Nel 2015, Milano ha ospitato Expo. L’Esposizione Universale dedicata al cibo ha lasciato sedimentazioni durature, accelerando la trasformazione della città in un crocevia gastronomico globale. Il padiglione del Giappone parlava di stagionalità, armonia, rispetto per l’ambiente. Una visione che Milano ha saputo accogliere e metabolizzare.
Da allora, l’identità della città si è fatta più permeabile, stratificata, aperta a contaminazioni che non appiattiscono, ma amplificano la diversità. In questo contesto, la cucina giapponese ha trovato spazio e voce, con una rete di luoghi fondati su principi di naturalità (shun), equilibrio nutrizionale (ichijū sansai), cultura della materia prima e valorizzazione del gesto.
Dai ryōtei — ristoranti raffinati — agli izakaya, osterie informali dove si mangia e si beve in compagnia, la presenza nipponica si è articolata in declinazioni sempre nuove. Non più solo sushi e sashimi, ma fermentazioni, brodi chiari, cotture millimetriche, tecniche di conservazione naturale e presentazioni che coniugano estetica e salute. Tra insegne eleganti, sushi bar e gastronomie popolari, ecco gli indirizzi da provare almeno una volta.
L’umami di Tokuyoshi

Materie prime italiane, tecniche giapponesi e l’estro di Yoji Tokuyoshi: Bentoteca nasce nel 2020 come pop-up e diventa presto un ristorante permanente. La sala, il salottino e il bancone offrono spazi diversi, ma il principio resta uno: la condivisione. Il menù degustazione è pensato per essere spartito, così come molti piatti alla carta. Imperdibili il katsusando di lingua, il midollo alla brace con shokupan, e i vari tagli di tonno rosso. I yakisoba alla pescatora? Uno scrigno di umami.
Un nome, una garanzia

Unico Nobu in Italia, unico al mondo di proprietà del gruppo Armani. Qui si incontrano l’estetica rarefatta della maison e la fusione nippo-peruviana firmata Nobu Matsuhisa. Gli interni essenziali riflettono il rigore stilistico di Armani e l’eleganza giapponese. La cucina, definita new style, si basa su ingredienti rari e preparazioni raffinate. In carta, classici di Matsuhisa come il merluzzo nero al miso e la tempura di astice si affiancano alle creazioni del resident chef Antonio D’Angelo.
Bancone esperienziale

Sette posti al banco, un solo menù. Iyo Omakase è la realizzazione del sogno di Claudio Liu: portare a Milano il rito giapponese dell’omakase, dove ci si affida alla sensibilità e alla fantasia del sushi master. L’esperienza include un antipasto, zuppe, sashimi, un piatto caldo e il black cod alla griglia. Poi arrivano i nigiri, serviti uno alla volta in un crescendo di intensità, mentre il profumo della griglia satura di buono l’ambiente. Si chiude con i dessert e la cerimonia del tè.
Sakè e brace

Prima house of sakè italiana, Sakeya è un ristorante, bistrot e bar dedicato alla cultura del sakè. Oltre 150 etichette da 47 prefetture giapponesi accompagnano la cucina di Masaki Inoguchi, fedele alla tradizione e pensata per esaltare ogni abbinamento. Da non perdere: anguilla alla brace, wagyu sumibiyaki, polpo in tre cotture e le proposte vegetariane come gli spiedini di funghi e zucca. La griglia è speciale.
Sushi autentico

Da Yoshinobu, chef Yoshi propone una cucina meticolosa, dove il pesce è protagonista. Ogni mattina, viene selezionato al mercato direttamente dal team di cucina, per poi essere trasformato in sashimi, nigiri e bento box. Al bancone si assiste a un susseguirsi di gesti ipnotici, rigorosi e delicati insieme. Tra i piatti: salmone selvaggio, ricci di mare, colli di rombo e cernia alla brace.
Ci pensa nonna

Fondata dall’omonima famiglia Yamamoto, Gastronomia Yamamoto nasce per l’asporto, pur offrendo alla clientela la possibilità di consumare anche all’interno, seduti attorno a uno dei tavolini in sala. L’atmosfera è intima, quasi domestica: si può anche restare scalzi, come in Giappone. Da provare gli onigiri, preparati freschi ogni giorno. A cena, il menù “Ci pensa nonna Yamamoto” racconta i sapori della tradizione.
Il chirashi che non c’era

Aperto nel 1977 da Shiro Poporoya, è il primo sushi bar italiano e ancora oggi uno dei più autentici. Quindici posti, atmosfera informale, e un bancone dedicato al chirashi. Poporoya è anche bottega di specialità giapponesi, perfetto per un pranzo veloce tra amici. Il menù è ampio e accessibile: sushi, nigiri, chirashi, spiedini di pollo alla soia. Un indirizzo sicuro e consolidato, ormai entrato nel dna dei milanesi.
Sporcarsi le dita è bello

Dopo la chiusura dello storico Tomoyoshi Endo, il maestro Kato Shozo ha trovato una nuova casa in zona Isola. CasaNori è un ritorno all’autenticità: handroll preparati al bancone, pesce pescato all’amo, e una carta che include gyoza, miso soup e sashimi anche in versione omakase. Il locale, ospitato in un edificio del Novecento, fonde architettura giapponese e design italiano. Qui si mangia con le mani e si vive un’esperienza intima e personale, come in una casa giapponese.
Al naturale

Haruo Ichikawa, maestro del sushi e volto storico di Iyo e Endo, firma un ristorante che porta il suo nome. Aperto nel 2019, Ichikawa è un’immersione nella tradizione giapponese: pesce eccellente, riso profumato, cotture al carbone. Al bancone si può vivere l’esperienza omakase, affidandosi al maestro. Ricciola, otoro, gambero di Mazara: la materia prima viene servita prevalentemente in purezza. Valida la selezione di sakè e vini.
Ramen, come tu lo vuoi

Luca Catalfamo reinterpreta lo street food giapponese con ingredienti italiani e spirito izakaya. Casa Ramen Super, in zona Isola, ha 25 coperti, un tavolo sociale e un bancone a vista. Il ramen è personalizzabile: brodo di pollo, versioni vegetariane, piccanti o asciutte. In carta anche bao e piatti come la “Trota on fire”, tartare con ponzu, shiso e alga nori. Un locale che fonde Oriente e Occidente con gusto e libertà.