Nel 2024 la produzione italiana di caffè tostato ha quasi raggiunto le 431mila tonnellate, registrando un calo minimo dei volumi (-0,6%) ma una crescita significativa del valore (+8,5%) per un totale di 4,36 miliardi di euro. Lo rivela un’analisi dell’Unione Italiana Food che evidenzia come il caffè resti uno dei pilastri dell’agroalimentare nazionale e il quarto prodotto più esportato per valore.
Il caffè come rito quotidiano
Le torrefazioni italiane hanno importato circa 10 milioni di sacchi di caffè verde, con il Brasile principale fornitore (quasi 4 milioni di sacchi), seguito dal Vietnam (2,2 milioni). L’Italia è oggi il terzo importatore mondiale di caffè verde e il principale esportatore di caffè tostato verso i Paesi extra-UE. Nel primo semestre del 2024 le esportazioni hanno raggiunto 1,186 miliardi di euro (+6,3% rispetto all’anno precedente, fonte Ismea).
Il consumo interno di caffè ha superato le 280mila tonnellate, in lieve aumento rispetto al 2023. Il consumo pro capite si attesta a 4,8 kg l’anno. Circa l’80% del caffè viene consumato in ambito domestico, mentre il restante 20% proviene dai consumi fuori casa, in bar, ristoranti e strutture ricettive.
Il segmento delle capsule e delle cialde continua a espandersi: nel 2024 ha rappresentato quasi il 24% del mercato, contro il 20,6% dell’anno precedente, con un incremento a volume del 13%. Il caffè macinato tradizionale mantiene tuttavia la quota principale del venduto, pari al 64%.
«Il caffè italiano è un’icona riconosciuta nel mondo: la sua forza risiede nella capacità di selezionare la materia prima e nel know-how con cui viene trasformata», dichiara Giuseppe Lavazza, presidente del Comitato Italiano del Caffè, a Il Sole 24 Ore. «È un settore capace di innovare sia nei prodotti sia nei processi industriali. Far conoscere ogni fase della filiera, dalla selezione dei chicchi alla tazzina, è essenziale per rafforzare il valore di questa bevanda».
Un’indagine AstraRicerche evidenzia che il 97,7% degli italiani consuma caffè, e il 71% lo fa ogni giorno. Le donne (73%) ne bevono leggermente di più rispetto agli uomini (69%), con un picco di consumo nella fascia 35-65 anni (oltre il 75%). L’espresso resta la modalità di preparazione preferita (51,6%), apprezzato sia al bar sia in casa, con un gradimento medio vicino all’8 su 10.
L’83% degli intervistati associa il caffè a un momento di socialità, mentre l’81,8% lo collega alla rapidità di preparazione. Per il 59% rappresenta un piacere accessibile a tutti.
Nonostante i rincari delle materie prime e dell’energia, il prezzo medio dell’espresso in Italia resta tra i più bassi d’Europa, pari a 1,20 euro. «È ora di concentrarci sui valori anziché sulle polemiche sul prezzo», afferma Aldo Mario Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio. «Un espresso non è uguale ovunque: qualità della miscela, servizio e ambiente fanno la differenza».
L’indagine evidenzia anche una scarsa conoscenza della filiera del caffè. Se il Brasile è riconosciuto dal 72% degli italiani come primo produttore mondiale, quasi la metà (44,1%) ritiene che nel nostro Paese esistano coltivazioni di caffè e un ulteriore 20,5% pensa che siano persino rilevanti. Solo il 40,5% sa che i chicchi di caffè, prima della tostatura, sono verdi o gialli.
Un quadro che, secondo Il Sole 24 Ore, conferma la necessità di rafforzare la cultura del caffè anche dal punto di vista educativo, promuovendo la conoscenza della materia prima e del suo percorso “dal chicco alla tazzina”.