Venezia e Venissa: il vino, il vetro, l’oro

A Venissa una serie limitata di bottiglie si trasforma in opere d’arte tra luce, oro e solidarietà

Sull'isola di Mazzorbo, l’artista romano Antonello Viola reinterpreta il Bianco 2020 in un progetto che unisce creatività e beneficienza nel cuore della laguna.

Ci sono collaborazioni che nascono da una semplice idea e altre che scattano come un riconoscimento reciproco. Quella tra Antonello Viola e Venissa appartiene alla seconda categoria: un incontro naturale tra due mondi che da sempre lavorano con la luce, la materia e il tempo. Da un lato l’artista romano che lavora su vetro e oro, dall’altro la tenuta di Mazzorbo, nel cuore della laguna veneziana, dove la Dorona di Venezia dà vita a uno dei vini più iconici e rari del panorama italiano.

Nel 2025, in occasione di The Venice Glass Week, Venissa ha invitato Viola a reinterpretare 12 bottiglie dell’annata 2020, a cui sono state successivamente aggiunte quattro nuove creazioni, ampliando la collezione originale. Non un’operazione estetica, ma un vero e proprio progetto artistico e solidale: «Pensavo mi arrivassero bottiglie intonse, solo vetro. Invece c’era già l’etichetta d’oro, molto minimale. Mi ha spiazzato, ma mi ha fatto pensare: non voglio decorare, voglio trasformare». 

L’arte del riflesso

12 “Prove d’Artista” su una delle 12 bottiglie di Venissa Bianco 2020

L’annata 2020 è legata al tema Riflesso, scelto da Venissa per raccontare la memoria dell’acqua granda del 2019 – ovvero l’acqua alta, il nome dato all’alluvione che colpì Venezia il 4 novembre del 1966 – e la capacità della Dorona di rinascere dal sale e dal fango. «Riflesso per me è luce, tempo e memoria –  spiega Viola –. Lavoro da anni con il vetro e l’oro, che riflettono ma non nascondono. In queste bottiglie ho cercato la stessa tensione tra superficie e profondità». 

Le Prove d’Artista nascono così, nel suo studio romano, lavorando vetro e foglia d’oro come fossero tele. Ogni bottiglia è diversa, costruita per stratificazioni di colore e trasparenze che dialogano con la materia del vino stesso. Presentate lo scorso 15 settembre, sono state vendute quasi tutte in pochi minuti: ne restano soltanto quattro.

Quando Venissa lo ha contattato, Viola ha posto una condizione: “Faccio tutto quello che volete, ma solo se il ricavato va in beneficenza”. L’idea è stata accolta con entusiasmo: l’intero progetto sostiene l’associazione La risposta di Laura e Allegra, che finanzia iniziative per l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. «L’arte deve restituire qualcosa, anche solo un piccolo riflesso di bene», spiega l’artista. 

Un vino nato dal sale e dal tempo

Venissa Bianco è il frutto di un vigneto murato, meno di un ettaro, dove la Dorona cresce a contatto diretto con la laguna. La vendemmia 2020 ha prodotto un vino minerale, asciutto, con un timbro deciso e una profondità che racconta la resilienza del territorio. «Il vigneto si aggrappa al terreno con due stratificazioni diverse, così anche il colore del vino cambia, si fa più giallo e minerale vicino al mare», osserva Viola. Ad accompagnare il calice, la cucina stellata e green di Chiara Pavan valorizza le produzioni dell’orto e il pescato locale, creando un’esperienza gastronomica che completa e dialoga perfettamente con il vino.

Per Antonello Viola, che fino allo scorso 28 settembre ha esposto la personale L’oro in Laguna a Ca’ Pesaro, Venezia è più di uno sfondo: è una lente. «Sono arrivato a Venissa per restare tre giorni, ne ho fatti cinque. È un luogo sospeso, in mezzo alle vigne, al silenzio, alla Dorona. Tutto ti parla di tempo e luce». 

Il progetto Venissa x Antonello Viola è oggi un piccolo caso d’eccellenza: bottiglie-opera da collezione, vendute a 750 euro l’una, nate da un incontro tra arte contemporanea, viticoltura eroica e responsabilità sociale. «Non racconto Venezia – conclude l’artista –, cerco solo la sua luce. E quella, ogni volta, si riflette diversamente». 

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