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Pasta al dente: perché mangiarla così aiuta a saziarsi prima

Uno studio olandese spiega che la consistenza della pasta influisce sul senso di sazietà e sul modo in cui la consumiamo

Uno studio condotto in passato dalla Wageningen University & Research e ricerche correlate mostrano che la consistenza degli alimenti influenza la velocità con cui si mangia e, di conseguenza, la quantità consumata. La pasta cotta al dente, più compatta e da masticare più a lungo, può favorire una sensazione di sazietà più rapida rispetto a una pasta molto cotta.

Perché la consistenza incide sulla quantità mangiata

La relazione tra consistenza del cibo e gestione dell’appetito è oggetto di studi da tempo. Diversi lavori sperimentali, tra cui quello che abbiamo preso in esame, hanno confrontato pasti preparati con ingredienti cotti in modo diverso e ne hanno misurato la velocità di consumo e la risposta soggettiva di sazietà.

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Nei protocolli tipici, i volontari ricevono versioni della stessa pietanza che differiscono soltanto per il grado di cottura: la pasta definita “al dente” e la pasta molto cotta vengono poi consumate con contorni uguali, e si registra quanto rapidamente viene mangiato il piatto. I risultati indicano che i piatti con consistenze più morbide vengono consumati più rapidamente; in alcuni esperimenti la differenza di velocità ha raggiunto percentuali rilevanti rispetto alla versione più soda del piatto.

I meccanismi sono semplici e intuitivi: un alimento più duro richiede più masticazione, rallenta il ritmo del pasto e concede il tempo necessario alla messaggeria ormonale (senso di pienezza) per raggiungere il cervello, processo che richiede in media una quindicina di minuti. Mangiare lentamente e masticare a lungo riduce la probabilità di eccedere nelle quantità prima che la sazietà venga percepita. Al contrario, la pasta scotta tende a essere ingerita più rapidamente e può favorire sbalzi glicemici più intensi perché l’amido è più facilmente rilasciato e assorbito.

Oltre la sazietà: qualità metabolica

Una cottura meno prolungata mantiene parte della struttura dell’amido e del glutine, rallentando l’assimilazione degli zuccheri. Ciò si traduce in un indice glicemico relativamente più basso rispetto alla stessa pasta scotta oltre misura. Per chi controlla l’apporto glicemico o mira a una dieta equilibrata, la cottura al dente è quindi una scelta sensata dal punto di vista metabolico oltre che sensoriale.

Masticare con attenzione non è solo un vezzo gastronomico: è una strategia comportamentale che aiuta a controllare l’introduzione di calorie senza rinunciare al gusto. Ridurre il ritmo del pasto, porre il cucchiaio giù tra un boccone e l’altro, scegliere consistenze che richiedano una masticazione più prolungata sono pratiche utili per chi vuole limitare le porzioni in modo sostenibile.

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