La granita è la preparazione più semplice della gelateria. Ci sono solo tre ingredienti: acqua, zucchero (esclusivamente saccarosio) e l’ingrediente che dà il gusto. Fine. Per Giovanna Musumeci dentro questa apparente semplicità c’è tutto: la precisione di un gesto antico, la stagionalità di una terra vulcanica, l’identità profonda di chi la prepara. La gelatiera di Randazzo, figlia dell’Etna e del maestro Santo Musumeci, parla della granita non come una categoria ma come se fosse un vero e proprio linguaggio.
Il suo laboratorio è da tempo un luogo di pellegrinaggio per gli amanti di questa preparazione. Per assaggiarla bisogna dirigersi in un borgo medievale in provincia di Catania, arroccato sul versante nord del vulcano, dove la lava convive con le vigne e le greggi, e dove i frutti di bosco maturano tra le nebbie estive. «Cresciamo abituati all’odore di zolfo e alla potenza della terra», racconta Giovanna, che da questo paesaggio ha ereditato non solo la materia prima — gelsi neri, nocciole, miele di sulla, susine selvatiche — ma anche la sua instabilità e la sua vitalità. La sua granita nasce qui, tra neve e memoria. È figlia dello sharbat arabo, dei pozzetti riempiti di ghiaccio e sale, della tradizione siciliana che il freddo lo ha sempre saputo domare senza tecnologia.

Non solo colazione: come, quando e con cosa si mangia la granita
In Sicilia la granita è colazione, ma non una qualsiasi. È un rituale che unisce bambini, contadini, studenti e nonne, consumato nel silenzio del mattino o tra i saluti del mercato. Il classico è nel bicchiere con brioche col tuppo, ma i veri intenditori portano da casa il pane fresco per accompagnare la mandorla o, sorpresa per molti, quella al pomodoro. Sì, esiste davvero: granita di pomodoro dell’Etna, servita con olio extravergine e una spolverizzata di origano. «Non è una moda», spiega Giovanna, «ma il nostro modo di usare quello che c’è, quando c’è. Se il pomodoro è perfetto, perché non trasformarlo in un ghiaccio che si scioglie come fosse un sorbetto salato?».
E se qualcuno si chiede come si mangia una granita, la risposta è più complessa di quanto sembri. «Con il cucchiaio, ovviamente. Ma ogni provincia ha la sua idea di consistenza», racconta. «A Catania è più soda, si mangia a cucchiaiate. A Messina è più liquida, quasi da cannuccia. Io sto nel mezzo: deve stare in piedi, ma non essere rigida. Deve sciogliersi mentre si mangia». Ci sono i puristi da brioche, ma anche gli irriducibili del pane. «C’è chi entra con il panino da casa, e ha ragione: con la granita di mandorla o di pomodoro, è perfetto».
«Granita, sorbetto e cremolata non sono la stessa cosa», precisa subito. La granita siciliana è acqua, zucchero e ingrediente. Stop. Nessun altro zucchero che non sia saccarosio, nessuna base pronta, nessun grasso aggiunto. Il sorbetto, invece, può contenere più zuccheri (come glucosio o destrosio) e ammette strutturanti. La cremolata, o gramolata, è rustica, spesso con polpa o panna.
Il parente più prossimo di una granita? «Direi il sorbetto».

Dalla tradizione alla cucina d’autore: la granita gastronomica
Nel laboratorio di famiglia, in piazza a Randazzo, Giovanna lavora ogni giorno granite diverse: alle mandorle tostate, ai lamponi gialli, al caffè amaro, al limone dell’Etna, persino allo yogurt del vulcano con miele e polline. «La stagione me la dice il contadino. Se oggi mi porta le albicocche, io faccio l’albicocca». Ogni mattina riceve chiamate dai produttori del territorio, che le consegnano frutta, fiori e formaggi. Chilometro zero, certo, ma prima ancora: relazione, fiducia, ascolto. «Se un fico d’India è perfetto, non serve nulla di più. Solo tempo e freddo».
Non c’è nostalgia in questo racconto, ma continua ricerca. Così nasce la granita al pomodoro con gambero crudo, quella alla melanzana e ricotta salata, o la versione alcolica con massa di cacao macerata nelle vinacce di Nerello Mascalese. «La fermentazione è una forma di maturazione del gusto. La uso con limoni, olive, cioccolato. La granita è solo un mezzo».
Nel mondo della gelateria moderna, dove la tecnologia ha semplificato ogni passaggio, la granita resta una sfida nuda. E se è buona, emoziona. Come dice Giovanna Musumeci: «Con tre ingredienti puoi solo sbagliare. Ma se non sbagli, hai un piccolo miracolo».