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Ettore Nicoletto Angelini

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Angelini Wine & Estates punta allo shopping (superpremium). Nicoletto: «ottimo avvio 2022»

Il presidente e amministratore delegato del gruppo sottolinea il valore strategico del riassetto corporate. Preoccupazione per crisi costi e scenario geopolitico.

Non un “semplice” rebranding, ma una svolta strategica per un gruppo che ha l’ambizione di diventare un player centrale nel sistema vitivinicolo nazionale (e non solo). Dopo l’annuncio della riorganizzazione, Angelini Wines & Estates si è presentata al debutto ufficiale in società in occasione del 54imo Vinitaly e il presidente e amministratore delegato Ettore Nicoletto non nasconde ambizioni di espansione. «Con questo deciso riassetto corporate – spiega infatti il manager – la famiglia Angelini ha voluto affermare in modo netto il suo rinnovato impegno nel mondo del vino». E aggiunge: «il cambio organizzativo mette ordine nel sistema-Angelini. Abbiamo capito che non era positivo continuare a succhiare equity al brand Bertani a vantaggio dei marchi che stavano sotto, quando invece siamo convinti che ognuno debba stare in piedi da solo e avere una sua identità e un ruolo preciso all’interno del portfolio».
È dunque possibile aprirsi «a nuovi brand e al territorio sotto l’egida di un nome che rappresenta la famiglia. E che rispecchia il fatto che il vino lo produciamo dai nostri vigneti, dalle nostre estates, con un modello di filiera completa».

Obiettivo acquisizioni (ma superpremium)

Un cambio di passo per il gruppo, che prevede una crescita organica «importante», rimarca Nicoletto, senza distogliere l’attenzione dalle opportunità di acquisizione. «Nel 2021 e nel primo trimestre 2022 – chiosa – abbiamo già ottenuto ottimi risultati con la valorizzazione del portafoglio esistente. Ora l’obiettivo è di raggiungere quelle categorie che non sono ancora rappresentate nel nostro portfolio come gli sparklings, sia metodo charmat che metodo classico, e i vini bianchi, che sono in minoranza poiché presidiamo maggiormente la categoria dei rossi» (che rappresentano circa il 65% della produzione in Angelini Wines & Estates).
Tra i criteri di selezione per individuare i target a cui guarda per espandere il portfolio, «il primo è quello del brand – chiarisce il presidente – cioè vogliamo trovare un allineamento con il marchio di riferimento nel nostro portfolio, che è Bertani. Cerchiamo marchi di altro profilo che abbiano un posizionamento superpremium, se non ultrapremium, per collocare verso l’alto l’assortimento. Un secondo criterio è quello di complementarietà, per cui dobbiamo, in termini regionali o di denominazione, individuare un brand che ci permetta di rappresentare il panorama vitivinicolo nazionale. Questi sono i due criteri più importanti, poi c’è quello dell’internazionalità, per cui trovare sinergie che ci permettano di penetrare i mercati esteri in cui siamo marginali diventa un fattore importante». Nicoletto conferma che il gruppo è «molto impegnato» su questo fronte, anche se espansione e sviluppo diventano difficili «o perché abbiamo ambizioni particolari o perché nel panorama italiano è difficile dialogare con realtà familiari poco propense ad attivare una partnership».

Un 2021 da record e buon prospect per il 2022, ma pesano incognite

Angelini Wines & Estates ha chiuso il 2021 con ricavi pari a 25,6 milioni di euro (+32 per cento), un dato record che migliora anche la performance del 2019. «Siamo cresciuti sia nel mercato interno sia nelle esportazioni, con il canale horeca che, tra tutti, ha risposto meglio alla ripresa sia in Italia che all’estero», riferisce Nicoletto. Che rilancia sul 2022. «È iniziato molto bene, siamo su trend superiori alla chiusura del 2021 – dice -. Si registra comunque in generale una partenza positiva di tutti i produttori del comparto, soprattutto tra i brand che hanno cavalcato il recupero avvenuto lo scorso anno».
Un trend che rischia di essere compromesso dalla situazione geopolitica e dai rincari sulla filiera. «Vi sono molte incognite – ammette il manager – ed è difficile fare stime al momento. Abbiamo costi incrementali che si comportano in modo dinamico. Avevamo già previsto e messo a budget un certo valore di aumenti, ma ora sono superiori al previsto. Dobbiamo pertanto capire se accettare una compressione dei margini o scaricare questi ulteriori incrementi. È un tema complesso, tutta la filiera del vino deve fare uno sforzo di sensibilità, intelligenza e buon senso, non possiamo far gravare tutto sul consumatore, che sarà schiacciato da tassi di inflazione monstre (tra il 7,5 e l’8%) che peseranno sui consumi. Se vogliamo che il vino rimanga l’elemento centrale nel paniere delle famiglie, bisogna che ognuno faccia uno sforzo per calmierare gli aumenti, evitando rallentamenti nella crescita. Sarebbe autolesionistico perdere l’abbrivio conquistato in questi mesi».

Ceev: focus su consumo responsabile, sostenibilità, mercato

Allargando lo sguardo a livello europeo, Nicoletto prende molto sul serio la nomina nel board del Comité Européen des Entreprises Vins. L’associazione, che rappresenta l’industria del vino, si trova a lavorare sull’onda lunga del dibattito sul Cancer plan. «Dopo lo scampato pericolo rispetto a un voto che avrebbe potuto creare effetti dannosi sul nostro sistema – afferma il manager – stiamo cercando di capire cosa il vino europeo debba fare per comunicare la sua essenza, la sua storia e il suo ruolo all’interno della vita dei consumatori e di chi vuole nutrirsi in modo sano. Stiamo lavorando in primis sull’aggiornamento della ricerca, per capire qual è il livello di consumo responsabile che non sia nocivo per la salute, ma anzi sia elemento catalizzatore della dieta mediterranea». Il focus è sulla comunicazione, per far comprendere il lato sano dell’esperienza enoica (anche nella dieta), e Nicoletto auspica che il Ceev si muova «in modo coeso, per uscire da questo cul-de-sac». Altro fronte strategico è quello della sostenibilità, rispetto alla quale «va trovata una linea comune e condivisa innanzitutto sul significato». Last but not least, «l’Europa ha bisogno di espandere il suo network distributivo – conclude – poiché è concentrata su pochi mercati di esportazione. Si dovrà lavorare moltissimo sugli accordi bilaterali e di libero scambio per il vino europeo».

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