Roma ha di nuovo una vigna dentro le mura. Nel Parco di San Sisto, tra il Celio e Villa Celimontana, il sindaco Roberto Gualtieri e l’assessora all’Agricoltura Sabrina Alfonsi hanno inaugurato il nuovo vigneto urbano: 1.100 piante, sette varietà storiche e un obiettivo chiaro — far tornare la Capitale Caput Vinum.
Il progetto si chiama Roma Mater Vinorum e nasce in collaborazione con Iter Vitis, itinerario culturale riconosciuto dal Consiglio d’Europa. L’idea è semplice ma ambiziosa: recuperare i vitigni che crescevano nella Roma antica e trasformarli in un laboratorio di sostenibilità e cultura. Tra le barbatelle piantate ci sono il Bellone, il Cesanese, il Nero Buono di Cori, il Moscato di Terracina, l’Abbuoto, la Malvasia Puntinata e il Mammolo — nomi che raccontano secoli di storia agricola laziale.
Ma non è solo una questione di memoria. Il vigneto di San Sisto è anche un esperimento tecnologico: grazie alla collaborazione con la start-up Citiculture, sui filari sono stati installati sensori alimentati da pannelli fotovoltaici che monitorano temperatura, umidità, pressione, radiazione solare e inquinanti atmosferici. Un vero e proprio “elettrocardiogramma della vite”, utile per capire come reagisce la pianta in ambiente urbano.
«È un laboratorio a cielo aperto che unisce ricerca, didattica e tutela ambientale», spiega l’assessora Alfonsi. «Con il progetto Roma Mater Vinorum vogliamo creare una rete di vigneti urbani nei luoghi storici della città, che diventino anche strumenti di educazione ambientale».
Il vigneto coinvolge anche gli studenti degli istituti agrari Garibaldi e Sereni, che parteciperanno alla gestione delle piante. L’agronomo Barbera prevede le prime bottiglie per il 2027: «Le vigne sono come i bambini — se le tratti bene, rispondono bene».
All’inaugurazione era presente anche Renato Brunetta, presidente del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), nonché vigneron vicino al Santuario del Divin Amore con l’azienda Capizucchi, che ha ricordato come “a Roma si diventava cittadini solo se si possedeva un vigneto”. Ora, tra sensori e vitigni antichi, la tradizione si aggiorna in chiave sostenibile.
L’antico semenzaio napoleonico di San Sisto si trasforma così in un piccolo giardino della vite. Un luogo dove storia, tecnologia e natura tornano a convivere. E per stapparne la prima bottiglia bisognerà aspettare il 2027 — ma intanto Roma può già brindare al ritorno della sua vigna.