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Etna

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La riscoperta dell’Etna

Microclima unico e altitudine alpina: come i produttori hanno ripensato il vino dell’isola.

Gli appassionati che si sono avvicinati al vino vent’anni fa hanno conosciuto una Sicilia estremamente diversa da quella di oggi. Approssimando, ma non troppo, è quella del trend di successo del nero d’Avola, per giunta nelle sue versioni più marcate, intense ed estrattive, e dei grandi marchi dell’isola che proponevano allegramente vini di punta a base chardonnay o cabernet sauvignon. Il “continente” Sicilia, o meglio il modello solare e opulento che lo aveva fatto emergere a livello nazionale e internazionale, mostrava qualche scricchiolio quando è cominciato a rimbalzare sempre più forte il nome Etna. Non solo un territorio nuovo, almeno nella sua veste contemporanea (parliamo pur sempre della seconda Doc siciliana dopo il Marsala, istituita nel 1968), ma un paradigma opposto a quello dominante che ha costretto il vino dell’isola a ripensare sé stesso, avviando un virtuoso processo di evoluzione stilistica. Focalizzando l’attenzione intorno al vulcano, c’è da dire che praticamente tutti i big della regione hanno investito nella zona (da Planeta a Tasca d’Almerita, da Donnafugata a Cottanera fino a Firriato), dopo il successo dei forestieri.

Eppure, prima ancora di Andrea Franchetti (Passopisciaro), Marc De Grazia (Tenuta delle Terre Nere) e Frank Cornelissen, tutti arrivati da lontano e associati alla prima e decisiva ondata per la riscoperta dell’Etna (intorno al 2000), c’era già (o ancora) qualche realtà locale e un clamoroso caso di successo. Parliamo ovviamente dei Benanti, che nel 1988 fondano la propria cantina, e del vino Pietra Marina. Questo bianco da uve Carricante segnerà alcune delle tappe decisive per il rilancio dell’Etna moderno, della realtà che l’ha inventato e di un giovane enologo del posto che diventerà uno dei personaggi più ispirati della “Muntagna”: Salvo Foti, oggi protagonista con l’azienda I Vigneri.

Un vino bianco, dicevamo. Particolare non da poco che ci costringe a qualche ragionamento sul corso degli eventi. Non c’è dubbio che dai primi Duemila siano stati i rossi a base nerello mascalese a guadagnare la copertina. In effetti questi vini sorprendono per la loro finezza, oltre che per la capacità di evocare il terroir vulcanico e una certa idea di mediterraneità “elegante”. E oggi? Oltre ai numeri, che raccontano un territorio ancora molto dinamico, c’è da registrare un ritorno di fiamma per i vini bianchi. Non una novità assoluta, come dimostra il caso Pietra Marina e alcune letture d’epoca. Come questa di Mario Soldati: “I rossi dell’Etna sono meno accettabili dei loro corrispondenti bianchi appunto perché quel gusto di fuoco sembra che ci sia passato troppo dentro. I bianchi, invece, lo hanno filtrato, lo hanno ridotto a un’ombra, a un sospetto, a una leggerissima vena acre che non può non piacere”.

Molte cose sono cambiate dall’autunno del 1968, quando Soldati scrive queste frasi, ma certo la riflessione è stuzzicante e si aggancia a un presente in cui i vini bianchi sembrano di nuovo in corsia di sorpasso. In effetti, molte interpretazioni a base carricante stupiscono per originalità, classe e longevità, mentre in alcuni casi i rossi hanno tradito la prova del tempo. C’è da dire che siamo ancora all’inizio ed è prematuro fare bilanci definitivi, anche in virtù della crescita di consapevolezza dei pionieri e della comparsa di tanti nuovi interpreti sulla scena (compresi diversi enologi di altre regioni: Paolo Caciorgna e Nicola Berti, Carlo Ferrini, Federico Curtaz, Emiliano Falsini, tanto per citarne alcuni).

In più, chi ha detto che un rosso delizioso nei primi 6-10 anni di vita non sia già qualcosa di cui abbiamo tremendamente bisogno? Per come la vediamo noi, i bianchi e i rossi dell’Etna sono due splendide facce della stessa medaglia, che peraltro ci costringono a un’indagine territoriale sempre più approfondita. Le diverse zone della denominazione sembrano fatte apposta per esaltare le uve, i vini, le declinazioni stilistiche e quelle interpretative, consegnando agli appassionati un caleidoscopio di colori, profumi e sapori. Il progetto Contrade esalta e mette a sistema questo immenso patrimonio e la sua estrema variabilità, con ben 133 Unità Geografiche Aggiuntive (Uga) che puntellano i quattro versanti del vulcano (Nord, Est, Sud-Est, Sud-Ovest), fornendo un ascolto polifonico dei suoi vini.

Il vulcano in cifre

A grandi falcate, il territorio dell’Etna si sta ripopolando di vigne e cantine. Non una novità, visto che parliamo di una zona storicamente vocata e importantissima nella mappa vitienologica siciliana, che tuttavia aveva quasi completamente dissipato il patrimonio del passato e visto ridurre a una manciata il numero di aziende imbottigliatrici. Fatto incredibile se si pensa che nel 1848 risultavano coltivati quasi 26mila ettari di vigneto e tra il 1880 e il 1885 Catania era la provincia siciliana più vitata, con ben 90mila ettari di vigneto. È stato l’arrivo della fillossera, a inizio Novecento, a dare inizio a un arretramento che sembrava irreversibile, anche per via delle frequenti eruzioni. La “riconquista” moderna del vulcano è invece sotto gli occhi di tutti, con un indice di natalità e realtà emergenti davvero impressionante. I numeri parlano chiaro: nel 2022 la denominazione ha raggiunto 1.290,82 ettari vitati e 442 viticoltori. Le bottiglie prodotte sono invece arrivate a 5.820.145, a fronte del milione e mezzo di 10 anni fa. Con 23.365 ettolitri la tipologia Etna Rosso è la più importante in termini quantitativi all’interno della denominazione, cui si aggiungono 146 ettolitri di Etna Rosso Riserva. A seguire, le tipologie Etna Bianco (14.366), Etna Rosato (3.880 ettolitri), Etna Spumante Bianco (792 ettolitri), Etna Bianco Superiore (746 ettolitri) e Etna Spumante Rosato (353 ettolitri).

Etna Days in 10 assaggi

I giorni di Etna Days hanno rappresentato una formidabile finestra di aggiornamento sui vini del vulcano. Ricognizione comunque non facile, in considerazione del numero elevato di nuove realtà che rendono per forza di cose provvisoria la mappatura e una gerarchia stabile. I vini selezionati sono dunque insufficienti a disegnare un quadro esaustivo ma rappresentano suggestioni distribuite sui diversi versanti, a cavallo tra cantine consolidate e nuove realtà emergenti. Anche riguardo le tipologie interne alla Doc, abbiamo scelto di restituire una bilancia in equilibrio tra vini bianchi e rossi. Non a tavolino o per partito preso, bensì per aver registrato sul “campo” spunti interessanti su entrambe le facce del vino etneo.

GRACI ETNA BIANCO 2022
Situato in zona Passopisciaro, Graci è tra i protagonisti del successo recente dei vini dell’Etna. Le vigne si trovano tra i 600 e i 1.000 s.l.m., mentre le uve coltivate sono nerello mascalese, carricante e catarratto. Le ultime due (85%- 15%) compongono un Etna Bianco seducente e cristallino, teso quanto appagante e dai pregevoli richiami agrumati.

IUPPA ETNA BIANCO SUPERIORE LAVI 2022
Milo è la zona più rinomata per i vini bianchi (unica in cui si può produrre la versione “Superiore”). Nella contrada Salice, Iuppa produce Lavi che in questa versione gioca con sensazioni piacevolmente ossidative al naso (frutta matura, agrumi canditi, canfora) mentre il sorso è ancora tagliente, per quanto saporito e gustoso.

MAUGERI ETNA BIANCO SUPERIORE FRONTEMARE 2022
L’azienda è ormai un riferimento per i grandi vini bianchi, grazie alla qualità e a uno stile capace di evocare sensazioni borgognone. Il Frontemare che deriva da uve carricante coltivate a 700 metri d’altezza, fermenta in tonneaux ed è dotato di una straordinaria eleganza dalle note freschissime e agrumate ad altre più dolci, di burro e spezie fini.

BIONDI ETNA BIANCO OUTIS 2021
Questo vino nasce dalle uve di Vigna Chianta in Contrada Ronzini. Le varietà carricante, cataratto e minnella sono coltivate ad alberello mentre la vinificazione avviene esclusivamente in acciaio. Ne esce un bianco luminoso e autentico, molto fresco nei profumi di erbette selvatiche, melone bianco e bergamotto. Il gusto è squillante e succoso, dinamico e teso.

NICOSIA ETNA ROSSO CONTRADA MONTE GORNA 2021
Le uve di questo vino provengono da Contarda Monte Gorna, oltre i 700 metri d’altezza. Il succo matura per metà in acciaio, mentre il resto passa dalle barrique alle botti grandi. Scarico di colore, ha profumi di radici (genziana, in particolare), molto originali e freschi, mentre la bocca è spadaccina e assai verticale.

TENUTA DI FESSINA ETNA ROSSO ERSE 2021
Fessina nasce nel 2007 per mano dell’indimenticata Silvia Maestrelli. Divenuta forse più famosa per il suo bianco A’ Puddara, è capace di vini rossi fragranti e succosi. Tra questi l’Etna Rosso Erse (nerello mascalese e cappuccio, minnella, carricante, in quantità decrescente), delicato e scorrevole, floreale e salato.

GIROLAMO RUSSO ETNA ROSSO A’ RINA 2021
Il merito della giusta fama di questa cantina è di Giuseppe Russo, pianista-vignaiolo che ha rimesso in sesto le vigne di famiglia e avviato uno straordinario percorso. Tra le tante etichette di successo, il rosso d’ingresso A’ Rina è notevole, per di più con l’impalpabile leggerezza delle migliori espressioni di questa zona.

QUANTICO ETNA ROSSO 2021
La famiglia Raiti gestisce alcuni vigneti a Linguaglossa. Questo rosso a base di nerello mascalese, fermenta con le bucce per 10 giorni; quindi la maturazione avviene per oltre un anno tra acciaio, barrique e tonneaux usati. Vino delizioso e identitario, dai toni fruttati che incrociano quelli di radici e sfumano su cenni affumicati.

MECORI ETNA ROSSO 2021
Realtà nuova di zecca che si appresta a spiccare il volo, almeno a giudicare dai pochi assaggi fatti dei primi vini. In particolare, l’Etna Rosso ’21 è sembrato incarnare uno stile azzeccato e seducente, fatto di sapore senza orpelli. I piccoli frutti di bosco sono bilanciati da toni balsamici e minerali, in un sorso scorrevole e aggraziato quanto solido e caldo.

TASCANTE ETNA ROSSO SCIARANUOVA V.V. 2017
Tra le grandi aziende siciliane che hanno investito sull’Etna, Tasca d’Almerita sembra aver trovato la chiave segreta per fare grandi vini. Il progetto Tascante è straordinario sotto ogni punto di vista. Dalle vecchie vigne del Clos di Contrada Sciaranuova, nasce questo vino sorprendete per finezza, intensità di sapore, dinamica gustativa ed equilibrio. Un fuoriclasse.

Maggiori informazioni

In apertura: la vendemmia in una delle vigne dell’Etna

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