A New York la cucina francese sta vivendo una nuova rinascita. Dopo due decenni in cui la ristorazione italiana ha dettato tendenze e linguaggi, la città riscopre il fascino dei bistrot, dei carrelli dei Martini e delle sale dalle luci soffuse. Il ritorno della Francia nei menu newyorkesi non è un revival nostalgico, ma una reinterpretazione del gusto, dove tecnica, atmosfera e convivialità trovano un equilibrio inedito.
Parliamo di “new wave” perché già a metà Novecento la gastronomia francese aveva definito l’idea stessa di alta cucina a Manhattan, da Le Pavillon di Henri Soulé a Lutèce, passando per La Côte Basque. Negli anni Ottanta e Novanta, il successo di ristoranti come Le Bernardin, Le Cirque e Jean-Georges consolidò quel modello, mentre locali come Balthazar ne aggiornarono la forma rendendola più accessibile. Nel mondo l’idea stessa di alta cucina è francese (o italiana, ma più francese) quindi non deve sorprenderci. Oggi, la nuova generazione di chef e ristoratori riparte da quelle basi per costruire una scena contemporanea e fluida, capace di parlare tanto ai nostalgici del servizio classico quanto ai nuovi clienti attratti dall’estetica bistrot.
Una nuova estetica della cucina francese
Tra le riaperture più significative degli ultimi anni c’è quella di Le Veau d’Or, storico indirizzo degli anni Quaranta riportato alla vita da Riad Nasr e Lee Hanson, già noti per Frenchette (anche questo di stampo francese). Il locale conserva l’impronta originale, ma ne aggiorna il linguaggio: la cucina resta profondamente francese, con piatti come le frattaglie in salsa e l’île flottante, mentre il servizio e l’ambiente riflettono lo spirito della Manhattan contemporanea.

A pochi isolati di distanza, Chez Fifi, creato dal team di Sushi Noz, porta una visione più essenziale e tecnica. Il menu alterna classici a creazioni che fondono influenze giapponesi e francesi, in un dialogo continuo tra precisione e libertà interpretativa.
La rinascita passa anche attraverso ristoranti come Le Chêne, aperto in primavera da Alexia Duchêne, ex concorrente di Top Chef France. In un ambiente che combina tovaglie bianche e stampe di Basquiat, Duchêne propone una cucina istintiva e giocata sull’imprevisto. Il suo pithiviers terre et mer, che unisce maiale, anguilla e patate gratinate in una cupola di pasta sfoglia, è l’emblema di un approccio che rispetta la tecnica classica ma ne sovverte i codici con leggerezza.
La carta dei vini, ampia e articolata, accompagna un servizio pensato per rimuovere la distanza tra chef e pubblico. La formalità cede il passo al piacere dell’esperienza condivisa: una dimensione meno austera, più dinamica, che rispecchia l’identità stessa di New York.

Un altro segnale della nuova stagione arriva dal Château Royale, in Thompson Street, progetto del team di Libertine. Diviso tra un bar sotterraneo e una sala da pranzo luminosa, il ristorante alterna piatti iconici come il pollo cordon bleu e l’anatra all’arancia a interpretazioni moderne come il sable al caviale e beurre blanc.
Il menu del piano inferiore, più informale, propone invece hamburger alla francese e hot dog gourmet, in omaggio al dialogo continuo tra Parigi e New York. Anche qui il rigore lascia spazio a una convivialità controllata, dove il carrello dei martini sostituisce i brindisi di Champagne.
Perché la cucina francese torna di moda?
Il rinnovato interesse per la cucina francese a New York non è soltanto un fenomeno estetico legato alla moda. È la risposta a un desiderio di autenticità e di qualità, dopo anni in cui la ristorazione ha privilegiato la velocità e l’informalità. I giovani newyorkesi, cresciuti tra format globali e cucina fusion, cercano oggi esperienze che uniscano valore, tecnica e riconoscibilità.
La Francia (o l’idea della Francia) offre proprio questo: un repertorio codificato ma sempre reinterpretabile, capace di adattarsi ai ritmi e ai gusti di una metropoli in continua trasformazione. Così, tra bistrot contemporanei e grandi riaperture, la cucina francese torna a essere il linguaggio del lusso discreto e del piacere condiviso. Sarebbe interessante capire come mai la cucina italiana e i ristoranti italiani non siano visti allo stesso modo ma forse questo problema risiede nel crogiolo di culture differenti in cui si sono imbattuti i primi italo americani. Ed è così che se New York resta il crocevia di tutte le cucine del mondo, quando vuole sentirsi elegante, rumorosa e senza tempo, come scrive Vogue, sceglie ancora una volta di parlare francese.