Tra i vini più singolari della tradizione lombarda c’è il Sangue di Giuda, un rosso dolce e vivace, prodotto esclusivamente nell’Oltrepò Pavese. Amato dai più giovani per la sua beva morbida e i suoi profumi intensi di confettura e fiori appassiti, viene spesso sottovalutato dagli intenditori più severi, che tendono a liquidarlo come un vino di facile beva. In realtà dietro quest’etichetta si cela una tradizione locale ricca di significati e soprattutto un nome enigmatico, la cui origine resta avvolta nel mistero.
Non esistono documenti storici che ne spieghino in modo certo la denominazione, ma diverse leggende popolari e suggestioni religiose si sono sedimentate nel corso dei secoli, trasformando questo vino in un piccolo caso enologico. È proprio questa ambiguità a renderlo affascinante.
Le leggende e le ipotesi sull’origine del nome
La teoria più diffusa, anche se mai ufficialmente confermata, lega il nome al colore intenso del vino: un rosso rubino profondo con sfumature violacee che ricorderebbero il sangue traditore di Giuda Iscariota, l’apostolo passato alla storia per aver venduto Gesù. Secondo questa suggestione, il nome servirebbe a evocare il colore scuro e denso di un sangue “maledetto”, portando con sé un’aura di trasgressione e tradimento.
C’è poi l’ipotesi del vino che tradisce: la dolcezza amabile e il profumo fruttato ingannerebbero il bevitore, inducendolo a eccedere, dimenticando la gradazione alcolica. Anche qui, però, la realtà smentisce il mito: il Sangue di Giuda, da disciplinare, ha una gradazione piuttosto contenuta, tra 7% e 12%, inferiore a molti rossi secchi.
La leggenda più pittoresca, tramandata nell’Oltrepò Pavese e citata da alcune fonti locali ottocentesche, vuole invece che, pentitosi del suo tradimento e dopo il suicidio, Giuda sia stato miracolosamente resuscitato da Gesù e condotto a Broni, nel cuore del territorio pavese. Qui, riconosciuto dagli abitanti, sarebbe stato perseguitato finché, per farsi perdonare, non avrebbe guarito le vigne afflitte da una malattia, salvando il raccolto e garantendo una vendemmia straordinaria. Come gesto di riconoscenza, gli abitanti avrebbero dedicato a lui il vino prodotto da quelle vigne. Una storia suggestiva ma senza riscontro nei testi sacri né nella storiografia ufficiale.
L’interpretazione più concreta arriva però da un ampelografo italiano di inizio Novecento, Arturo Marescalchi, che nel 1925 scriveva: «Il Sangue di Giuda è così definito per il suo colore rosso intenso [sangue], forse un po’ traditore [Giuda] per chi ne abusa, generalmente ammandorlato, ossia amarognolo, e dolce nel contempo». Una spiegazione etimologica e sensoriale che sembra, ancora oggi, la più plausibile.