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I'm not there

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I’m not there

Il nuovo menu dell'Osteria Francescana raccontato da Massimo Bottura.

Amuse-bouche

Agnello crudo coperto con crema ostrica, mela verde marinata con sidro, agnello, ostrica, mela.

Ricordo di un panino alla mortadella. Pane al finocchietto, crema “caramellata” di finocchio, finocchio fresco, spuma di finocchio e pepe.

L’anguilla che risale il Po.

Una patata che vuole diventare un tartufo
2008–2023
Pane, patate, nocciole, tartufo.

Un piatto per noi importantissimo perché ci riporta con la memoria alla 12 Ore di Les Max (evento-happening che si tenne nel 2010 alla Francescana, ndr) e a Bob Noto. Il piatto era un dessert, un soufflé di patata vanigliata e tartufata cotta in un guscio croccante di buccia di patata e servito accompagnato da una spuma di crema inglese e tartufo bianco. Il piatto ora si è trasformato in una pagnotta servita come pane all’inizio del pasto. La Patata, bollita e poi disidratata fino a farla diventare farina, viene impastata come pane e riempita con crema di patate e tartufo nero. Grazie alla sensibilità dello chef di panetteria Michele, il pane acquisisce un valore che va oltre il pane stesso e diventa una portata vera e propria.

Riso grigio e nero
2006–2023
Seppia cruda e cotta, riso tostato, caviale, ostrica, polvere di limone bruciato.

Il riso grigio e nero nasce da una riflessione sul modo di evolvere il riso che sviluppò Gualtiero Marchesi, in cui rifletteva sull’estetica, sulla leggerezza e sulla purezza dei sapori. Il nostro riso Grigio e Nero approfondiva ulteriormente la purezza dei sapori e tutto veniva espresso in chiave marina: cottura con brodo di seppie e calamari e mantecatura finale fuori dal fuoco con purea di ostriche e olio extravergine di oliva. In questo piatto il riso viene tostato e diventa una crema. C’è una seppia cruda alla brunoise e una seppia cotta col suo nero che diventa la scritta “grigio”, con ostriche e caviale. Il tutto in un’estetica camouflage di colore grigio.

Compressione di pasta e fagioli in camouflage mediterraneo
2004–2023
Zuppa di pesce come un cacciucco (per il chawanmushi e per l’aria), triglia, pane tostato, scampi e polvere di erbe: pomodoro, capperi e olive.

Siamo partiti da due piatti: “Triglia in camouflage” e “Compressione di pasta e fagioli”. Si trattava di una triglia della zona tirrenica, ripiena di scampi crudi. Veniva poi cotta su una lastra sottilissima di pane e rifinita con un camouflage di polveri di pomodoro, capperi e olive, servita su una salsa al cacciucco. Ora l’estetica e la composizione del piatto sono ispirate alla “Compressione di pasta e fagioli”, ovvero un bicchierino trasparente dentro il quale vengono stratificate le preparazioni per arrivare al sapore finale. La triglia viene aperta e diliscata, riempita con gli scampi e passata al vapore, poi rifinita con polvere di cacciucco ed erbe aromatiche in sospensione.

Ho bruciato una sardina
2008–2023
San Pietro, gel di pomodoro filtrato, pomodori secchi, verbena, finocchietto, origano, chips di pelle di pesce, caviale

In una delle mie esperienze a Tokyo da Jiro, rimasi folgorato dall’emozione che provai al cospetto di una umile sardina. Da lì la riflessione sulla riviera romagnola dove queste povere sardine venivano maltrattate e spesso dimenticate sulla griglia. Unii così le due esperienze e presentammo un piatto di sardine crude in un’estetica di monocromo nero dalla forma della sardina stessa. Nella nuova versione 2023, il pesce San Pietro sostituisce la sardina e concettualmente ci riporta anche a “Omaggio a Thelonious Monk”. Il pesce viene cotto a bassissima temperatura, con questa sorta di ali croccanti ricavate dal recupero degli scarti del pesce stesso. Un piatto completamente nero, per lasciare solo l’esperienza al palato, che nasconde un’esplosione di sapori differenti ad ogni boccone.

Tortellini che camminano sul brodo (con skyline di Seoul)
2000–2023
Dumpling ripieni di prosciutto, mortadella, Parmigiano Reggiano e kimchi, alga nori, tuorlo d’uovo, brodo di cappone.

All’epoca fu il piatto più discusso dell’Osteria Francescana e parlo del 2000. Appena rientrato dall’esperienza al Bulli, a Roses, creai due piatti: “Ricordo di un panino alla mortadella” e appunto questo. Il piatto consisteva in una stratificazione di gelatine di brodo di cappone calde con al centro sei tortellini in fila indiana. Il tutto rifinito al tavolo con brodo caldo. I tortellini erano disposti come se attraversassero il Mar Rosso, e raccontavano la storia del tortellino modenese: di pianura, di collina, di montagna. Lo chef coreano Choi ha reinterpretato questi tortellini in altezza utilizzando l’impasto dei Dumpling, come fosse lo skyline di Seoul, e cuocendoli al vapore, con un ripieno classico ma con un tocco di kimchi, crema di alghe nori tostate e finito al tavolo con un brodo di cappone intenso.

Caesar salad in Emilia 
2001–2023
Ditalini, acqua di Parmigiano Reggiano, colatura di alici, estrazione di erba senape, aceto balsamico, pancetta croccante, uovo.

Alla fine degli anni 90 fui invitato dal papà di mia moglie Lara a pranzo al Four Seasons di New York, che ai tempi era rinomato per la sua Caesar Salad preparata al tavolo. Apprezzai la preparazione ma l’insalata era sovrastata dai classici elementi aromatici del condimento (senape, Parmigiano Reggiano, uova e acciughe). Dell’insalata in sé era rimasta solo la sensazione croccante. Rientrato in Italia, ne feci un’analisi critica e decisi di ricostruire il piatto con un maggiore rispetto per l’insalata. Ne uscì così un’insalata composta da varie foglie di erba senape, alcune gocce di colatura d’alici, croccante di Parmigiano Reggiano, tuorlo d’uovo come fosse una bottarga, pancetta croccante e l’aggiunta di qualche goccia di Aceto Balsamico Tradizionale. Oggi, dopo diverse evoluzioni, il piatto è diventato una pasta: tostiamo dei ditalini di Pastificio dei Campi, li bruciamo quasi come fossero dei crostini di pane, li cuociamo in acqua di Parmigiano Reggiano e colatura di alici, li mantechiamo con un’estrazione di erba senape, e infine montiamo il tuorlo d’uovo con una maionese balsamica. Aggiungiamo pancetta croccante e due gocce di Aceto Balsamico di Modena.

Tra “Le vie en rose” e “Oh, deer”
2015/2016–2023
Filetto di daino, polvere di rosa e lamponi, olivello spinoso, crema di nocciole, crema di lamponi e rosa.

Un piatto particolarmente emozionale, un’ode alla bellezza, ai colori, in cui evochiamo Édith Piaf, Enzo Ferrari e quel “Oh, deer” che creammo per recuperare i cervi e i daini abbattuti sulle nostre colline dalle Guardie Forestali. In questo caso usiamo un filetto di daino su fondo di daino con una crosta polverizzata di rosa e lamponi. Un piatto giocato su sensazioni acide, con note balsamiche, ma anche un messaggio preciso: la sostenibilità è nella nostra testa, bisogna trovare il modo di esprimerla.

This little piggy went to the market
2014–2023
Sanguinaccio, cioccolato, mais tostato, Marsala, salsa criolla.

ll piatto era dedicato all’opera di Damien Hirst e al suo maiale sezionato in formaldeide, evoluto poi in un viaggio intorno al mondo, attraverso le salse e i sapori dei 5 continenti. La versione 2023 è più cruenta, più spiazzante al palato. Al centro del piatto un unico maialino, stratificato. Alla base un crumble di mais tostato a mo’ di biscotto, quasi salato, e sopra un sanguinaccio napoletano. Viene accompagnato da una salsa animale criolla al cioccolato Original Beans. Al palato sentori amari, animali e tostature.

Cinque stagionature del Parmigiano Reggiano in diverse consistenze e temperature
1993–2023
Gelato al siero di latte, latte croccante, mousse di caglio e fieno, caramello di latte, estrazione di erba tagliata, crema di clorofilla aromatica.

Un piatto che racconta il segreto del Parmigiano Reggiano. Ovvero il territorio, l’alimentazione degli animali, il latte, il sapere dei casari, la nebbia e l’umidità e lo scorrere lento del tempo in Emilia Romagna. Non fu capito subito, ma dopo vent’anni è stato premiato come piatto del decennio. In questa interpretazione abbiamo fatto un passo indietro, partendo dall’erba fresca tagliata con un profumo e un’estrazione cremosa, per poi recuperare il siero ed arrivare alla qualità del latte. Abbiamo un gelato di siero di latte, latte croccante, la mousse di caglio e fieno, il caramello di latte e zucchero e infine l’estrazione di erba tagliata e spruzzata al tavolo, che regala la parte emozionale.

Il pane è oro
2015–2023
Pane, Panettone, zabaione, cotechino cotto sotto la cenere, oro.

Nasce dal progetto culturale creato durante l’Esposizione Universale di Milano dove il tema era “Nutrire il Pianeta: Energia per la Vita”. Questo progetto aveva e ha come scopo la lotta allo spreco alimentare e all’isolamento sociale attraverso la bellezza e ha dato luogo alla fondazione di Food for Soul e di 14 Refettori nel mondo. Partendo da un vecchio teatro abbandonato, abbiamo creato un luogo magnifico, con l’aiuto di architetti, designer e artisti e naturalmente di tanti amici chef, dove ancora oggi l’inevitabile spreco alimentare viene trasformato in pasti per le persone in difficoltà. Simbolicamente, ho voluto creare “Il Pane è Oro” recuperando dalla mia memoria un piatto con il quale sono cresciuto da bambino: pane, latte e zucchero. Pane e latte sono tra i cibi più sprecati sul pianeta. Così li abbiamo lavorati utilizzando cultura, conoscenza, coscienza e trasformandoli in un dolce straordinario, servito in un ristorante Tre Stelle Michelin. Oggi il piatto si è evoluto, intrecciandosi con i tanti progetti che abbiamo a Modena, primo tra tutti Casa Maria Luigia, dove a colazione serviamo il cotechino cotto sotto la cenere, come lo preparava mia nonna, con lo zabaione. Ispirati da questo piatto classico natalizio e
con tanta licenza poetica, all’Osteria Francescana abbiamo trasformato il pane in panettone, sostituendo i canditi con cotechino e lenticchie. Il gesto poetico è servire il panettone non uno ma 365 giorni all’anno, immaginando di recuperarlo dal giorno dopo la festa di Natale. L’estetica è un’umile fetta di pane al centro del piatto ma laccata d’oro. Una magica fetta che è in realtà una mousse morbida di panettone e cotechino, con lo zabaione. È il recupero della colazione di Casa Maria Luigia. Un piatto il cui messaggio è un invito a non sprecare e per farlo utilizzare la propria creatività, dando forma a un futuro migliore in cui etica ed estetica sono una cosa sola.

Piccola pasticceria

Babà – Capri-Battery ispirato a Joseph Beuys. Il babà torna a essere un dessert, con infusione di acqua di pomodoro filtrata, crema di bufala e limone.

Croccantino di foie gras, esteticamente uguale ma diventa “Better than pop corn” con mousse di pop corn, pralinato di nocciola e pop corn caramellati.

Oops! Mi è caduta la crostatina al limone miniaturizzata.

Maggiori informazioni

Foto di Lenny Pellico

Osteria Francescana
Via Stella 22, 41121 Modena 
osteriafrancescana.it

Leggi anche: Massimo Bottura: Rinascimento contemporaneo a Modena 

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