All’inizio del Novecento, alcune comunità viticole della Catalogna unirono le proprie forze per costruire cantine cooperative in stile modernista, note come “cattedrali del vino”. L’architetto Cèsar Martinell i Brunet realizzò sette edifici monumentali, simbolo della rinascita di Terra Alta dopo la fillossera. Oggi queste strutture testimoniano un legame tra architettura, cooperazione agricola e sviluppo enologico.
Architettura collettiva al servizio del vino e della bellezza
Dopo la devastazione provocata dalla fillossera nei primi decenni del Novecento, i viticoltori della Terra Alta scelsero di rilanciare l’economia locale unendo le forze in cooperative. Grazie a un accordo collettivo, molte comunità investirono nella costruzione di cantine moderne, simbolo di rinascita e strumento concreto per migliorare il controllo qualitativo della vinificazione.

La più celebre di queste realizzazioni è la Catedral del Vi di Gandesa, costruita in undici mesi da quarantotto famiglie. L’architetto incaricato, Cèsar Martinell i Brunet, discepolo di Antoni Gaudí e Josep Puig i Cadafalch, concepì una struttura ispirata alle basiliche, con navate centrali e lucernari che favorivano la ventilazione in modo naturale alle vasche di fermentazione. Il cemento bianco delle urne contrastava con il mattone rosso delle volte, conferendo all’edificio un valore estetico pari a quello funzionale.
La prima cantina moderna è precedente e fu realizzata già nel 1913 a L’Espluga de Francolí da Lluís Domènech i Montaner. Lo scrittore Àngel Guimerà le definì “cattedrali del vino” con l’intento di sottolinearne anche il portato simbolico oltre che enologico. Martinell – che ne disegnò sette in tutta la regione – valorizzò questa architettura come punto d’incontro tra tecnologie agricole, ingegneria e identità locale.
Molte di queste cantine non sono più utilizzate per la produzione vinicola, mentre alcune ospitano ancora una delle antiche urne, per la produzione artigianale di aceto. Nei musei adiacenti è possibile ammirare torchi originali, fotografie d’epoca e reperti bellici della guerra civile, che mostrano come il vino e il conflitto abbiano convissuto in quelle colline, plasmando memorie e paesaggio.
Durante la dittatura franchista, le cooperative furono tollerate come strutture efficienti purché non antisistema, ma quelle nate in questo periodo operarono con meno autonomia. Il sistema cooperativo sopravvisse grazie a una filosofia operativa solidale e pragmatica, che permise la continuazione delle attività enologiche anche quando le tensioni politiche erano elevate.
Le cattedrali del vino oggi sono considerate attrazioni storico‑turistiche di riferimento: la cooperativa di Gandesa, Falset‑Marçà, Barberà de la Conca e Ribe del Ter occupano posizioni centrali nelle rotte enoturistiche catalane. Pur non essendo più in attività produttiva in tutte le sedi, alcune cooperative procedono con degustazioni in contesti museali e recupero culturale. L’architettura è diventata elemento narrativo per una regione che, pur essendo periferica rispetto a Barcellona, ha saputo affermarsi grazie a una visione collettiva del vino.