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I migliori abbinamenti per degustare il Parmigiano Reggiano Dop secondo la stagionatura

Consolidato ma non privo di sorprese: ecco l’abbinamento enoico con le diverse stagionature di Parmigiano Reggiano Dop e secondo Mark Ignatov, restaurant manager di Atto di Vito Mollica.

«Per me il Parmigiano Reggiano non è soltanto un ingrediente fondamentale della cucina italiana, ma anche un simbolo di identità territoriale e di qualità artigianale. Vero protagonista della nostra cultura gastronomica, grazie alla sua incredibile versatilità e alle diverse stagionature, si presta a essere gustato da solo, utilizzato grattugiato per mantecare paste e risotti, fino a diventare l’elemento centrale di piatti unici». A parlare è Mark Ignatov, Best Maître e Sommelier Under 35 ai Food&Wine Italia Awards 2024, restaurant manager e sommelier del ristorante fiorentino Atto di Vito Mollica.

Nel menu del locale – oltre a una selezione di formaggi in cui non manca mai il Parmigiano Reggiano Dop – spicca il Porro Finto, piatto vegetale avvolgente e complesso: i porri vengono arrostiti in forno fino a diventare fondenti e trasformati in parfait, per poi sposarsi con diversi tipi di funghi e con un’intensa spuma di Parmigiano Reggiano Dop stagionato che lega il tutto. E nel calice? «Un bianco di Borgogna affinato in barrique, cremoso e dalla bella persistenza».

Il pairing tra Parmigiano Reggiano Dop e vino è ben consolidato, ma le differenti sfumature aromatiche e di texture date dalla stagionatura e il gusto personale lasciano spazio a scelte diverse. Abbiamo chiesto a Mark Ignatov i suoi suggerimenti, tenendo conto del fatto che i due prodotti seguono percorsi inversi: «Il formaggio nasce dolce, latteo, morbido; più si spinge con la stagionatura, più emergono le sue strutture più decise, diventando secco e friabile e formando i cristalli di tirosina di cui vado matto, acquisendo note quasi fumé. Con il vino, almeno per quanto riguarda il rosso, accade l’inverso: nasce “duro”, con tannini spigolosi, mentre invecchiando si ammorbidisce».

Parmigiano Reggiano Dop 12 mesi

«Fresco e delicato, ha un aroma non troppo intenso ma con interessanti sentori erbacei, ed è il classico protagonista di aperitivi e “merende contadine”, affiancato da un buon calice di vino. Restando sul territorio, penserei a un Lambrusco di Sorbara spumantizzato, affinato in bottiglia per almeno 36 mesi, come l’ottimo Rosé di Cantina della Volta: l’effervescenza alleggerisce la parte più grassa e cremosa del formaggio, l’acidità ne bilancia la dolcezza e, con le note fruttate e quasi “venose”, il vino accompagna senza sovrastare. Ma può andare molto bene anche un bianco fermo non barricato, verticale e teso. Potremmo andare in Friuli, con uno Chardonnay o un Pinot Grigio, ma personalmente sceglierei un bianco della parte nord della Borgogna, dove nasce lo Chablis: sapidità e freschezza, senza essere troppo impegnativo».

Parmigiano Reggiano Dop 24 mesi

«È la stagionatura più classica, perfetto anche da grattugia o per mantecare risotti. Il gusto è molto equilibrato, saporito ma non troppo aggressivo. Gli aromi sono più sviluppati, risultando profondo e intenso, mentre la consistenza inizia a farsi granulosa e friabile. Propongo due abbinamenti: una Barbera d’Alba scarica di tannino, ma servita dalla glacette tra i 12 e i 16 gradi, per esaltare la freschezza del vino da un’uva ricca di acidità in contrasto con la parte grassa e piena del formaggio. O uno Champagne, cercando in questo caso l’armonia con una bollicina cremosa e setosa pur mantenendo l’acidità: amo molto lo Chardonnay quindi sceglierei un Blanc de Blancs non troppo giovane, da degorgement tardivo».

Parmigiano Reggiano Dop 40 mesi

«Lo considero un prodotto da degustazione: ha un gusto molto intenso e ricco, più sapido, con note di spezie e un retrogusto leggermente piccante. È friabile, asciutto, con cristalli ben presenti e fa una gran figura nella selezione di formaggi. Ci abbinerei dei rossi da meditazione, da bere non sovrappensiero. In Italia, un Amarone della Valpolicella che, con la sua struttura monumentale e la morbidezza data dall’uva appassita, abbraccia il formaggio e si armonizza con le sue note. In Francia, uno Chateauneuf du Pape della Valle del Rodano: un rosso di struttura, caldo e profondo, dai tannini presenti ma levigati: ha note di erbe mediterranee, pepe e spezie, prugna, che si sposano bene con la piccantezza del formaggio. O anche un Bordeaux a base Merlot dalla riva destra, rotondo, dal tannino presente ma tenuto a freno, dal frutto maturo ma in equilibrio tra freschezza, morbidezza e potenza, con note di frutta nera, liquirizia e sentori terrosi che si abbinano con quelli del formaggio».

Parmigiano Reggiano Dop 60 mesi

«Siamo davanti a una stagionatura estrema, decisamente da meditazione. Personalmente forse non ci abbinerei nulla: è super complesso, molto concentrato e dalle note quasi fumé da cui emergono sentori di funghi secchi, noci tostate, brodo ristretto. Sapido, piccante e lunghissimo al palato, quasi infinito. Ma volendo accompagnarlo suggerirei dei vini a tendenza dolce, a cominciare da un Sauternes: versatile, dalla dolcezza intensa ma molto ben equilibrata da freschezza e acidità, mai stucchevole. Le uve botritizzate apportano complessità e aromi di albicocca disidratata, miele e fiori che bilanciano la sapidità del formaggio. In Sicilia, possiamo scegliere un Passito di Pantelleria: in questo caso abbiamo una dolcezza superiore, più avvolgente, ma sempre bilanciata da mineralità e sapidità. I sentori di frutta candita, datteri, miele agrumi compensano la sapidità estrema data dalla lunga stagionatura. Oppure il Marsala Vecchio Samperi di Marco De Bartoli: un vino iconico e dalla grande ampiezza e complessità gustativa, che si discosta dal Marsala tipico con zero residuo zuccherino e note ossidative, sentori di tabacco e spezie orientali. Anch’esso ideale da gustarsi da solo, può incontrare un grande formaggio in un abbinamento, se vogliamo, più intellettuale».

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