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La Psicologia al servizio della ristorazione - Ambasciatori del Gusto

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La Psicologia al servizio della ristorazione

Normalizzare e prevenire il disagio psicologico nel settore della ristorazione: l’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto e l’Ordine degli Psicologi del Lazio presentano i risultati dello studio che fa il punto su cause e best practices.

Cuochi, camerieri, maître, sommelier: operatori che fanno dell’apertura al pubblico e della gratificazione del cliente la missione principale, intrecciando capacità professionali a risvolti psicologici e di relazione che in altri ambiti è più semplice tenere da parte.

Quello del lavoro in cucina è un tema caldo e complicato, sotto molti punti di vista. L’esperienza di un buon pasto al ristorante si compie nei valori dell’ospitalità, dell’accoglienza e del benessere, che sembrano però concretizzarsi a fronte di un prezzo alto per i lavoratori.

Era il 2002 quando Anthony Bourdain restituiva, nel suo Kitchen Confidential, un ritratto a tinte forti di ciò che accade dietro le quinte: turni massacranti, dinamiche militaresche, gerarchie impenetrabili e molta, troppa tensione, con l’inevitabile ricaduta di abusi, dipendenze ed emarginazione. Una narrativa che si è rinforzata con il fiorire di programmi tv che hanno dischiuso le porte delle cucine ed esacerbato un racconto pulp, con il fragore dei piatti infranti a ritmare servizi interminabili, portati a termine una vessazione dopo l’altra. Un modo efficace per solleticare l’interesse del pubblico, senza dubbio, ma poiché la categoria è nei fatti una delle più afflitte in termini di salute fisica e mentale vale la pena approfondire e cercare elementi di soluzione.

Su queste premesse è stata avviata nel 2019 “La Psicologia al servizio della ristorazione”, prima ricerca scientifica nel nostro paese volta a indagare le cause dello stress in questo settore. Un’iniziativa promossa dall’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto e dalla sua presidente Cristina Bowerman, da tempo attenta e impegnata su questo fronte. Insieme all’Ordine degli Psicologi del Lazio e utilizzando le risorse messe a disposizione dal programma internazionale 50 Best For Recovery (progetto dedicato alla ristorazione in crisi nell’ambito di The World’s 50 Best Restaurants), si è raccolto un insieme corposo di dati tramite questionari agli associati AdG, poi approfonditi in webinar aperti a diversi focus group. Dopo due anni di lavoro, lo scorso 28 febbraio sono stati presentati e diffusi i risultati, con un’attenzione speciale — e qui risiede il valore specifico della campagna — alle strategie concrete e alla modalità fattive da adottare per migliorare, e soprattutto prevenire, situazioni di disagio.

Si riferisce ai cosiddetti “waitmares” Cristina Bowerman, ovvero agli incubi ricorrenti che affliggono chi opera in sala e cucina, quando dichiara che «la fatica fisica, la concentrazione, l’accentramento di tante responsabilità, l’allargamento della platea, le review dei giornalisti e clienti, sfibrano profondamente. Un giorno ci si alza e ci si rende conto di essere burned«. Fondamentale, dunque, apprendere come fermarsi un passo prima. Imparare a riconoscere i limiti e a rispettarli, perché, come aggiunge Bowerman, «uno chef bravo è quello che previene gli incendi, non colui che è in gamba a spegnerli«.

La ricerca si è sviluppata in un momento a dir poco eccezionale, a cavallo dell’evento pandemico che ha aggravato e accelerato l’emersione di diversi problemi. Se già nel periodo pre-Covid si registravano criticità legate al turn over del personale (80,18%), all’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata (55,85%), agli orari (54,95%) e ai carichi di lavoro (54,05%), il periodo emergenziale ne ha aggiunte altre, come la difficoltà nel reperire collaboratori e, ancora di più, trovarli competenti o già formati.

A questo si sono affiancati gli standard del “mondo nuovo”, come il far rispettare regole sanitarie stringenti, che alle volte fanno nascere incomprensioni e attriti con la clientela. Quest’ultima percepita come più esigente, diffidente e persino più aggressiva, alla riapertura graduale degli esercizi.

Oltre all’inquadramento scientifico e statistico dei fenomeni di disagio — tra i sintomi fisici correlati allo stress prevalgono i disturbi del sonno (54,45%), mentre tra quelli psichici ansia (40,54%), tristezza (38,73%) e isolamento sociale (34,90%) — lo studio testimonia come tra i pochi, pochissimi, frutti di questi anni rivoluzionari ci sia la parziale normalizzazione della difficoltà psicologica e del suo sostegno. Nell’ambito della ristorazione, così come in altri, la figura del medico del lavoro e dello psicologo si propongono come professionalità tecniche di grande supporto, utili per prevenire l’insorgenza di patologie più gravi e favorire una collaborazione positiva, nonché il consolidamento del lavoro di squadra.

Rivolgersi al counseling si può e si deve, come dimostrano molte iniziative nate di recente all’estero: negli Stati Uniti il gruppo Bonanno ha introdotto la figura del Wellness Director per sostenere il benessere dei collaboratori dei suoi 10 locali; ancora negli USA, Fair Kitchens è un movimento che lotta per un’industria dell’ospitalità e del food service più sostenibile, CHOW (Culinary Hospitality Outreach and Wellness) organizza incontri di sostegno psicologico virtuali e in presenza aperti ai professionisti del settore e I Got Your Back fornisce strumenti e competenze per individuare problemi legati alla salute mentale e proporre strumenti risolutivi.

Anche in Italia qualcosa si muove, con le esperienze, ad esempio, di Restworld — start up piemontese che lavora per valorizzare il capitale umano, favorire l’inclusione e rendere più efficiente il settore Ho.Re.Ca. — e dell’Associazione Cuochi Genova e Tigullio che ha appena implementato un canale di supporto psicologico online dedicato, appunto, ai cuochi.

Nel progetto condiviso da AdG e Ordine degli Psicologi del Lazio, un approccio rinnovato è anche quello che ne definisce gli esiti e i risultati: l’Ordine non ha formulato semplici “linee-guida” appannaggio di pochi interessati, ma ha creato repertori e raccolte di standard a cui ogni professionista può liberamente riferirsi. Ne sono discese raccomandazioni, suggerimenti, esempi pratici raccolti in un booklet scaricabile e consultabile gratuitamente, offerti agli addetti ai lavori come check-list per verificare lo stato di salute psicologico dell’attività.

Una raccolta di best practices chiare e accessibili, offerte come misura anticipatoria di cui, nelle parole di Enrico Bartolini — associato AdG e aderente all’iniziativa —«non serve avere bisogno; si può fare prevenzione, quindi si può (e si dovrebbe) chiedere un aiuto per migliorare le cose anche quando pensiamo che vadano già abbastanza bene«.

Maggiori informazioni

Per scaricare l’e-book: ambiasciatoridelgusto.it e ordinepsicologilazio.it

Per rivedere i webinar e avere maggiori informazioni sul progetto “La psicologia al servizio della ristorazione”

In foto: Cristina Bowerman e Nicola Piccinini

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