A volte le storie più significative nascono dalla materia più semplice e primordiale: il pane. È da lì che tutto prende forma nella vicenda di Francesco Calò, pizzaiolo pugliese classe 1986, cresciuto tra le luci dell’alba e il profumo delle pagnotte calde nel forno di famiglia, dove la manualità si tramandava come una lingua segreta. Chiunque sia passato almeno una volta accanto a un laboratorio di panificazione sa che il pane non è solo un alimento: è un atto culturale, inteso come gesto di costume. I panettieri hanno una propria lingua, un proprio modo di fare, una propria socialità. Per Calò il pane è stato anche una promessa, quasi una predestinazione. «Non avrei potuto fare nessun altro lavoro che questo», ci dice al tavolo con quella luce negli occhi che appartiene a chi conosce la fatica ma ne riconosce anche l’incanto.
Dall’Italia al resto del mondo
Se la Puglia è il punto di partenza, Vienna diventa il luogo della metamorfosi. Prima le esperienze in vari locali per capire ritmi e gusti di una clientela differente, poi nel 2016 l’apertura a Vienna, una location che in pochi anni si sarebbe imposta come la migliore pizzeria d’Austria, trasformando Francesco in uno dei nomi più riconoscibili della pizza contemporanea. La vittoria nel 2019 del Campionato Mondiale Pizza Doc e la ribalta mediatica che ne seguì hanno costruito una carriera solida, internazionale, capace di portarlo da Belgrado a Dubai, prima di un ritorno in Italia che nessuno dava per scontato. Con il trionfo al CMPD il pizzaiolo pugliese diventa uno dei volti più riconoscibili della cucina austriaca e ci sono interminabili file a Vienna per i suoi prodotti.

La nuova tappa si chiama Avenida Calò e si trova in Viale Pinturicchio, nel quartiere Flaminio, a pochi passi dallo Stadio Olimpico. Un locale che racconta un approdo, ma anche un nuovo inizio: un luogo raccolto, elegante, luminoso, intimo, capace di accogliere non più di cinquanta ospiti, secondo un’idea di ospitalità che punta alla cura assoluta del dettaglio. Il verde delle pareti, il banco a vista, la parete dei vini: tutto contribuisce a creare un ambiente che unisce calore di casa e respiro internazionale. Less is more, quando l’eleganza si costruiva con sottrazioni e non con sovrastrutture.
L’impasto è la firma di Calò: un blend di farine studiato con altissima percentuale di crusca, che conferisce colore ambrato, aromaticità e una matericità che ricorda il pane appena sfornato. L’idratazione al 78% e la lievitazione di 24-48 ore definiscono una pizza che unisce stile napoletano e precisione contemporanea. Ogni morso è una dichiarazione d’intenti: la crosta profuma di grano tostato, la struttura interna mantiene una leggerezza sorprendente, la digeribilità si percepisce in modo quasi immediato.
Il menu si articola in tre famiglie: le pizze classiche, le doppia cottura – che Calò definisce “doppio crunch” – croccanti fuori e morbide dentro grazie alla frittura prima del passaggio in forno, e le (R)evolution, il laboratorio creativo in cui tecnica e immaginazione si incontrano. È qui che nascono interpretazioni come la Nero di Marinara, Filetto di datterino, origano di montagna e aglio nero di Voghiera; oppure la Cenere di Limone, dove crema di carciofi, pecorino, gamberi crudi e limone bruciato costruiscono un morso che ricorda la stratificazione di un piatto da ristorazione. In parallelo, la Cruda Suprema – doppio crunch con tartare di Fassona, spuma di zabaione salato, foglia di cappero e nocciole piemontesi – è una delle creazioni più rappresentative della filosofia di Avenida Calò: un equilibrio sorprendente tra eleganza, intensità e modernità.
A sorprendere chi arriva dalla tradizione è l’assenza dei fritti, con l’eccezione delle montanarine. Non per ideologia, ma per scelta di coerenza. Calò lo spiega con semplicità: il fritto, spesso, preclude l’assaggio integro della pizza. E qui la pizza deve restare protagonista, sempre.
Al di sopra di tutto si colloca il percorso degustazione La Mano, un’idea nata a Vienna e ora riproposta a Roma: un viaggio di sei portate servite su piatti a forma di mano, realizzati dal calco dell’arto di Francesco Calò dal porcellanista Vincenzo Del Monaco. L’obiettivo è restituire centralità al gesto: mangiare la pizza con le mani, sentirne la temperatura, il peso, la consistenza, creare un contatto fisico diretto prima ancora dell’assaggio.

Il pairing con il vino è affidato a Chiara Maggio, moglie di Francesco, che cura una carta di oltre 130 etichette italiane e internazionali. Ma più che un elenco, è una mappa: un percorso sensoriale costruito per accompagnare ciascuna pizza con un calice capace di interpretare aromi, grassezze, sapidità, note vegetali o affumicate. Il risultato è un’esperienza gastronomica integrata, che annulla definitivamente il confine tra pizzeria e ristorante.
Avenida Calò è la sintesi matura del percorso di un artigiano che ha scelto di tornare in Italia portando con sé un bagaglio di viaggi, studio e visione. Una visione che parla di autenticità, radici, tecnica e identità; di un impasto che non è solo nutrimento, ma racconto; di una sala che accoglie e accompagna; di un mestiere antico reso contemporaneo dal rigore e dall’amore per la propria storia. È una storia di ritorni, di mani che impastano e di gesti che diventano cultura. Una storia che, a giudicare dalla risposta della città, è solo all’inizio.