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Fuoco e fiamme: Marzapane

Marco Bolasco racconta la nuova sede (e formula) del ristorante romano. Al centro, cotture a fiamma viva e l'informalità del bancone.

Il fuoco. È uno dei quattro elementi primari, quello che per Levi-Strauss ci distingue dagli animali nel nostro modo di mangiare – cotto –, ed è ciò che sintetizza l’immaginario collettivo della cucina. E, se è vero che in tempi recenti si sono diffuse la cucina cruda e le cotture senza fiamma (basti pensare all’induzione di calore), è altrettanto vero che proprio negli ultimi anni è emerso un bisogno primigenio di fuoco, di fiamma, di ritorno all’origine del concetto di cottura, essenziale e quasi rude, di idea di intervenire con essa sulla materia bruta. C’è, ed è evidente fra le tendenze attuali, la ricerca di qualcosa che vada nella direzione opposta rispetto alla sofisticazione edulcorata della cucina classica, qualcosa che fuoriesca dai canoni della ricetta come la intendevamo una volta. C’è il desiderio di entrare in maggiore contatto con la materia, e il rapporto fra ingredienti semplici e insoliti e la fiamma lo sintetizza perfettamente.

Sulla base di questo tipo di ispirazioni, da qualche tempo la storia di un ristorante romano ha fatto scuola. Si tratta di Marzapane, otto anni nei dintorni di piazza Fiume e, per una buona dose di questi alla ricerca della qualità – cosiddetta – stellata. Poi il cambio netto di rotta del patron Mario Sansone e la trasformazione in quello che oggi chiamiamo bistrot: via le tovaglie, via i signature dishes, via la carta dei vini premiati e spazio ai piccoli produttori naturali, acquisti di materie prime senza sprechi (per capire: non si comprano tanti filetti ma un intero quarto di bue del quale si utilizza tutto). I prezzi si riducono e c’è il menu del giorno, perché buona parte dei piatti cambia proprio in funzione della materia prima. Il successo è subito grande, c’è freschezza e Roma ha bisogno di un ristorante come questo: fuori dagli schemi e capace di catalizzare le tendenze della giovane nuova cucina europea. L’età media dei clienti si abbassa e lo scontrino anche, ma il fatturato cresce: l’informalità della nuova formula attrae e convince.

Poi il salto ulteriore, in periodo Covid. Quello che avviene quando c’è tempo per pensare e riprogettare. E si trasferisce in via Flaminia 64, a due passi dal piazzale omonimo e da piazza del Popolo, a fianco dell’agonizzante Mercato Flaminio. La zona può sembrare un non luogo, fra flussi di viaggiatori sul nodo di scambio fra tram, bus, metro e ferrovie, avvocati che popolano i palazzi circostanti nei quali, oltre agli studi professionali, sembra non abitare più nessuno, folla di giorno e silenzio assordante la sera. Ma questa è la porta del Quartiere Flaminio, quello che molti volevano il nuovo distretto culturale di Roma. Forse non tutto si è compiuto ma di certo è una delle aree più interessanti e in divenire della capitale, fra MaXXi, Auditorium e progetti sospesi, un work in progress che l’ha resa tra le più ricercate sul mercato.

E work in progress potrebbe essere anche il nome della formula bancone del nuovo Marzapane. Già, perché il ristorante si sviluppa su tre piani, stretti in un palazzetto che ricorda quelli della periferia di Londra. All’ultimo piano la terrazza, in mezzo la sala vera e propria e sotto la cucina, uno spazio aperto in cui campeggiano fuochi, griglie e braci. Davanti c’è il bancone. Ah, il bancone, quella cosa che l’italiano medio guarda incuriosito e poi dice: “Bello! Ma ci sarebbe un tavolo in sala?”. Non siamo abituati alla seduta frontale, legati a doppio filo alla nostra idea del pranzo in famiglia. Ma qui è un’altra storia. E non solo perché stare al bancone significa osservare i cuochi al lavoro e poter interagire con loro, quanto perché a quella postazione non si scelgono i piatti ma si mangia quello che c’è. Una sequenza, che per fortuna non è un menu degustazione, non ha un ordine né un numero di piatti definito ma nasce dalla spontaneità curiosa dei giovani talenti dietro il banco – Francesco Capuzzo Dolcetta e Guglielmo Chiarapini – e dall’ispirazione del giorno.

La brigata al lavoro partorisce idee semplici quanto incisive mescolando abitudini, tecniche e creatività. Non ci sono limiti alla fantasia e tutto è molto laico: si può pescare nella tradizione regionale, ci si fa ispirare dalle tecniche di cottura, si sfiorano tocchi e condimenti orientali ma non si dimentica mai la grammatica classica (Francesco, ha una grande esperienza francese). Può capitarvi lo spiedino di trippa con lo zenzero o lo sgombro con il cavolfiore, le animelle al burro (c’è tanto quinto quarto) o il riso al salto, il capellino alla liquirizia o il germano alla brace. Difficile invece che vi capiti di annoiarvi, fra il profumo del fuoco e l’aria frizzante che si respira. E non sembra neanche di essere a Roma.

Maggiori informazioni

Marzapane
Via Flaminia 6
00196 Roma
Tel. 06 64781692
Prezzo medio: 55 €
marzapaneroma.com

Foto di Alberto Blasetti

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