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Champagne

Champagne: numeri in crescita ed esperienze sensoriali

Sempre più amato nel mondo, il vino effervescente francese è stato celebrato il 27 ottobre. E il Bureau du Champagne Italia ha organizzato una degustazione sensoriale particolare in cui Paolo Griffa e Chiara Giovoni hanno abbinato le diverse bollicine a “essenze” gustative.

Oltre 300 milioni di bottiglie, per una vendemmia 2023 – iniziata il 5 settembre, con il via ufficiale del Comité Champagne, comitato interprofessionale che riunisce oltre 16mila vigneron della celeberrima regione vitivinicola transalpina – non semplice per via delle condizioni climatiche durante il periodo di maturazione, ma fruttuosa e di grande qualità.

Lo Champagne rappresenta oggi il 10% del consumo mondiale di vini spumanti in volume e il 21% in valore, con numeri in crescita in tutto il mondo e in particolare in Italia. Lo raccontano i dati forniti da diversi importatori e distributori: «Da sempre lo Champagne è protagonista dei momenti più gioiosi delle nostre vite. A confermarlo è la crescita vertiginosa di Anthology by Mavolo, che nell’ultimo anno ha registrato un aumento a tripla cifra nel fatturato, contando un +205,4% nelle vendite», dichiara Stefano Ceccarel, head of sales di Anthology by Mavolo, distributore di spicco nel panorama italiano secondo cui il Belpaese è il quinto mercato al mondo per l’eccellenza d’oltralpe con oltre 10 milioni di bottiglie vendute lo scorso anno e un business da 247,9 milioni di euro, e con una crescita registrata nel 2023 del 25% in valore e del 16% in quantità di bottiglie commerciate.

Anche gli esperti di Catawiki – sito online di aste specializzato negli oggetti speciali – confermano la crescita dello Champagne, con un aumento delle vendite di quasi il 20% nel 2023 a livello globale e del 15% in Italia (che si posiziona al primo posto nella classifica degli acquisti, superando Paesi Bassi, Svezia, Belgio e Francia), anche al di là dei classici momenti legati al consumo di questo vino “speciale” come le festività, con un picco di consumi nei mesi estivi (agosto, giugno e settembre in primis) a dispetto di un aumento del prezzo medio di una bottiglia del 7% rispetto al 2022.

A suggellare l’estate calda (e lunga) delle bollicine francesi il 27 ottobre è stata, in un clima ancora mite in gran parte d’Italia, la ricorrenza dello Champagne Day, lanciata nel 2009 dal wine expert californiano Chris Oggenfuss e poi riconosciuta e promossa dallo stesso Comité Champagne. Il Bureau du Champagne Italia – organo di rappresentanza del Comité nel nostro Paese, particolarmente attivo grazie all’impegno di Domenico Avolio – ha organizzato per l’occasione un Laboratorio del Gusto dedicato alla stampa e ad alcuni studenti e docenti dell’Istituto d’Istruzione Superiore Giolitti di Torino e dell’Istituto professionale alberghiero Aurelio Saffi di Firenze. Proprio al Giolitti si è diplomato Paolo Griffa, chef di talento oggi alla guida del ristorante che porta il suo nome al Caffè Nazionale di Aosta, che nel corso dei suoi studi si recò per la prima volta in visita nella Champagne. Un’occasione che lo ha segnato, facendolo diventare un grande appassionato e conoscitore di bollicine francesi. Non è un caso che proprio a lui il Bureau abbia chiesto di approntare una speciale “esperienza gustativa” insieme ludica e didattica – che potrebbe diventare un modello da adottare anche oltre i confini nazionali – per mettere alla prova, ma soprattutto stimolare, i sensi e per esplorare le possibilità di abbinamento offerte dalla incredibile palette sensoriale data dallo Champagne, grazie alla gamma virtualmente infinita di combinazioni tra vitigni, terroir, annate, lavorazioni e assemblaggi.

Prendendo appunto ispirazione dal lessico tecnico degli chef de cave, Griffa ha messo su una tavolozza – in questo caso di ceramica – dieci diverse “essenze”, vale a dire ingredienti e preparazioni in forma di crema (per annullare la componente gustativa e di riconoscibilità data dalle consistenze) da abbinare “alla cieca” con altrettante Cuvée selezionate da Chiara Giovoni, Ambassadeur du Champagne 2012.

Così ad esempio, la crema d’ostrica grigia (con scalogno e vino bianco ridotto), dall’intenso sapore iodato e minerale e appena acidulo che richiama alla mente tante proposte di coquillage, si sposa alla perfezione con un Blanc de Blancs minerale e fresco ma morbido e cremoso (assemblaggio di più uve di vecchie vigne) che ne esalta la sapidità, come il Brut Réserve di Duval Leroy.

Il deciso sentore erbaceo e le note leggermente balsamiche e persistenti del coulis di prezzemolo, dragoncello e aneto dal colore verde scuro vengono esaltate da un assemblage di chardonnay, pinot nero e meunier dallo stile leggermente ossidativo, che ne sostiene e prolunga l’intensità, come quello di Roger Coulon.

La crema verde-chiaro a base di avocado, succo di limone e un pizzico di tabasco, dalla consistenza molto ricca e di modulata acidità, viene ammorbidita dalla tensione e finezza – impreziosita da note di limone, gelsomino e zenzero – di un Blanc de Blancs da uve di villaggi 1° e Grand Cru dell’eccellente millesimo 2015 firmato Jacquart e fa venir voglia di una sontuosa colazione a base di avocado toast e Champagne.

Lo sfaccettato carpione al miele e salvia (che unisce in un gel giallo evanescente note dolci, acide e aromatiche, come può avvenire anche in un ceviche), si accompagna alla delicata freschezza – non priva di carattere e persistenza – di un assemblage non troppo complesso, senza spigoli ma persistente in cui predomina il meunier, come il Grand Brut Perrier Jouet.

Il gazpacho – rosso, vegetale, leggermente speziato e acidulo, con note verdi e aromatiche comuni anche a tanti altri piatti mediterranei a base di pomodoro, ingrediente mai semplice da abbinare allo Champagne tranne che sulla pizza – trova un compagno eccezionale in un assemblage complesso e affascinante, a base di vins de reserve e della reserve perpetuelle rigenerata con il 54% di vini della vendemmia 2019, come il Brut Collection 244 di Roederer, in cui la maison riesce ad affiancare alla coerenza stilistica i necessari adattamenti alle condizioni imposte dal cambiamento climatico, raccogliendo uve più mature al termine di vendemmie più precoci.

La crema di funghi dal colore beige, in cui dominano le note avvolgenti di umami e sottobosco che si ritrovano anche in un piatto di tagliatelle o in un risotto, trova l’ottima alternativa a un Pinot nero di Borgogna nella stessa uva vinificata in bianco, in versione extra brut, in arrivo dalla regione dell’Aube (come quello di Bauchet), che ne sostiene la ricchezza con struttura, pienezza e finezza.

Il “caviale” di melanzana dal sentore affumicato e dal carattere moderatamente tannico – come avviene nel Babaganush libanese o nelle creme che ben accompagnano la carne grigliata – chiede un calice ricco di note vinose e con tanto frutto, che smussi i toni fumé e metta in risalto il sapore della melanzana, come fa splendidamente il fragrante e intenso rosé, assemblage dei tre vitigni champenois (con un 25% di chardonnay), di P. Louis Martin.

L’avvolgente Royal di pan brioche – bagnato nel latte e frullato – dalle note insieme dolci e sapide di burro tostato e crema cotta, che richiama alla mente il classico abbinamento gastronomico con il foie gras ma anche vellutate di patate, sorprende con l’elegante ed equilibrato Lanson Le Rosé (assemblaggio dei tre vitigni prodotto utilizzando esclusivamente vini rosati di riserva) dalle note nette di arancia sanguinella, mandorla e spezie.

La salsa di brasato alle nocciole – che ripropone in maniera fedelissima il sapore del fondo di cottura dell’arrosto, con le note vegetali e di carne – dal colore arancione, che unisce dolcezza, mineralità e intensità, si abbina a un Blanc de Noirs d’Ambonnay che mette insieme acidità, struttura, sapidità e frutto, come quello di Ballard-Millot, bilanciando la struttura del “piatto”.

Infine, il giallo citrico del classico lemon curd inglese, in cui il connubio tra uova, burro e limone gioca su grassezza, acidità e freschezza – rendendolo un perfetto fine pasto – ha bisogno di un dosaggio maggiore, oggi considerato quasi “fuori moda” ma necessario se si desidera chiudere il pasto con le bolle e per nulla stucchevole anche grazie alla notevole presenza di meunier; come avviene nel “confortevole” Dry Elixir realizzato dalla maison che grazie a Madame Louise Pommery aprì invece la strada al gusto meno zuccherino del Brut.

Maggiori informazioni

Comité Champagne

foto Bureau du Champagne Italia

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