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La carbonara di Luciano Monosilio da Follie (ph. Alberto Blasetti/Cultivar Agency)

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Ode alla carbonara

Dal fine dining alla trattoria: interpretazioni d'autore della più amata e discussa ricetta della “triade romanesca” di primi piatti.

Solo rossi o un mix ragionato di albumi e tuorli, consistenza asciutta o cremosa, Parmigiano o pecorino, pasta lunga o corta? La Carbonara è forse la più amata e la più discussa della “triade romanesca” di primi piatti — accanto ad Amatriciana e Cacio e pepe — ma anche quella che lascia più spazio alle interpretazioni personali. Quella classica, cremosa e avvolgente di Pipero — ristorante una stella Michelin che l’ha istituzionalizzata nel fine dining — prevede solo tuorlo, cubi grossi di guanciale di Re Norcino, Pecorino Buccia Nera dell’Alto Lazio e le mezze maniche rigate realizzate ad hoc dal Pastificio Graziano. Luciano Monosilio — già chef proprio di Pipero — la propone sia da Luciano Cucina Italiana che nel percorso degustazione Radici della nuova apertura gourmet Follie all’hotel Villa Agrippina Gran Meliá. La sua è la celebrata versione a bagnomaria in cui monta (facendo attenzione a non superare mai i 65°C) tuorli pastorizzati, un mix di Grana e Pecorino romano e cubi di guanciale autoprodotto. Solo spaghetti, per lui: quelli fatti in proprio da Luciano e il Valentino di Felicetti da Follie. Da SantoPalato la chef abruzzese Sarah Cicolini mescola uova (30% intere e 70% soli tuorli), abbondante formaggio grattugiato (90% pecorino e 10% Parmigiano) e pepe e aggiunge a fine mantecatura il guanciale croccante a listarelle, per ottenere una salsa cremosa che ricopre la pasta, il cui formato varia dallo spaghettone alla mezza manica rigata. Alla tavola di Roscioli la carbonara prevede solo tuorlo (quello di Parisi) e ingredienti dal banco gastronomia del locale: un mix di Parmigiano Vacche Rosse 24/36 mesi e Pecorino romano e cubetti di guanciale nero di Cinta Senese in parte fondente e in parte ben croccante, a condire lo spaghettone Benedetto Cavalieri. Sono ormai dei signature le proposte creative di Heinz Beck (i suoi Fagottelli ripieni di crema di tuorlo, pecorino e panna montata accompagnati da una salsa di zucchine e fondo di vitello portano il nome del ristorante La Pergola) e di Riccardo Di Giacinto, che da All’Oro ha affiancato al celebre Riassunto di Carbonara (un guscio d’uovo che accoglie crema inglese salata, guanciale croccante e spuma di Parmigiano, in cui affondare il cucchiaino con voluttà) il divertente dessert Carbon’Air: un uovo di cioccolato bianco che racchiude strati di frolla, agrumi, passion fruit e pepe nero. Mentre da Eggs — ristorante di Trastevere che celebra le uova di ogni tipo — Barbara Agosti le dedica un’intera pagina del menu, che annovera la versione classica, la Carbonara 1954 (anno in cui la prima versione ufficiale della ricetta, per quanto poco ortodossa, fu pubblicata su La Cucina Italiana: pancetta rosolata, aglio in camicia, uovo e gruviera a condire i tonnarelli acqua e farina), la Carboca con uovo d’oca, oltre a declinazioni variopinte: dalla Verde con carciofi alla Rosso Fuoco con ‘nduja e stracciatella.

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Foto di apertura: La carbonara di Luciano Monosilio da Follie (ph. Alberto Blasetti/Cultivar Agency)

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