La filiera globale del caffè si trova al centro di una trasformazione strutturale profonda. I futures sull’arabica hanno raggiunto livelli storici, toccando i 4,40 dollari per libbra a febbraio, a seguito di eventi climatici estremi nelle principali aree di produzione come Brasile, Vietnam e Indonesia. Parallelamente, l’aumento dei costi operativi, dalla logistica all’energia, fino ai fertilizzanti e alla manodopera, mette sotto pressione i margini di produttori, torrefattori e caffetterie. A complicare ulteriormente il quadro, il nuovo Regolamento europeo sulla deforestazione (EUDR), entrato in vigore per le grandi imprese, impone criteri stringenti di tracciabilità per garantire l’origine sostenibile dei prodotti agricoli.
Per il settore caffè, in cui il 60% della produzione globale è in mano a piccoli coltivatori con risorse limitate, il rischio di esclusione dal mercato europeo è elevato. L’insieme di questi fattori non rappresenta solo una sfida economica, ma anche una questione etica e sociale, con implicazioni dirette sulla disponibilità e sull’equilibrio della catena del valore globale del caffè. In questo contesto, emergono iniziative internazionali come il Global Coffee Sustainability and Resilience Fund, promosse anche dal G7 a guida italiana, ma resta cruciale un coordinamento multilaterale che coinvolga Africa, Sud-Est asiatico e America Latina, per garantire resilienza e accesso equo al mercato.
L’estate rovente del caffè, soprattutto in Brasile
Dopo un lungo periodo di crescita, i prezzi del caffè arabica hanno toccato un record storico a febbraio, superando i 4,40 dollari per libbra, un aumento di oltre il 300 % rispetto a meno di due anni fa e più del doppio della media decennale. Nonostante un recente calo, le quotazioni restano attorno ai 3 dollari, sfidando i modelli di prezzo precedenti e mettendo sotto pressione torrefattori, caffetterie e Ong del settore.
Questo improvviso rialzo è stato provocato da condizioni meteorologiche estreme nei maggiori Paesi produttori: soprattutto il Brasile ha sofferto una siccità cronica che ha ridotto la produzione fino al 60‑70 %, mentre Vietnam e Indonesia hanno alternato siccità a piogge torrenziali. I costi di produzione sono aumentati anche per il rincaro dei fertilizzanti (in particolare il carbonato di potassio) e per i rialzi dei prezzi energetici, che incidono su trasporto e irrigazione. Costi del lavoro in crescita, difficoltà di ricambio generazionale e abbandono rurale aggravano la situazione in zone storiche di produzione come il Chiapas o Veracruz in Messico.
Le sfide non si limitano ai prezzi. A partire dal 30 dicembre 2024 il Regolamento europeo sulla deforestazione (EUDR) impone obblighi di tracciabilità geografica precise e dichiarazioni di due diligence per il caffè venduto nell’UE. Solo il 30% del caffè è oggi tracciato; la maggior parte prodotto da piccoli agricoltori rischia di essere esclusa dal mercato europeo, incapace di sostenere i costi tecnici di conformità.
La scadenza per operatori e trader è stata spostata a fine 2025 per le aziende medio-grandi e a metà 2026 per le microimprese. Tuttavia, senza un sostegno concreto gli agricoltori più poveri potrebbero essere emarginati.
Il caffè rappresenta oltre il 60 % delle esportazioni agricole di Paesi come l’Etiopia; una loro riduzione o abbandono avrebbe impatti etici e economici profondi. Cooperare lungo tutta la filiera e sostenere i piccoli produttori è quindi fondamentale per evitare una crisi irreversibile dell’offerta e garantire un caffè equo e sostenibile per i consumatori.