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Il pollo di Francesco Apreda

L'evoluzione del "pollo in due culture" spiegata passo per passo

Una riflessione sulla tradizione indiana del tandoori e un omaggio al classico piatto (con peperoni) delle domeniche romane 

In quest’ultima stagione abbiamo posto l’accento sull’italianità della nostra cucina, cercando di tornare alle radici ma senza rinnegare il passato, fatto di contaminazioni da tutto il mondo. Il “pollo ai peperoni alla romana” è l’evoluzione del precedente “pollo in due culture”. L’idea viene dal desiderio di introdurre all’Imàgo un pollo intero, da porzionare davanti al cliente, un vero e proprio banco di prova per la bravura e manualità di ogni chef, anche più del piccione. L’obiettivo, quando si cucina un pollo intero, è ottenere la stessa succosità sia nella coscia che nel petto. L’India (dove lo stellato campano fa consulenze da molti anni, nda) mi ha insegnato molto: il mio pollo preferito è quello tandoori, che viene cotto a 400°C. Fuori si brucia ma dentro resta perfetto e succosissimo, anche perché prima della cottura viene fatto marinare in una salsa di yogurt e spezie che rende morbidissime le fibre. 

La mia ricetta rappresenta proprio una riflessione sul pollo indiano: teniamo in frigo per 5 giorni il nostro pollo intero, pulito delle interiora, immerso in una salamoia preparata con acqua, peperoni arrostiti e rosmarino, con una percentuale di sale bassissima, che ammorbidisce le fibre e dona il giusto sapore di peperoni. Dopodiché lo scoliamo, lo asciughiamo bene e alterniamo un bagno di acqua calda e acqua fredda, per due volte, così da rendere la pelle compatta e poterla cuocere senza che subisca rotture. Poi lo lasciamo una notte sotto le ventole del frigorifero, dove si asciuga perfettamente e la pelle diventa più croccante: è in fondo la tecnica che usano i cinesi per l’anatra alla pechinese. A questo punto cuociamo il pollo a 74°C nel forno, con ventola a metà, fino ad arrivare a 62°C al cuore, poi a 295°C per 8/9 minuti con la ventola al minimo e ancora un altro minuto con ventola al massimo per bruciacchiare e rendere ancora più croccante la pelle. Infine glassiamo il pollo con una salsa teriyaki, che io personalizzo con estratto di peperoni, e lo serviamo con spaghetti di patata e insalata di alghe wakame. 

Completiamo il piatto con delle spolverate del mio blend a base di bucce di peperone, lime, semi di finocchio, rosmarino e peperoncino. Sono arrivato a questo risultato dopo più di 80 tentativi in oltre un mese e mezzo di lavoro di squadra. Ho cercato di ascoltare tutto il gruppo e ognu- no ha dato il suo contributo. Naturalmente avevo bisogno di una pezzatura ben definita per collaudare la cottura e avere la certezza di un piatto perfetto tutte le sere. Questi polli pesano 800 grammi e sono di razza New Red, vengono da un allevamento free-range della Valsesia e mangiano cereali e mais coltivati nella stessa tenuta. Il pollo è un piatto della festa, della domenica, è quello che fa venire a chiunque la voglia di mangiarlo, sia a casa che fuori, eppure in Italia sono veramente pochi i ristoranti, anche stellati, che decidono di servirlo così e di porzionarlo in sala». 

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