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La perla di Sauternes

A Château d’Yquem, da secoli, con le uve di Sauvignon Blanc e Sémillon si produce un nettare prezioso e unico. L’enologa Sandrine Garbay ne racconta la “contemporanea continuità”

sauternes

CHÂTEAU D’YQUEM, a Sauternes (una cittadina circa quaranta chilometri a sud-est di Bordeaux), produce un vino dolce leggendario, omonimo, tra i più famosi al mondo, creato grazie a una congiunzione di fattori pedoclimatici che sviluppano la Botrytis cinerea, una muffa nobile in grado di trasformare gli acini delle uve di sauvignon blanc e di sémillon in un nettare dolce e longevo. L’eccellenza di questo grande vino nacque per volontà di una donna, Françoise Joséphine de Sauvage, che nel XVIII secolo portò in dote il castello di Yquem quando si unì in matrimonio, nel 1785, con il conte Louis-Amèdèe de Lur Saluces. Tuttavia, la fondazione di Yquem risale al 1593. La prematura vedovanza della giovanissima Françoise Josèphine la vide protagonista dell’evoluzione d’Yquem: armata di una tenacia inscalfibile, cominciò a sperimentare con la coltivazione dei vigneti, introducendo il sistema di vendemmia tuttora in essere con le cosiddette “tries”, ossia i passaggi in vigna per raccogliere solo le uve perfettamente botritizzate.

I Lur Saluces restarono a Yquem a lungo fino alla fine degli anni Novanta, quando il gruppo LVMH diventò socio di maggioranza e poi unico proprietario della tenuta. Monsieur Arnaud non apportò cambiamenti alla tenuta, ma nel 2004 chiamò il grande vigneron bordolese, Pierre Lurton, a dirigere Yquem a fianco dell’enologa Sandrine Garbay, in forze allo Château dal settembre del 1994. Per Sandrine fu il primo e unico lavoro: neo laureata in Enologia, la chiamata fu per lei un sogno che si realizzava. Le sue origini bordolesi non si associavano a famiglie di vignaioli anche se era stato proprio il padre a incoraggiarla a iniziare gli studi di enologia.

Oggi ricorda che negli anni di studio molti insegnanti uomini le avevano detto che stava perdendo tempo perché una donna non era adatta a fare il mestiere di enologa. Lei non si era fatta condizionare e nel 1994 si era diplomata. Furono Guy Latrille e Francis Mayeur, i veri creatori di Sauternes, a trasferire a Sandrine tutto ciò che si doveva sapere sui vini di quel territorio, un vero tirocinio interno che lei ricorda oggi come un momento fondamentale per la sua carriera. Il passaggio a ruolo di enologa operativa avvenne nel luglio 1998, quando il suo predecessore andò in pensione: il suo primo millesimo di Yquem fu proprio di quella vendemmia. Un momento singolare e storico: una donna enologa realizzava il suo primo Premier Cru Supérieur di Bordeaux.

In effetti dal 1855, anno in cui fu stabilita la classificazione dei vini in Francia, solo Yquem ha avuto questa denominazione. Un grande traguardo ottenuto con un perfetto lavoro di squadra che, tiene sempre a precisare Sandrine, oggi come allora, porta alla creazione di grandi Sauternes. Sandrine non è una donna mediatica: dirige una squadra coesa in cantina e in vigna, ma sono il silenzio e la tranquillità a regnare in questo meraviglioso angolo, mentre a guidarla ogni giorno sono l’umiltà e un concetto altissimo di rispetto. «Il vino è un oggetto culturale, che appartiene al nostro mondo», spiega, «noi stessi dovremmo educare i nostri figli e le persone che si avvicinano al vino insegnandogli a berlo in maniera responsabile».

Yquem ha sempre 100 ettari vitati. L’età media delle vigne si aggira sui trent’anni, e ogni anno sono piantate nuove vigne di sauvignon blanc, uve dedicate anche al vino bianco secco “Y” d’Yquem. Ci sono state ristrutturazioni, si sono costruite nuove barricaie, da poco si è aperta una bellissima boutique all’ingresso del castello dove acquistare i grandi millesimi di Yquem, ma il vero cambiamento si evidenzia con l’invecchiamento del vino, che consente di conservare meglio il frutto, un passaggio da 42 mesi in barrique a 24 mesi attuali. All’assaggio i Sauternes presentano meno speziature, un frutto più spiccato e fresco.

Sandrine Garbay, che festeggia venticinque anni di lavoro a Yquem, dichiara: «Venticinque anni sono un pezzo importante della mia vita, io sono cresciuta qui. La mia passione per il vino è aumentata con questo lavoro e mi ha portato ad amare sempre di più la mia professione. Tornando un po’ indietro nel tempo, sono arrivata a Yquem quando c’era il conte Alexandre de Lur Saluces, c’ero quando ci ha raggiunti il nuovo direttore, Pierre Lurton, da più di 15 anni a Yquem attraverso il gruppo LVMH di Bernard Arnaud, ma è stato un “semplice” passaggio senza grandi trasformazioni. La vera trasformazione semmai l’ho notata in vigna. Solitamente tra i filari emerge uno spirito di trasmissione del mestiere di padre in figlio – o figlia. Qui a Yquem hanno sempre lavorato molte figure femminili, che da sempre hanno acquisito la manualità ideale per raccogliere il chicco giunto alla perfetta maturazione botritizzata. Abbiamo squadre in campagna composte in ugual misura da uomini e donne, ma negli ultimi anni si è verificata un’ulteriore evoluzione: abbiamo donne che hanno iniziato a guidare il trattore oppure donne diplomate in potatura alla facoltà bordolese di enologia, ruolo da sempre deputato alla sola figura maschile».

La grande novità a Yquem si riflette sulla produzione certificata di vini biologici, secondo Sandrine una tendenza inevitabile in un’ottica di rispetto totale dell’ambiente. A Yquem non si è mai usato un diserbo chimico, mai erbicidi né fertilizzanti. Il millesimo 2019 sarà per metà in biologico e per il resto convenzionale: la conversione in bio è iniziata e, dopo 3 anni, quindi nel 2022 arriverà la certificazione – il primo millesimo cento per cento biologico. Lo stile presente di Yquem esprime il carattere di un vino liquoroso contemporaneo: il direttore Pierre Lurton ha trasferito indicazioni ben precise per renderlo più attuale e, millesimo dopo millesimo, si è andati avanti con questa ambizione.
Il sogno nel cassetto di Sandrine? Lei lo dichiara sorridendo: poter produrre un grande vino rosso. Con i vitigni a bacca rossa, infatti, non si è mai misurata.

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