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Il misterioso produttore di dolci portoghesi a Napoli

Nessun punto vendita fisico, solo un account Instagram e passaparola. Dietro al progetto Pastel Partenope si nasconde la storia dell’incredibile passione di un napoletano per il Pastel de nata di Lisbona.

Da qualche settimana Napoli e Lisbona sono un po’ più vicine. Nel capoluogo campano si può infatti provare il celebre Pastel de nata, preparato secondo la ricetta autentica, grazie a Carmine Leano, imprenditore partenopeo che ha deciso di trasformare una semplice passione in qualcosa di più.

Duemila chilometri in linea d’aria. Questa è la distanza tra le due città, eppure agli occhi più attenti non sfuggono tanti punti di contatto. Alfama e Quartieri Spagnoli, fado e canzone napoletana, Pessoa e Eduardo, Eusebio e Maradona, Sant’Antonio e San Gennaro, saudade e “pecundria”. E in ambito gastronomico? Non c’è dubbio: il binomio è quello tra pasteis e sfogliatelle. Due dolci diversi ma entrambi diventati di culto tra i golosi, tanto che sia nella capitale lusitana quanto all’ombra del Vesuvio, non è inconsueto notare gente in coda presso alcune delle più note pasticcerie.

Cos’è il pastel de nata

Se la sfogliatella non ha bisogno di presentazioni, anche grazie alla presenza di tante pasticcerie napoletane sparse sul territorio nazionale, vale la pena soffermarsi sul pastel de nata. Fu inventato dai monaci del bellissimo Monastero dos Jerónimos. Qui i religiosi usavano gli albumi per inamidare gli abiti, i tanti tuorli avanzati venivano invece impiegati per produrre dolci.

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Nel 1837 aprì l’Antiga Confeitaria de Belém dove si segue ancora oggi la ricetta originale segreta. Quelli venduti lì si chiamano Pastéis de Belém, tutti gli altri sono semplicemente noti come pastéis de nata. Si tratta di piccoli dolci composti da un guscio di pasta sfoglia croccante che racchiude un morbido ripieno di crema (nata in portoghese), caratterizzata da una doratura che si spinge fino a leggere bruciature, simili a quelle di una crème brûlée. Come la sfogliatella, il Pastel è più apprezzabile se servito, se non caldo, almeno tiepido. Una spolverizzata di cannella o zucchero a velo è il completamento di un rito che può comprendere anche una tazzina di bica, l’espresso portoghese, più lungo rispetto a quello napoletano ma altrettanto iconico.

Un napoletano a Lisbona

Viste le similitudini tra le due città potrebbe sembrare naturale che un napoletano possa sentirsi quasi a casa tra le vie di Lisbona. Quella di Carmine Leano per il pastel è stata però una vera folgorazione. «Durante un viaggio in Portogallo ho assaggiato per la prima volta questi dolci. Mi piacquero tantissimo. Tornato in Italia ho realizzato che difficilmente li avrei trovati e allora dopo tre settimane sono tornato in Portogallo». Se pensate che abbia ripercorso i famosi 2.000 chilometri solo per fare una scorpacciata siete però fuori strada.

«Sono tornato in Portogallo per seguire delle masterclass e imparare a fare i Pasteis. Io ho sempre fatto tutto un altro mestiere: sono un falegname da generazioni».

Pastel Partenope: la nuova avventura di Carmine

Le passioni sono travolgenti, è risaputo, così Carmine ha iniziato a pensare a quei dolci come a una chiave per aprire altre porte della propria vita. Affitta occasionalmente laboratori di pasticceria a Napoli, riceve ordini tramite il suo account Instagram (@Pastel_Partenope) e consegna personalmente i pasteis in tutta la Campania. Alla domanda sull’ordine minimo, risponde ironico: «Ne puoi ordinare anche uno soltanto. Il problema però è che uno tira l’altro, quindi…».

Per quanto riguarda prezzi e pezzature dice: «Ho voluto assolutamente conservare lo stesso prezzo medio che si trova in Portogallo: 1,50 euro. La grandezza è la stessa perché ho avuto cura di comprare degli stampini direttamente da una ditta portoghese: 7 cm di diametro e 3.5 sul fondo».

Un falegname che si trasforma in pasticciere non può che essere un perfezionista e quindi è inevitabile chiedergli se si ritiene soddisfatto dei suoi pasteis: «Sì perché sono del tutto simili a quelli che ho assaggiato in Portogallo e anche ai napoletani che li hanno provati piacciono».

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E aggiunge: «In realtà una volta ho fatto anche una versione sperimentale, provando ad aggiungere un po’ di acqua di fiori d’arancio per richiamare sia la pastiera sia la sfogliatella». Per ora l’attività di Carmine va avanti così, senza un laboratorio di proprietà, applicando in pratica il modello di business delle beer firm alla pasticceria. Tuttavia ha già individuato dei locali nell’hinterland napoletano.

«Quando poi avrò il mio punto vendita, farò anche il caffè, non l’espresso ma quello con la classica cuccumella napoletana. E non avrà un prezzo fisso: metterò una latta dove lasciare un’offerta a piacere». Burocrazia permettendo dunque, Carmine nei prossimi mesi inizierà la produzione in un laboratorio tutto suo. E immaginiamo i gesti scaramantici quando leggerà queste righe. Chissà se anche a Lisbona sono superstiziosi.

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