Uno studio coordinato da Weco analizza la composizione della manodopera impegnata nei vigneti di Langhe e Roero e propone la creazione di un modello territoriale condiviso per migliorare sostenibilità, formazione e condizioni lavorative. I risultati vengono presentati in un incontro pubblico ad Alba.
Il “Modello Langhe” come sistema sostenibile
Le dinamiche della viticoltura nelle colline albesi sono sempre più legate alla disponibilità e alla qualità della manodopera impiegata nelle operazioni manuali. La produzione di Barolo, Barbaresco e dei vini del territorio continua a richiedere competenze specifiche e una presenza costante in vigneto, in un contesto in cui la forza lavoro proviene da Paesi diversi e in cui il ricambio generazionale risulta disomogeneo.
Lo studio di fattibilità condotto da Weco negli ultimi dodici mesi nasce con l’obiettivo di fotografare con precisione la realtà occupazionale di Langhe e Roero, esaminandone la composizione, i bisogni e le criticità. Il lavoro, sviluppato insieme al Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco, all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, a Ires Piemonte nell’ambito del progetto Common Ground, all’Unione Giuristi della Vite e del Vino, alla Città di Alba e all’Aca, viene presentato oggi negli spazi dell’Associazione Commercianti Albesi.

Secondo i dati 2023 dell’Agenzia Piemonte Lavoro, riporta l’Ansa, le persone impiegate nelle attività manuali della viticoltura, dalla potatura alla vendemmia, sono circa 4.500, distribuite tra 589 aziende. La maggior parte dei datori di lavoro è costituita da realtà vitivinicole, mentre cooperative e società di servizi rappresentano una quota minoritaria ma gestiscono quasi la metà dei contratti attivati. La componente internazionale è predominante, con una prevalenza di lavoratori provenienti dall’Est Europa, mentre una parte significativa degli addetti italiani è concentrata nelle fasce più giovani.
La ricerca evidenzia inoltre un progressivo innalzamento dell’età media dei lavoratori dell’Europa orientale, mentre i lavoratori africani arrivano in larga parte con un’età inferiore ai quarantacinque anni. Il quadro complessivo testimonia una forza lavoro articolata, con esigenze diverse e spesso prive di servizi integrati, come formazione specifica, supporto linguistico o soluzioni abitative adeguate.
La fase progettuale, ora al centro del dibattito territoriale, prevede la creazione di una Fondazione di partecipazione che riunisca soggetti pubblici e privati incaricati di definire standard e indirizzi condivisi. A essa si affiancherebbe una società operativa senza scopo di lucro con il compito di gestire i servizi offerti al sistema produttivo e ai lavoratori: reclutamento, formazione tecnica, orientamento linguistico, gestione degli alloggi e dei trasporti, oltre a percorsi specifici di inclusione sociale.
Secondo Weco, il modello ipotizzato per il 2026 prevede l’assunzione di un primo nucleo di 120 addetti, una percentuale pari al 6% della forza lavoro attiva nelle cooperative, con un piano scalabile negli anni successivi. La copertura economica deriverebbe da fonti miste pubbliche e private, con l’obiettivo di costruire una struttura stabile e non dipendente da finanziamenti straordinari.
Il percorso mira a definire un “Modello Langhe” riconoscibile anche a livello internazionale, capace di collegare la qualità dei vini alla qualità del lavoro nei vigneti. Un progetto che intende posizionare il territorio Unesco come esempio di responsabilità sociale applicata alla viticoltura, in un settore sempre più chiamato a coniugare eccellenza produttiva e sostenibilità delle persone che la rendono possibile.