Gagini

Gagini, 14 anni di innovazione a Palermo

Fin dalla sua nascita l’insegna ammiraglia di Virga & Milano ha portato belle novità in città, come accade ora con lo chef Marco Massaia. Ed è in arrivo anche una novità che unisce pane e ospitalità.

Entrare oggi al Gagini Restaurant significa immergersi in una Palermo luminosa e antica, che dialoga con sensibilità contemporanee senza mai smarrire la propria anima: un luogo che porta il nome di Antonello Gagini, scultore rinascimentale simbolo della sintesi tra classicità e innovazione, capace di fondere le esperienze e lo spirito siciliano in un linguaggio nuovo. Nel ristorante che si trova proprio in quella che fu la sua bottega, lo stesso spirito di contaminazione fertile dell’artista continua a vivere.

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Stefania Milano e Franco Virga

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aperto nel 2011, Gagini nasce da una scommessa, come racconta Franco Virga che ha dato vita al ristorante insieme alla moglie Stefania Milano: «Io vengo dall’abbigliamento, ci ho lavorato per 39 anni. Con la ristorazione non c’entravo nulla». Proprio in quell’anno conosce la moglie e, per una serie di coincidenze, si ritrova davanti la proposta di rilevare un locale che un tempo era stato il luogo dei suoi team building, quando ancora era un pub. «Ero affezionato a questo posto. Mi piaceva cucinare, così ho pensato di mettermi ai fornelli io e mia moglie in sala. L’esperienza è durata un giorno: la sera stessa ho lanciato le padelle in aria e ho capito che ognuno deve fare il suo lavoro, e il mio non era quello di chef…».

Così è nata una delle insegne più interessanti della città.Dopo la fortunata parentesi – durata 5 anni, e che aveva fruttato una stella Michelin – con lo chef brasiliano  Mauricio Zillo oggi ai fornelli c’è Marco Massaia, torinese classe 1987, arrivato a guidare la cucina nel marzo 2025 (ne abbiamo scritto qui). In sala il sommelier Pietro Agate e il mâitre Giuseppe Ingrassia.

La vocazione di una cucina istintiva

La storia di Marco Massaia non è quella, lineare e prevedibile, della scuola alberghiera. Laureato in giurisprudenza, scopre la cucina tardi, quasi per caso, entrando allo storico Bastimento di Torino a 23 anni. Il fuoco, però, è immediato. Impara sul campo, passando per La Cambusa (sempre a Torino), poi attraversa il mondo: l’Australia, dove il contatto diretto con natura e produttori lo segna profondamente; il Racine Restaurant nel Nuovo Galles del Sud, dove vive la sua prima vera esperienza fine dining; il ritorno in Italia tra La Credenza e Vittorio Fusari al Pont de Fer; poi Shanghai, stagione durissima e formativa come racconta lo chef: «La mia brigata non parlava inglese. Dopo quello, adattarmi è diventato naturale». E ancora il torinese Banco, rientrato in Italia, e infine Radici insieme a Guido Martinetti presso Le Marne Relais a Mura Mura.

Marco Massaia
Marco Massaia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il suo rapporto con la Sicilia nasce nel 2018, un colpo di fulmine destinato a compiersi anni dopo, nel 2025: «Avevo bisogno di mettere distanza tra me e Torino. Palermo è arrivata nel momento giusto». C’è anche un pezzo di vita, non solo di cucina, nella sua scelta: «Qui succedono cose che altrove non accadono. Una sera, appena arrivato, ero a cena da Cicala, da solo con il mio cane racconta lo chef –. Un gruppo di persone che mi ha visto da solo hanno insistito per unirmi a loro e alla fine mi hanno fatto sedere al loro tavolo. Questa accoglienza ti rimane addosso».

Il presente come sintesi

Alla domanda su cosa ci sia nel suo menu al Gagini, Massaia risponde senza esitazione: «Il presente. È una sintesi delle esperienze, delle tecniche, del palato che ho sviluppato. Ma con lo sguardo al futuro. Sono curioso, ogni giorno scopro qualcosa». La sua è una cucina di ricerca e istinti, una cucina di prodotto, dichiarata e rivendicata: «Il cibo ha un enorme valore sociale: racconta il legame tra le persone e la terra che la abitano. Mi interessa conoscere il territorio, e chi lo rende unico. Io prediligo piatti di immediata lettura e nitore: la tecnica deve servire l’ingrediente, mai il contrario».

Il menu (disponibile sia alla carta sia in tre versioni degustazione da 4 portate a 85 euro, 7 portate a 115 euro, 9 portate a 135 euro) è una partitura precisa in cui l’istinto si intreccia al controllo. Come nella tartare di coscia di pecora al coltello, salsa romesco (a base di nocciole e pepe), limone salato, datteri e alacce di Lampedusa. Un piatto mediterraneo nel senso più ampio: sud del mondo e salsedine siciliana. La pecora, tagliata al coltello, trova equilibrio nella dolcezza del dattero e nella sapidità delle alacce.

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Tortello di midollo e crudo di gambero rosso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci sono piatti che raccontano paesaggi, altri emozioni, altri ancora il viaggio personale dello chef come il buonissimo tortello di midollo e crudo di gambero rosso: memoria piemontese e mare siciliano convivono nello stesso boccone, il midollo cremoso incontra la trasparenza del gambero, mentre gli agrumi tostati portano verticalità aromatica. Ottimo, e non poteva mancare, il risotto, qui in una versione all’ostrica con polvere di foglie di limone, limone bruciato e burro acido al rafano. Una portata di grande eleganza, che lavora sulle acidità: marina, citrica, lattica. È uno dei piatti che meglio raccontano la mano di Massaia, capace di far convivere finezza e carattere.

L’esperienza è arricchita dal pane agricolo di Francesco Paolo Mango, che usa un mix di farine di Maiorca, Perciasacchi e Tumminia, e dalle dolcezze di Alessandra Mazzola, che chiudono il menu con il pre-dessert al tè verde e poi miso, pere e nocciole: un dolce asciutto, dove le fermentazioni accompagnano – senza coprire – la dolcezza naturale del frutto e la cremosità della nocciola.

Massaia non nasconde i limiti di Palermo ma non ci costruisce sopra alibi: «Ci sono aspetti che qui sono enormemente migliori come l’affetto, l’energia, la luce. Dovevo restare fino alla fine dell’estate. Poi ho capito che qui stavo bene. E quando stai bene, cucini meglio». Il nuovo Gagini è esattamente questo: un luogo dove un cuoco che ha girato il mondo trova casa, e dove l’identità non è mai un vincolo ma una possibilità.

I nuovi progetti targati Virga&Milano

Inaugura ufficialmente l’11 novembre del 2011, una data simbolica, Gagini è un luogo in costante evoluzione, e che ha l’innovazione nel suo Dna: «A quell’epoca Palermo era il medioevo della ristorazione – racconta Virga –. Posso sembrare presuntuoso, ma penso di aver sconvolto la città portando il gourmet, perché allora non c’era nessun ristorante di quel livello».

Il percorso di Virga&Milano è poi continuato con nuove aperture, ciascuna con una sua identità: Buatta, Aja Mola e altri progetti che consolidano una realtà imprenditoriale diventata punto di riferimento. E la coppia non smette di guardare avanti; il 28 novembre si inaugura Maison Bocum-Suites and Bakery, panificio con camere allestito nei vecchi locali del Bocum, e si vocifera dell’apertura di un altro locale (che prenderebbe spunto dalle vecchie botteghe di una volta). Ma il Gagini resta «la nostra storia», dicono i due, il nucleo da cui tutto ha avuto origine.

Maggiori informazioni

Gagini Restaurant

Via dei Cassari, 35
Palermo
gaginirestaurant.com

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