Per una volta partiamo dal servizio in un racconto sulla ristorazione perché il Ristorante Delicato — nell’incantevole borgo medievale di Contigliano, al confine tra Lazio e Umbria — prende sì il nome dalla bravissima cuoca padrona di casa, Carlotta Delicato, ma il servizio di Gabriele Tarquini, socio e compagno di vita della chef, è qualcosa che già da solo fa venir voglia di tornare. Abbiamo trovato una cucina chiara e coerente, un atto di traduzione dei prodotti locali e delle memorie professionali della titolare in piatti compiuti, immediatamente riconoscibili eppure capaci di sorprendere.
La cornice è fondamentale per comprendere la proposta: sale essenziali entro mura in pietra, un dehor vicino alla chiesa per le sere tiepide, e una cantina che cambia spesso, volutamente non molto ampia, specchio della filosofia di cucina e dell’attenzione verso piccoli produttori. Voi verrete accolti in un ambiente che mette a proprio agio anche grazie alla cura puntuale del servizio, un rapporto diretto con l’ospite che fa sentire ogni tavolo come casa.
Una cucina di prodotto, espressa e misurata
Carlotta costruisce il suo linguaggio attorno a pochi principi ripetuti con rigore: materia prima, stagionalità, cotture essenziali e tecnica al servizio del sapore. La sua cifra tecnica è nitida: marinature calibrate, cotture dirette e controllo delle basse temperature. Se leggete il menu, capirete subito che qui si privilegia il piatto “espresso”: poche componenti, trattate con rispetto, assemblate in modo da far emergere identità e contrasti. È una cucina che conserva la lezione del fine dining spagnolo — la salsa romesco, l’abilità nel giocare con il fuoco e il pimentón — ma la rilegge con occhio italiano, rurale e di campagna.

Il Porro Romesco è emblema di questo approccio: zero waste, tecnica puntuale (porro cotto sottovuoto, bruciato al cannello, polveri e fritture ricavate dallo stesso ingrediente) e una salsa che rimanda direttamente alle esperienze catalane della chef. I Bottoni di parmigiano con brodo di cavolfiore e tartufo mostrano invece la capacità di bilanciare tradizione locale della pasta fresca e una nota aromatica spiccata che non appesantisce ma sostiene il boccone. L’Uovo a 65° con patate di Leonessa e Parmigiano Reggiano è la dichiarazione d’amore alla semplicità elevata: comfort food e tecnica si incontrano senza artifici.
Se doveste chiedere quale sia il nucleo del pensiero di Carlotta, la risposta sta nella tensione tra identità e leggerezza. Voi riconoscerete una chef che rifiuta l’ornamento fine a sé stesso e che ricerca, invece, la precisione. La sua cucina è insieme familiare e colta: piatti che vi ricordano la tavola domestica ma rielaborati con logica di alta cucina. La scelta di tornare in un borgo di 4.000 abitanti non è aneddotica: è pratica coerente con la sua idea di equilibrio vita-lavoro e con la volontà di creare una cucina radicata nel territorio, non un laboratorio di sperimentazione astratta. L’uso delle tecniche apprese a Barcellona o al JW Marriott non è ostentazione, ma repertorio funzionale per far emergere al meglio un fungo, un pezzo di selvaggina o un pesce di lago.

Questa cucina pensa in termini di rispetto per la materia: poco lavorare, molto valorizzare. Dove altri aggiungerebbero elementi per stupire, qui si sottrae per far parlare l’ingrediente. È una posizione che somiglia a una filosofia: “mostrare senza mascherare”. Voi percepirete questa coerenza a tavola, dall’amuse-bouche ai piatti più articolati come la quaglia ripiena di maiale, dove la tecnica è al servizio della memoria gustativa.
Cantina, servizio e accoglienza
La selezione di vini non è ampia ma continuamente in evoluzione; Gabriele privilegia etichette che parlano del territorio, con una predilezione per Lazio e Umbria ma aprendo spesso a referenze italiane più note. Il consiglio pratico è di lasciarsi guidare: il dialogo tra sala e cucina è parte integrante dell’esperienza e la carta, volutamente snella, è pensata per favorire abbinamenti immediati e onesti.
Il servizio è attento ma rilassato (molto rilassato): la filosofia di casa è fiducia reciproca tra chi serve e chi siede. Il risultato è una sala costantemente sotto controllo ma il cui lavoro è sempre sottovento: la coerenza di sala e cucina sta proprio nel mostrarsi senza mostrarsi. Ovviamente il tutto è calibrato a misura di cliente: quando ci siamo stati c’erano tavoli molto diversi tra loro per età, estrazione sociale e finalità della cena (amici, colleghi, coppie, famiglie): Tarquini ha mostrato mille volti senza mai perdere la propria essenza che è spensierata, canzonatoria e spiritosa ma senza andare mai oltre. È la piena filosofia dell’Hakuna Matata: nessuna preoccupazione, godetevi la tavola.
Identità territoriale e responsabilità
Delicato è un modello di ristorante “a misura di famiglia” che non sacrifica qualità e ambizione. La gestione contenuta dei coperti (intorno ai 20) e la scelta di lavorare “a crudo” e in giornata con pochi scarti evidenziano un’attenzione pratica alla sostenibilità e alla freschezza. Ci sono molte preparazioni nascono dall’esigenza di usare al meglio le disponibilità quotidiane: non è limitazione, è metodo eppure nessun piatto ha un ingrediente comune con l’altro.

Se amate una cucina narrativa, ancorata alle materie prime eppure capace di raccontare esperienze internazionali, troverete in Delicato un progetto sincero e maturo. Non è un ristorante che cerca il clamore delle classifiche ad ogni costo: è piuttosto un luogo dove la coerenza, la tecnica e il gusto quotidiano si incontrano. È il tipo di esperienza che premia il viaggio: Contigliano diventa così la mappa per scoprire piatti che, pur semplici nell’apparenza, sono il frutto di un percorso professionale intenso e di una scelta di vita netta.
Se decidete di andarci, programmate la vostra visita in giorni di mercato locale per apprezzare al meglio la stagionalità; lasciate spazio nello stomaco per il dolce Nocciola e prezzemolo — una madeleine che rimane — e, soprattutto, portate con voi la curiosità di chi sa che la grande cucina sa essere anche discreta.