matura. I visitatori assaggiano il mosto cotto ancora caldo, confrontano i diversi invecchiamenti, scoprono la differenza tra un Affinato e un Tradizionale.

Non è solo degustazione: è un rito collettivo che racconta quanto il balsamico sia identità e orgoglio di un territorio. È il momento in cui le famiglie aprono la loro storia, mostrano le botti tramandate da generazioni, e trasformano un prodotto che viaggia in tutto il mondo in un’esperienza profondamente locale, intima e condivisa.

Maggiori informazioni

consorziobalsamico.it

In apertura: Cesare Mazzetti, Presidente in carica del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena

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