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Niko Romito e il pollo fritto

Nato quasi per gioco, il piatto più celebre di ALT rappresenta la perfetta sintesi tra ricerca e comfort. Come tutta la cucina dello Chef

Niko Romito è in piedi sul tetto di Alt e alle sue spalle si staglia il profilo dei monti della Meta. Siamo a Castel di Sangro, in Abruzzo, quasi al confine con il Molise, dietro di noi scorre languida la Strada Statale 17, che collega Lazio, Abruzzo, Molise e Puglia, e tutto intorno le montagne indossano l’autunno come una coperta di filo di rame. Le 3 lettere rosse della grande insegna (A-L-T) sembrano strappate a un benzinaio della Texaco degli anni 50 o a un diner, riferimento scontato ma vero. Il capannone che ospita il locale, con le sue linee, i materiali e i colori da loft metropolitano, appare quasi distonico in questo paesaggio, come il negozio di Prada ricostruito nel mezzo del deserto a Marfa, Texas, dagli artisti Elmgreen and Dragset. Ma Alt d’altra parte è un’anomalia, un caso unico, affascinante. 

Inaugurato lo scorso agosto, è il primo ristorante “fast casual” del 44enne chef abruzzese (3 stelle Michelin con il Reale, a pochi passi da qui, e una nuovissima stella a Shanghai per il Ristorante omonimo del Bulgari Hotel). Una «stazione del gusto, un modello di ristorazione da strada per tutti, dal camionista all’appassionato di cucina», come la definisce lui rimandando ancora all’immaginario del benzinaio e anche del truck stop, pensata per essere gestita e vissuta dai ragazzi della sua Accademia professionale di cucina (ospitata, come il Reale, tra le mura immacolate di Casadonna, convento cinquecentesco che racchiude anche un boutique hotel e che Romito governa insieme alla sorella Cristiana) e per portare, in poche parole, il massimo del gusto italiano alla massima potenza democratica. A partire dal pollo fritto, nato quasi per gioco (i ragazzi dell’Accademia gli hanno dedicato anche un fumetto) e ben presto diventato simbolo e oggetto del desiderio, e proseguendo con un menu che tocca tutti i tasti del conforto e del piacere, dai vegetali e le carni alla brace (cucinati al Josper) alle polpette e cannelloni, dalle zuppe ai panini imbottiti di salumi e formaggi abruzzesi, dalla bomba fritta a tutti gli altri lievitati salati e dolci che fanno capo a Pane, il laboratorio (immenso, inondato di luce e tecnologia) sul retro di Alt che sforna (e presto porterà in tutta Italia) una delle pagnotte migliori del paese.

C’è anche il ciambellone, ricetta segreta di mamma Giovanna. Romito non è il primo chef di alta ristorazione ad aver intuito il potenziale di una cucina pensata per un pubblico più allargato, ma nelle sue mani l’idea ha acquistato una forza economica concreta e dirompente, e contenuti forti. Le sue non sono operazioni di marketing a tavolino, sono tasselli di pensiero gastronomico che uniti creano un quadro completo della cucina italiana contemporanea. Basti pensare a “Spazio” (ristorante casual dining con location a Milano e Roma e in prossima espansione, anch’esso palestra per i giovani dell’Accademia), a “Intelligenza Nutrizionale” (un protocollo alimentare ospedaliero che coniuga salute, piacevolezza e sostenibilità economica, sviluppato con l’Università La Sapienza di Roma), ai menù di archetipi italiani pensati per i Bulgari Hotel di tutto il mondo, e alla “Bomba” fritta, ricetta ereditata dal padre pasticcere e formattizzata grazie alla partnership con Autogrill.

Ma Alt è diverso: un’esperienza improntata alla massima accoglienza – qui si sta, prima di tutto, bene – dove tradizione nazional-popolare, ricerca scientifica applicata al cibo e visione imprenditoriale hanno trovato la quadra perfetta. E il caso del pollo fritto ne è la prova. In cucina, pochi minuti prima della scalata acrobatica del tetto, Romito ci aveva mostrato la macchina dei miracoli, una friggitrice americana del costo di 26mila dollari, che funziona con un processo brevettato. «Ci siamo arrivati dopo tantissime prove». Classica frase romitiana. La sua filosofia: prendi un ingrediente, lo studi ossessivamente, lo ceselli a colpi di tecnica e intuizione finché non restituisce la sua espressione migliore, mantenendo intatta una rassicurante riconoscibilità, che si tratti di un piatto pensato per un pubblico di raffinati gourmet o di ragazzi appassionati di street food.

Il pollo di Alt viene prima cotto in forno vapore a 68°C, poi viene iniettato con una salamoia allo 0,15% di sale e massaggiato con una marinatura secca di paprika piccante, polvere di peperoncino, pasta d’aglio e trito di rosmarino, timo e salvia, quindi inserito in una busta sottovuoto. Poi riposa in cella frigorifera per due giorni. La frittura è l’ultimo passaggio. «Quando inseriamo il pollo nella friggitrice la temperatura dell’olio è di 190°C. Per i primi 7 minuti la macchina lavora in atmosfera modificata, l’ossigeno viene estratto da una pompa e all’interno si crea un vortice di olio che sbatte a tutta velocità contro le pareti: per questo il coperchio si chiude come quello di un sommergibile! La pelle del pollo diventa soffiata e croccante, e all’interno, proprio perché non c’è ossigeno, le proteine della carne sono rispettate molto più che con una cottura in una friggitrice normale: la penetrazione del calore al cuore è graduale e l’umidità della fibra viene conservata. È lo stesso principio che applico al mio petto di piccione. Il problema è che non riuscivamo a stabilizzare la croccantezza della pelle: dopo un po’ si perdeva. Allora abbiamo aggiunto sul finale due minuti con ossigeno. Queste sono prove, ci stiamo ancora lavorando, ma i risultati sono già notevoli. A partire dal tempo: 9 minuti per un pollo». Il prezzo? 18 Euro per un esemplare di 1,2Kg, servito con una maionese all’aceto. Nei giorni di maggiore affluenza se ne vendono 80 pezzi.

Alt è aperto tutti i giorni dalle 8 del mattino a mezzanotte, e questo non è un dato da poco, «con un’offerta continua ma continuamente modulata a seconda dell’orario, e gestita interamente da un team di ragazzi giovanissimi, con un’energia contagiosa»: un modello che in Italia mancava. Tra tutti i format dello chef, è forse quello dal potenziale di sviluppo più forte. «All’interno di Alt ci sono tanti spin-off che si possono giocare», spiega lo chef, «è un modello di business altamente ripetibile – l’esempio di Spazio insegna – e ha le carte in regola per assorbire tantissimo mercato in Italia». Troveremo Alt su tutte le statali, lo troveremo – in versione leggermente modificata – nelle grandi città? Forse. Ci si interroga spesso su quale sia la via della nuova ristorazione popolare italiana.

Fate un giro sulla SS17, all’altezza di Castel di Sangro, e lo capirete. 

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