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Vajo dei Masi 1997

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Masi: 250 anni nel segno dell’Amarone

La storica cantina della Valpolicella celebra due secoli e mezzo di vendemmie tagliando il traguardo con una bottiglia dalla storia speciale.

Sulle colline che si alternano tra le sponde dell’Adige, la città di Verona e i Monti Lessini la viticoltura è di casa da secoli, per non dire millenni. Già ai Romani, grandi estimatori delle uve coltivate in queste zone, va il merito di aver introdotto la tecnica dell’appassimento, con la quale — a seguito del riposo dei grappoli, dopo la vendemmia, su graticci di bambù per l’intero inverno — si favorisce la concentrazione di profumi e aromi nel vino. Un saper fare antico che i Boscaini hanno raccolto sin dal 1772, anno della prima vendemmia a Vaio dei Masi, il cru di alta collina posto sulla cresta tra Marano e Negrar che da allora ha dato il nome all’avventura di famiglia.

Quest’anno infatti, allo spegnimento delle prime 250 candeline, le seste e settime generazioni in campo hanno voluto — a ragion veduta — festeggiare in grande. E lo hanno fatto svelando, a metà dello scorso ottobre, una sorpresa che in cantina si teneva in serbo da tempo e che proprio all’originale vigneto rende omaggio. È il Vajo dei Masi, una bottiglia speciale capace di riassumere lo spirito del lungo viaggio che i Boscaini hanno compiuto nel mondo enoico, partecipando, con la propria longeva attività, alla trasformazione del territorio della Valpolicella e al suo riconoscimento come emblema vinicolo del nostro paese. Parliamo naturalmente di Amarone, ovvero del vino che più profondamente è intrecciato alla vocazione enologica di Masi, e che questa azienda — impegnata da decenni nel suo perfezionamento, con un gruppo tecnico dedicato — ha contribuito a rendere un emblema del Made in Italy di qualità nel mondo. E parliamo inoltre di un momento ben specifico sulla linea del tempo: quel 1997 che è generalmente riconosciuto come una delle annate migliori in quest’area, addirittura dell’intero Novecento. Sono stati lungimiranti, i Boscaini, a tenere da parte il frutto della vendemmia (compiuta il 6 ottobre, per la precisione) delle varietà corvina, rondinella, corvinone e molinara e lasciarlo maturare, dopo il consueto appassimento invernale, addirittura per 25 anni. Un’evoluzione controllata con un metodo del tutto originale, che ha previsto, dopo una prima fase di cinque anni in legno tra il ’97 e il 2002, una permanenza in contenitori di acciaio a saturazione di azoto fino al momento dell’imbottigliamento, avvenuto solo a maggio di quest’anno.

«A 250 anni dalla nostra prima vendemmia, siamo orgogliosi di presentare questo vino unico per la sua tecnica produttiva e il risultato ottenuto dal punto di vista organolettico — spiega Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola e noto, non a caso, come “Mister Amarone” —. La particolare lavorazione ci ha permesso di ottenere, dopo un quarto di secolo, un nettare dalla grande complessità, determinata dal lungo affinamento e al tempo stesso dall’inusuale e inattesa freschezza. Riscontriamo anche una notevole omogeneità tra le diverse bottiglie, non interessate dai possibili effetti ossidativi conseguenti alla lunga permanenza in bottiglia».

Per animare i festeggiamenti arriva così un “vino moderno ma dal cuore antico”, come è evidente da un primo sguardo all’etichetta: l’angelo che campeggia sulle bottiglie classiche dell’Amarone Masi, al di sopra del magniloquente cartiglio Nectar Angelorum Hominibus, è qui tracciato nei toni rossastri tipici della tecnica grafica rinascimentale della sanguigna. La stessa immagine che è impressa a fuoco sulla cassetta in rovere massello nella quale è confezionata ciascuna delle 2.500 magnum firmate e numerate. Al suo interno, un’altra sorpresa concede un’ulteriore affondo nella storia rara di questo vino: il “quadernetto dell’enologo”, che lo racconta attraverso la voce dei protagonisti coinvolti nelle diverse fasi del suo affinamento.

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