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Matteo Sardagna Einaudi

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Un disegno e una sinfonia per celebrare Dogliani

Per il 125imo anniversario dalla fondazione, Poderi Luigi Einaudi presenta il primo Barolo dal cru Monvigliero con etichetta firmata da Stefano Arienti. E Ludovico Einaudi dedica una composizione alla terra del Dolcetto.

I genitori di Luigi Einaudi dovettero vendere i terreni di famiglia trovandosi in difficoltà. Orfano della terra, ancora giovane avvocato il futuro presidente della Repubblica (il primo eletto dal Parlamento) investì i primi risparmi e s’indebitò per comprare il podere che oggi è ancora il nucleo centrale della tenuta di famiglia. Sono passati 125 anni e la famiglia continua a celebrare, annata dopo annata, il proprio legame con il vino e con il territorio.

«La radice porta sofferenza e piacere», ironizza Matteo Sardagna Einaudi, bisnipote del cittadino più illustre nella storia di Dogliani, che puntando tutto sulle Langhe continua a investire sulla terra. «Sono nato a Milano, ma appartengo a questo posto e non riuscirei a staccarmene», ammette con un misto di entusiasmo e divertita rassegnazione. Un’adesione al progetto vitivinicolo fondato da Luigi Einaudi – dal quale l’azienda deriva il nome – che si sostanzia in operazioni di investimento importanti, come l’ultima acquisizione nel cru Movigliero quotata 3,9 milioni di euro e in precedenza i 4,5 ettari in Bussia, ma anche nella scelta di prendere le redini del progetto enologico in cantina. «Dal 2016 ho iniziato a fare i vini come volevo io – spiega l’imprenditore – scegliendo di puntare sull’identità del territorio, su un’eleganza contemporanea che però guarda a uno stile antico. Ho abbandonato le barrique e l’acciaio, lavoro con il cemento e legni non troppo grandi (scelti in base al cru), gioco sulle macerazioni prolungate e cerco una pulizia estrema. Diciamo che provo a lavorare come se in cucina facessi cotture lunghe, senza muovere troppo il vino». E l’ispirazione esplicita è uno stile Borgogna.

[ngg src=”galleries” ids=”14″ display=”basic_slideshow”]ETICHETTA D’ARTE PER I 125 ANNI

Per celebrare il 125imo anniversario della fondazione, Poderi Luigi Einaudi ha scelto di presentare due novità che coniugano il vino con l’espressione artistica. «L’arte – chiosa Matteo Sardagna Einaudi – è un codice universale che tocca le note più profonde dell’anima e ci trasporta altrove Proprio come un grande vino è capace di attraversare tempo, spazio, emozioni».
Ecco che la prima occasione di festa è il debutto di un nuovo Barolo dal cru Monvigliero nel portafoglio Einaudi. Nato da una piccola (e preziosa) parcella a Verduno, a 400 metri di altitudine nel comune più settentrionale della denominazione, il Monvigliero va a completare quel mosaico di cru che vede allineati altre espressioni importanti come Bussia, Terlo-Costa Grimaldi e Cannubi. Le viti di Nebbiolo, di circa 40 anni, affondano le radici in suoli profondi, ricchi di calcare e di gesso e questo porta al vino freschezza e una sapidità sobria che allunga il sorso, avvolgendo i tannini ancora fitti, ma dalla tessitura elegante. I toni balsamici e una bella profondità rendono il Barolo 2018 già apprezzabile nonostante la giovinezza per gli amanti di un calice complesso e anche l’anteprima 2019 stupisce per intensità e precisione. Da collezionista d’arte, Matteo Sardagna Einaudi ha voluto per la prima annata del nuovo Barolo un “vestito” diverso dalla livrea classica dei Poderi. Per disegnare l’etichetta è stato chiamato Stefano Arienti, artista mantovano di fama internazionale, che ha tratteggiato (in 6 variazioni da collezione) il profilo di un cavallo, archetipo di eleganza ma allo stesso tempo presenza legata alla terra.

DISVELAMENTO MUSICALE DI EINAUDI

Se la discendenza di Luigi Einaudi ha avuto un ruolo importante nel panorama culturale italiano (dall’editoria all’economia), c’è un Einaudi che riempie le sale da concerto con la sua musica minimalista. E per celebrare l’anniversario importante proprio il nipote Ludovico, compositore di fama mondiale, ha composto e dedicato al Dogliani una sinfonia inedita. Tutto nacque infatti nel 1897 a Dogliani, un piccolo borgo il cui nome oggi è sinonimo della Docg che ha dato lustro al Dolcetto di questa terra. S’intitola dunque “Ascolta Dogliani” il viaggio emozionale nell’armonia composto da Ludovico Einaudi, le cui note sono racchiuse in un QR-code impresso sulla retroetichetta delle bottiglie di Dogliani 2021 e di Dogliani Superiore Tecc 2020. Le uve di Dolcetto provengono dai vigneti di San Giacomo, di San Luigi e di Madonna delle Grazie. Il Dogliani Docg Poderi Luigi Einaudi nasce nel 1897 e da allora non ha mai mancato una vendemmia, mentre il Superiore – tutt’ora chiamato “il vino del Presidente” – nasce da una selezione delle uve migliori. Il primo è fresco e fruttato, capace di un’intensità divertente, mentre il Superiore mostra subito una complessità più ampia. «Il Dolcetto è una passione irrinunciabile per noi –rimarca Matteo Sardagna Einaudi all’unisono con il fratello Giovanni Sardagna – anche se è un po’ il figlio difficile a cui finisci per volere più bene. Dalle difficoltà in vigneto alla vendemmia notturna, fino alla complessa lavorazione in cantina, è un vino che comporta sacrificio eppure incarna la nostra identità».
A questa identità legata alla terra è dedicata la composizione di Ludovico Einaudi che chiude un cerchio per i Poderi e per Dogliani.

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