Riuscire ad accaparrarsi una prenotazione nei più ambiti ristoranti del mondo può diventare quasi uno sport competitivo, specialmente quando si tratta di un certo tipo di esperienza. Sapete di cosa stiamo parlando, ed è stato anche raccontato in maniera arguta ed efficace nella dark comedy (o film dell’orrore) The Menu: ogni prenotazione elitaria che si riesce a portare a casa diventa uno status symbol, di cui ci si vanta online o con gli amici. L’Asador Etxebarri, nei Paesi Baschi, rientra di certo tra questo genere di conquiste.
Presenza fissa in molte liste internazionali di “best”, è notoriamente difficile trovare un tavolo o anche solo riuscire a comunicare con loro – anche dopo aver pagato in anticipo il menu degustazione da 280 euro (finché non sono arrivata al ristorante, non ero sicura se la mia prenotazione esistesse davvero o fossi stata vittima di un imbroglio). Di solito, esito a visitare ristoranti del genere, annoiata dalla loro inclusione in innumerevoli liste e classifiche.
Visto il mio lavoro come food writer e autrice di libri di cucina, e il mio profondo amore per il cibo, sono stata molte volte in posti del genere. Spesso, mi hanno lasciato un senso di delusione (soprattutto se ero io a pagare). Ma quando, lo scorso anno, ho iniziato a programmare un compleanno importante, diversi amici di cui mi fido mi hanno fatto pensare che Asador Etxebarri fosse diverso: un ristorante di cui si parla tanto, che vale davvero tutto l’hype.
L’incanto di Axpe e la filosofia del fuoco di Victor Arguinzoniz
È così che mi sono trovata a guidare attraverso il sorprendente paesaggio basco verso il villaggio di Axpe. Sono arrivata a una villetta di pietra del XVIII secolo circondata da verdi colline rocciose, ristrutturata circa 30 anni fa dallo chef-patron Victor Arguinzoniz, che descrive il suo Asador Etxebarri come «un piccolissimo, semplice ristorante dove ci focalizziamo sulla qualità degli ingredienti e dove proviamo a esplorare il mondo della cucina sulla fiamma».
Questa esplorazione è esattamente ciò che rende questo ristorante speciale. Circa il 40% del menu si rinnova quotidianamente, e ogni cosa è cotta con il fuoco, su legna o carbone. Il legname che Arguinzoniz usa cambia in base alla stagione e agli ingredienti; in occasione della mia visita all’inizio dell’inverno, ha optato per il leccio per il pesce e gli ortaggi, perché brucia lentamente e non è troppo intenso. In netta distanza con molte cucine professionali che si sono votate alla tecnologia moderna, Arguinzoniz ha adottato un approccio tartarughesco al successo: si muove lentamente e metodicamente, seguendo il ritmo della natura. «Penso che sia la magia del lavorare con il fuoco, perché non possiamo insegnarlo», afferma. È una sensazione e un’esperienza che ciascuno deve apprendere, spiega, quasi uno stile di vita.
Un’esperienza intima e autentica: la cena a Etxebarri
Man mano che il pranzo procedeva, mi sono sorpresa di quanto risultasse poco pretenzioso, e rilassato. Con soli otto tavoli, il servizio era davvero intimo, come una cena nella rustica e accogliente sala da pranzo di amici (ad avere qualche amico proprietario di un’idilliaca casa di campagna nel verde dei Paesi Baschi).
All’apparenza le portate erano semplici, ma i sapori erano stratificati e complessi. Un piatto di funghi locali è arrivato velato da un accenno di affumicatura e avvolto da una brillante salsa verde. Una bistecca abbrustolita con una notevole crosticina punteggiata di sale è stata esaltata dalla deliziosa insalata croccante, dal condimento leggero, che l’accompagnava. Tutto ciò che ho assaggiato sembrava essere messo insieme senza sforzo ma con piena intenzione, proprio come l’accoglienza.
Il team camminava in perfetto equilibrio sulla linea tra professionalità e amichevolezza, emanando tranquillità. Come ci ha spiegato il manager ed head sommelier Mohamed Benabdallah, il ristorante ha un’atmosfera familiare perché lo staff è poco numeroso – e alcuni di loro sono in effetti parte della famiglia. Arguinzoniz ha lavorato qui per quasi tutta la sua vita; sua moglie accoglie gli ospiti. In un secondo momento, ho appreso che circa il 70% dei clienti del ristorante sono habitué, che tornano una o due volte l’anno. Alcuni lo fanno anche da 15 o 20 anni.
È un importante motivo d’orgoglio per il ristorante, e una notevole attestazione per un posto che ha aperto nel 1990. Anche se la clientela internazionale è aumentata negli ultimi anni grazie ai tanti riconoscimenti, Etxebarri resta fedele ai propri valori cardine e continua a dare la priorità ai clienti abituali. «È il nostro compito convincerli a tornare», dice Benabdallah.
Nonostante l’attenzione di cui è oggetto, Etxebarri conserva gli stessi ritmi di 35 anni fa: Arguinzoniz comincia ancora la sua giornata alle sette di mattina, arrivando qui a piedi dalla casa nelle vicinanze per accendere il fuoco e preparare da zero il pane e il formaggio di bufala. Quando gli ho chiesto cosa ne pensasse della fama e delle lodi mondiali, mi ha risposto: «Sono molto grato per tutti coloro che sono venuti a trovarci, e davvero senza parole. Il mio unico desiderio è di renderli felici con la mia cucina». E in effetti, io ho lasciato il ristorante felice. Ma non solo – anche grata per il fatto che Etxebarri fosse riuscito a scaldare il freddo cuore di questa cinica visitatrice di ristoranti.