Auberge Tokito

Auberge Tokito, la grazia della cucina giapponese contemporanea

Nella vivace periferia di Tokyo, un team di tre chef capitanati da Yoshinori Ishii guida un progetto affascinante che unisce grande cucina e ospitalità raffinata.

All’uscita dalla stazione della metropolitana di Nishi-Kunitashi, zona ipertranquilla del vivace sobborgo di Tachikawa a circa un’ora da Ginza, dove sono scesa per raggiungere Auberge Tokito, trovo ad attendermi Yoshinori Ishii, che mi accoglie con un abbraccio che mi lascia sorpresa. È vero che mi aspetta e sa chi sono, ma da queste parti è un gesto piuttosto inusuale.

Yoshinori Ishii, l’anima del luogo

Auberge Tokito
Yoshinori Ishii intento nell’ikebana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ishii, però, ha davvero poco di consueto: brillante chef, ha lavorato per oltre 20 anni tra Ginevra e Londra, e in particolare da Umu, elegante ristorante Kaiseki a Mayfair – il primo in Europa ad aver ricevuto le due stelle Michelin nel 2015, mantenute fino al 2021 –, assorbendo usanze e tecniche occidentali senza mai abbandonare un approccio profondamente giapponese alla cucina, e alla vita. Amante della musica e del bello, esperto ceramista (con tanto di laboratorio con tornio e forno dove realizza gran parte delle ceramiche usate nel ristorante, utilizzando l’argilla estratta durante i lavori di ricostruzione del sito e a volte anche le ceneri usate per cucinare) e conoscitore dell’arte dell’Ikebana, incredibilmente alla mano e gioviale, nelle poche ore che ho modo di trascorrere con lui mi dà l’impressione di essere un mix tra la concentrazione di un monaco Zen, la serena accettazione della vita del protagonista di A Perfect Day e un vulcano quiescente pronto a esplodere con nuove idee.

La genesi di Auberge Tokito

È lui a mostrarmi i diversi ambienti di Auberge Tokito, e a raccontarmi la genesi di questo luogo: in passato albergo dove alloggiarono anche le truppe dell’aviazione nipponica durante la Seconda guerra mondiale, e poi rinomato ristorante kaiseki chiuso nel 2019, era destinato a essere abbattuto per far spazio a nuove costruzioni. Poi però la Tachihi Hospitality Management – parte della più grande holding che negli ultimi anni ha contribuito a ridisegnare Tachikawa attraverso la creazione di spazi culturali e multifunzionali per la comunità come teatri e piste da skate, ma anche un birrificio e alcuni alberghi – ha deciso di farne una struttura di ospitalità che parte dal recupero di molti degli elementi originari ed è incentrata proprio sulla gastronomia raffinata. Per questo ha chiamato Yoshinori Ishii alla guida dell’intero progetto di Auberge Tokito, fin dalla sua ideazione: un processo lungo e non sempre semplice, come è raccontato anche nel documentario Tokito: The 540-Day Journey of a Culinary Maverick, disponibile su AppleTV.

Godere il momento e fare il pieno di bellezza

Auberge Tokito
La sala del ristorante

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il nome rimanda al concetto tutto giapponese di Toki: se la traduzione letterale è “momento”, il significato più ampio è collegato al saper riempire il proprio tempo di bellezza. È esattamente quello che succede una volta varcato l’ingresso della struttura, segnato da un portale in pietra con le tende bianche: tra giardini dalla curatissima spontaneità dove sono stati ripiantati alcuni alberi centenari affiancati da fiori e arbusti, fontane e angoli zen, si respira un’atmosfera di pace ed eleganza naturale (l’altro principio fondante qui è meguru megumi, una sorta di “circolarità della grazia”) che ribalta il concetto di lusso cui siamo abituati e invita a rigenerarsi tra piccoli e grandi comfort. Una porta seminascosta conduce all’area che ospita le quatto grandi camere shukubo, dotate di letti in stile occidentale o giapponese, giradischi per ascoltare i vinili, un frigorifero rifornito di bevande, frutta e gelati, un salotto, un ampio bagno con lettino per massaggi e trattamenti benessere e l’onsen kakenagashi privato all’aperto: una vasca in pietra con acqua termale che sgorga da una sorgente in profondità. Mentre nel giardino “pubblico” c’è anche una chashitzu, tradizionale “casa da tè” dove però la rituale cerimonia è sostituita dall’interessante degustazione di diverse tipologie pregiate con la bravissima Kayoko Ikeya, da accompagnare volendo con snack salati e sushi, o con dolci giapponesi e occidentali.

L’originale ed entusiasmante celebrazione della cucina giapponese

Auberge Tokito
Okawara, Ishii e Hiyama

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma il cuore di Auberge Tokito è decisamente il ristorante, aperto anche a chi non soggiorna qui: non a caso, la supervisione dell’intero progetto è affidata a Ishii, e ad affiancarlo ci sono altri due cuochi: Kenji Okawara – head chef e general manager, le cui esperienze vanno da importanti ristoranti in Giappone, Italia, Ucraina e India alla cucina Kaiseki per il Palazzo Imperiale di Kyoto e per alcuni templi, e anche lui conoscitore dell’Ikebana e della cerimonia tradizionale del tè oltre che dei migliori prodotti giapponesi – e il giovane head chef Hiroki Hiyama che, dopo l’esperienza al fianco di Okawara da Kyoto Kitcho, ha lavorato anche a Londra, Parigi e in Italia, tra il ristorante giapponese Hamasei a Roma e le cucine di Da Vittorio a Brusaporto, nella brigata di Chicco Cerea.

È lui ad accogliermi al bancone di legno da dieci posti – in questo caso la priorità va agli ospiti dell’albergo, ma ci sono anche i tavoli della grande e ariosa sala affacciata sul giardino dove l’essenzialità giapponese si mescola con dettagli contemporanei e inserti artistici – e a condurmi, in italiano quasi perfetto, nel percorso culinario composto da 12 assaggi sorprendenti, che riescono a tenere insieme l’ancestrale approccio giapponese agli ingredienti e alle stagioni, l’attenzione a esaltare al meglio le caratteristiche di ogni singolo prodotto e le strette connessioni con i fornitori da ogni angolo del Paese, con un piglio decisamente contemporaneo che attinge alle esperienze internazionali degli chef, come riassume Ishii: «Negli ultimi anni mi sono concentrato su una cucina innovativa che guardi alla tradizione della filosofia meguru megumi e all’autentica gastronomia nazionale per dar vita a quella che mi piace definire “la migliore celebrazione della cucina giapponese”».

Tra Giappone ed Europa, Italia inclusa

Auberge Tokito
Sashimi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Così, assaggio piatti come le capesante di Hokkaido e altri frutti di mare locali con fuki (una pianta della famiglia delle Asteraccee, che ricorda il rabarbaro) e zenzero, o la zuppa di salmone “ciliegia” (così chiamato per la linea rossa che ne colora la livrea) il cui dashi di base, oltre che a kombu e fiocchi di tonno essiccato, è insaporito da prosciutto di cinghiale fatto dagli chef estraendone la sapidità naturale: a completare il piatto, la nota rinfrescante del pomodoro marinato all’arancia e gli asparagi selvatici. Proseguo con il sashimi – il gambero con un intenso concentrato del suo corallo, la cernia bianca il cui gusto iodato è sottolineato da una salsa trasparente a base di “acqua di alghe”, e la sardina sormontata da una piccola sfera di daikon grattugiato, aceto di zucca e cetriolo – servito su una lasta di vetro che lascia intravedere una cartolina illustrata realizzata da Ishii e con un suo messaggio che invita alla gioia della convivialità, lasciata poi come ricordo.

C’è il “sushi caldo”, con il pesce persico dalla gola nera cotto in stile Teryaki e servito su del riso tiepido fatto bollire in un brodo di katsuobushi e zenzero, completato con aceto di vino rosso e Aceto Balsamico Tradizionale. Ci sono i delicati e pregiati asparagi bianchi nascosti dall’abbondanza di fiocchi di tonno essiccati, dall’elegante nota affumicata che non sovrasta il sapore dell’ortaggio. C’è il delizioso e polposo sgombro “spagnolo” del Pacifico servito su una crema di fave con piselli dolci, cipolle novelle e aceto di foglie di riso che è un fantastico omaggio alla primavera, stagione in cui ho visitato Auberge Tokito. C’è la scioglievole carne Wagyu in stile sukuyaki, cotta in una miscela di salsa di soia, zucchero e mirin, servita con del tofu e una squisita erba amara di stagione. E c’è il ramen dove tutto – dalla pasta al brodo, fino alla carne di maiale chashu nello stile di Yamananako – è preparato in cucina, come omaggio alla tradizione giapponese e al suo comfort food.

Ma il piatto di cui Hiyama è più orgoglioso è il Fatty tuna, beef sauce, vale a dire la sua versione “inversa” del nostro vitello tonnato in cui la grassa ventresca di tonno dalla delicata nota affumicata è accompagnata da un’intensa ma leggiadra salsa di carne e dalla nota rinfrescante del gelato al rafano: «Chicco Cerea mi aveva chiesto di proporre un mio piatto per Da Vittorio, e presi ispirazione dal vitello con salsa tonnata», spiega lo chef. E a riprova dell’”italianità” del piatto, mi arriva anche una buonissima mini-pagnotta con cui fare la scarpetta nella salsa, che è in effetti irresistibile. La conclusione della cena è invece affidata alla pastry chef Kanako Kuroiwa, che unisce eleganza francese (ha lavorato con Michel Bras) e delicatezza giapponese nei buonissimi dessert, insieme raffinati ed essenziali, come le perfette e gustose ciliegie esaltate da una salsa di rosa e geranio, accompagnate dal gelato di lime e yogurt e dai fiori di timo giapponese, e la quenelle alle foglie di sansho con arancia sanguinella di Hiroshima.

Per chi pernotta qui, c’è anche la sorpresa della colazione, servita in camera o nelle sale in stile giapponese in una dependance in giardino: in puro stile tradizionale giapponese, prevede del congee al “pollo nero” da arricchire a piacere con brodo, erba cipollina o altre erbe di stagione, o in versione dolce con clotted cream e frutta secca. E poi ancora verdure in salamoia, polpette di pesce, frittata e altro ancora. Vale la pena superare le proprie resistenze, e assaggiare tutto.

Maggiori informazioni

Auberge Tokito
1-24-26 Nishiki-cho
Tachikawa, Tokyo
aubergetokito.com

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