Tutti l’abbiamo usata almeno una volta nella vita e, anche se è sempre meno trendy, la moka resta uno dei simboli del Bel Paese. Ma questo nome così particolare da dove viene? Perché la moka si chiama proprio “moka”? La risposta arriva da lontano, precisamente dallo Yemen. Questo nome iconico, oggi sinonimo di caffè fatto in casa, si ispira infatti alla città portuale di Moka (o Mokha), snodo centrale per il commercio di uno dei caffè più pregiati al mondo nei secoli passati. Bialetti, il suo inventore, vuole far capire alle persone che il caffè fatto con questo rivoluzionario strumento è corposo, cremoso, gustoso: un vero e proprio storytelling dunque, nato ben prima che lo storytelling diventasse un’arma fondamentale per il marketing, che ha centrato così bene il punto della situazione da far diventare, la moka, un sinonimo stesso di “caffettiera”.
Cos’è la moka
La moka è un oggetto tanto semplice quanto geniale: composto da soli quattro componenti a cui si aggiungono una guarnizione e un manico in bachelite. Ideata da Bialetti, perfino la forma ha un senso tecnico: è ottagonale, una scelta atta ad aumentare la presa in caso di superficie bagnata.
La moka è solo questa: il brevetto prevede unicamente questa forma, fatta in questi elementi sopra descritti. In commercio sono fioccate le imitazioni negli anni con tanti poligoni regolari diversi, qualcuno a forma cilindrica, ma la moka è solo ottagonale, con quattro componenti metallici più due. Le grandezze possono variare ma non la forma dell’oggetto che è diventato un vero e proprio culto nella storia del design mondiale.
Perché la moka si chiama così
Il nome “moka” affonda le sue radici nella storia antichissima del caffè, riportandoci alla città portuale di Mokha (anche Mocha o Al-Makha), situata sulla costa occidentale dello Yemen. Tra il XV e il XVIII secolo, Mokha è il principale snodo commerciale del caffè arabo nel mondo. Proprio da lì partono le navi cariche di chicchi pregiati, destinati ai mercati di Europa, Medio Oriente e Asia. Il caffè yemenita è particolarmente apprezzato per il suo profilo aromatico complesso, speziato e ricco di note di cioccolato e frutta secca, tanto che ancora oggi il termine “mocha” in molte lingue anglosassoni è associato a caffè e a bevande al caffè dal gusto intenso. Ancora oggi il caffè yemenita è uno dei più pregiati al mondo.
Quando Alfonso Bialetti inventa nel 1933 la sua rivoluzionaria caffettiera domestica a pressione sceglie di omaggiare quella tradizione secolare battezzandola Moka Express. In questo nome c’è l’eco dei chicchi speziati yemeniti e il richiamo esotico a un caffè denso, aromatico e avvolgente. Da questo momento il termine “moka” entra a far parte stabilmente della cultura italiana, diventando sinonimo del caffè preparato in casa con quel particolare strumento.
Origini e storia della moka: dall’intuizione di Alfonso Bialetti al design universale
La storia della moka parte all’inizio del Novecento: negli anni ’10 gli italiani sono già appassionatissimi di caffè ma lo consumano per lo più al bar, mettendo le basi per un rito che è riconosciuto oggi in tutto il mondo. A casa il caffè è bevuto meno: sistemi laboriosi e ingombranti che avrebbero scoraggiato i più e che, invece, non intaccano la volontà di ferro dei nostri antenati. E pensare che oggi perfino fare il caffè con le cialde a volte ci pesa. La moka in un certo senso nasce proprio per ovviare a questo problema: Alfonso Bialetti, ispirato dal funzionamento delle prime lavatrici a pressione domestiche, intuisce di poter replicare quel principio nella preparazione del caffè, sfruttando il vapore per spingere l’acqua calda attraverso il caffè macinato.
Nasce così la Moka Express, una caffettiera in alluminio pressofuso dal corpo ottagonale. Il progetto è semplice, pratico e democratico: portare l’espresso nelle case italiane, in un’epoca in cui il bar è ancora un lusso.
Come racconta Jonathan Morris nel suo “Coffee: A Global History“, la vera consacrazione della moka arriva solo nel secondo dopoguerra, grazie a Renato Bialetti, figlio di Alfonso, che trasforma l’oggetto in un’icona del made in Italy. Complice una fortissima attività pubblicitaria — indimenticabile il testimonial animato “l’omino con i baffi” basato proprio sull’estetica di Renato, creato da Paul Campani — la moka diventa il simbolo di un’Italia che riscopre il piacere del rito domestico e la socialità intorno a una tazzina. Grazie agli spot in onda nel Carosello la produzione di mille pezzi all’anno passa a circa 4 milioni arrivando a venderne dagli anni cinquanta oltre 300 milioni di caffettiere.
Con il tempo la moka è diventato un vero e proprio oggetto d’arte riconosciuto nel mondo. È esposta in prestigiosi musei come il MoMA di New York che ne celebrano il valore progettuale e il contributo alla cultura materiale del XX secolo. Un risultato possibile grazie alla perfetta sintesi tra estetica, funzionalità e accessibilità: qualità che fanno della moka un prodotto ancora attuale, oltre 90 anni dopo la sua invenzione.