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Intervista a Chiara Maci: «Il cibo è un collante»

La food expert ci parla del suo primo romanzo, dei suoi nuovi progetti e della sua viscerale passione per la tavola.

Il primo ricordo legato al cibo? Le mozzarelle di bufala dentro le scatole di polistirolo con lo scotch e il nome del caseificio. Succede se vivi ad Agropoli, tuo padre fa l’ortopedico, e tra i pazienti ci sono molti casari. Ma nella memoria d’infanzia c’è spazio anche per gli gnocchi alla sorrentina del Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui due Golfi, frequente destinazione di famiglia. La voce di Chiara Maci sorride a ogni amarcord gastronomico. E non potrebbe essere diversamente per una cuoca, blogger, conduttrice televisiva e scrittrice che “di due mani sporche di farina e un buon calice di vino” ne ha fatto uno stile di vita, per citare il suo profilo Instagram con oltre 730mila affezionati follower.

Cresciuta tra Cilento e Bologna, ormai milanese d’adozione, una laurea in Giurisprudenza, la food expert è partita dal blog Sorelle in Pentola (insieme alla sorella Angela) per poi approdare in tv. Da qualche settimana è in libreria con il suo primo romanzo, Quelle due, che affronta il tema della monogenitorialità attraverso la storia di una mamma, Adele, di sua figlia, Mia, e che parla «dell’accettazione della propria storia personale e dell’importanza di riconoscere che alcune cose, che ci sembrano mancanti, sono invece opportunità per ridefinire i nostri confini».

Il cibo come memoria e identità: il racconto di Chiara Maci

“Quelle due”, il primo romanzo di Chiara Maci

Dopo tanti libri di ricette, un romanzo. Ma anche questa volta il cibo trova comunque molto spazio tra le pagine.

«È così, a cominciare dall’estratto di pomodoro, un rito che la nonna ripete a ogni fine agosto per costringere la famiglia a riunirsi. Il cibo è un collante, mi piace che abbia un potere terapeutico».

Poi c’è il tavolino dell’Osteria da Ugo, che è apparecchiato sempre per due anche se Adele, la protagonista, mangia da sola.

«È un’immagine che amo perché la conosco bene. Un po’ di anni fa mi vergognavo ad andare al ristorante da sola, mi sembrava un po’ triste e avevo sempre bisogno di qualcuno che mi accompagnasse. Oggi invece mi piace molto, il cibo è il mio compagno, riesco a concentrarmi meglio e ad assaggiare diversamente. Sto registrando un podcast proprio sui rumori del cibo e l’alta ristorazione in cui condurrò l’ascoltatore in un’esperienza immersiva».

In che modo il cibo entra nel rapporto con i tuoi figli Bianca e Andrea?

«I miei genitori mi hanno insegnato che il cibo è lo strumento per condividere un momento di festa e di celebrazione. E così stanno imparando i miei figli. Bianca, che ha undici anni, per la sua recente cresima non ha chiesto un regalo per sé ma ha voluto qualcosa da condividere. Così ha scelto di andare a cena da Contraste, il ristorante di Matias Perdomo».

Qual è il tuo ristorante del cuore, quello dove festeggeresti una ricorrenza?

«Lo Scoglio a Marina del Cantone, dove posso mangiare gli spaghetti con i ricci pieds dans l’eau. È quella semplicità che per me diventa felicità».

I tuoi genitori sono responsabili della tua passione?

«Non c’è dubbio. Mia madre è stata la prima donna delegata nazionale dell’AIS. È grazie a lei se in famiglia ci siamo appassionati al vino e siamo diventati tutti sommelier. E pensare che era astemia, mio padre la iscrisse al corso per scherzo. È invece grazie a lui se abbiamo girato il mondo per cantine e ristoranti. Vivevamo con la guida Michelin in macchina e facevamo le vacanze in base alle cucine da provare. Ricordo un viaggio infinito per andare in Francia da Georges Blanc».

La ceramica è la tua altra grande passione.

«È iniziata tre anni fa. Io sono un’entusiasta, quando capisco che qualcosa mi piace davvero ci investo tempo e risorse, così ho voluto aprire il pottery studio Piano Terra (a Corso di Porta Nuova 38 a Milano, dove si può partecipare a workshop o acquistare le ceramiche, ndr) in un momento di vita in cui avevo bisogno di prendermi del tempo creativo. La ceramica mi ricorda la cucina, perché quando ti siedi ti danno un impasto che devi modellare, e se hai la giusta manualità diventa abbastanza facile. La cosa più bella è che l’argilla ha i suoi tempi e si crea un rapporto di rispetto obbligatorio. E anche se crei qualcosa di storto o impreciso non è mai sbagliato, è qualcosa di molto liberatorio».

I tuoi piatti del momento?

«La focaccia con asparagi croccanti, fiordilatte, olive taggiasche e scorza di limone, i fiori di zucca ripieni di ricotta di bufala e basilico e le linguine con la vignarola».

Con il tuo blog sei stata pioniera della comunicazione digitale del cibo, com’è cambiata la fruizione da parte dei più giovani?

«Oggi il cibo sui social è soprattutto intrattenimento. Da parte dei più giovani c’è sì la voglia di imparare, ma in modo più veloce e leggero. Su Instagram ci sono tanti tutorial che durano pochi secondi e che fanno venire voglia di mangiare o di rifare a casa quel determinato piatto. È vero che siamo dipendenti dallo scrollare ma almeno questi contenuti gastronomici possono far nascere una passione sana da coltivare. Attraverso mia figlia capisco a cosa sono interessate le nuove generazioni».

Quali sono i creator che segui con interesse?

«Mi piacciono Cooker Girl, Lulù Gargari, Ruben Bondì, che ha creato un suo format originale e divertente, e Tirmagno, capace di comunicare con semplicità e spontaneità. Oggi l’importante per chi fa questo lavoro è riuscire a cucirsi addosso qualcosa di personale e originale».

Credi che nelle cucine ci sia ancora un problema di genere?

«Io entro continuamente nelle cucine e purtroppo di donne ne vedo ancora poche, a volte solo in pasticceria. È sicuramente un lavoro difficile e complesso, specialmente per una mamma. Ricordo sempre quando Ana Roš, ricevendo il premio come miglior chef donna ai World’s 50 Best Restaurants, sottolineò la difficoltà di svegliarsi la mattina e scegliere se passare del tempo con i tuoi figli o rendere felici i tuoi clienti. Credo però che oggi, nei ristoranti, ci siano condizioni lavorative più rispettose e ci sia modo di prendersi più tempo per sé, e quindi ci sarà sempre maggiore inclusività».

I tuoi prossimi progetti? Tornerai in tv?

«In questi giorni sto registrando gli episodi de La Montagna a Morsi, spin-off de L’Italia a Morsi, che andrà in onda sempre su Food Network e racconterà le tradizioni di montagna, i produttori e i ristoranti locali: iniziamo dalla Val di Fassa».

Maggiori informazioni

Foto di Manuel Bifari

chiaramaci.com

 

 

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