Cerca
Close this search box.
Nella pagina accanto. Le colline vulcaniche del Veneto (ph. Charley Fazio).

,

Vulcanici terroir

Il programma HEVA - Volcanic Agriculture of Europe racconta suoli antichi, tra viticoltura eroica e produzioni casearie d’eccellenza.

Laddove la crosta terrestre è stata giovane e vitale, le eruzioni hanno plasmato paesaggi densi di fascino e, alle volte, mistero. Contesti nei quali l’uomo si è misurato con la natura in una dialettica millenaria, dando vita a uno scambio reciproco di energie: quello tra la fertilità della terra e la sua difficoltà nell’essere coltivata; la generosità degli elementi presenti nei suoli e le loro estreme pendenze, lavorate per secoli e oggi parte integrante di scenari di grande bellezza. Estremamente eterogenei e variabili, i terreni vulcanici caratterizzano aree geografiche anche molto distanti tra loro, accomunate dalla propensione alla qualità dei vini e delle tipicità agroalimentari che derivano dalle loro specificità pedoclimatiche. A queste eccellenze è dedicato il progetto internazionale HEVA – Heroes of Europe: Volcanic Agriculture, sostenuto dall’Unione Europea nell’ambito delle attività di promozione del comparto agroalimentare dentro e fuori il mercato del continente, che coinvolge quattro virtuosi consorzi di tutela tra Italia e Grecia: quelli del Soave, del Lessini Durello, il Consorzio greco Union of Santorini Cooperatives – Santo Wines e il Consorzio veneto del formaggio Monte Veronese, al lavoro per promuovere l’originalità dei prodotti generati da questi terroir, risultato della sinergia nata tra storia geologica, azione dell’uomo e tempo.

Soave e Lessini Durello: l’unicità del suolo veneto

Risultato di attività tettoniche antiche milioni di anni, le colate laviche trasformate lentamente in substrati agricoli ricchi di argilla che si allargano tra le province di Verona e Vicenza rappresentano oggi una delle aree vinicole più vocate del paese. Da un lato c’è la Dop del Soave, protetta da un consorzio che riunisce una novantina di aziende impegnate principalmente nella lavorazione della garganega, il vitigno autoctono che ha trovato qui un habitat ideale. Primo vino italiano riconosciuto come “Vino Tipico” nel 1931, è tra i prodotti enologici più esportati, con una quota che supera l’80% della produzione di Soave e Soave Superiore. La Doc Lessini Durello, dall’altro, è nata nel 1987 per valorizzare la vinificazione della durella, un vitigno di origine antica caratterizzato da grappoli medi, bucce resistenti e una grande vocazione alla spumantizzazione. Questi terroir affascinanti e fertili si esprimono in bottiglie dalla spiccata mineralità e dai gusti e profumi complessi, naturalmente longeve, persistenti e inclini all’invecchiamento.

Lo spirito di Santorini: storia di un vulcano

Dall’altro lato del Mediterraneo, il volto attuale di questa piccola isola egea è stato forgiato dalla potente eruzione del 1625 a.C. Sui suoi terreni giovanissimi, poveri di materie organiche ma ricchi di minerali, si sviluppano i 1.200 ettari di vigneto vulcanico che producono vini vibranti e corposi, con aromi di agrumi e acidità spiccate. Siamo nella patria dell’Assyrtiko, il vitigno bianco che ha trovato dimora qui nonostante il clima arido e i forti sbalzi termici, grazie alla capacità dei vignaioli che — per mezzo di forme particolari di potatura e allevamento che mantengono basse le piante — hanno saputo proteggerlo e valorizzarlo.

Il Monte Veronese: assaporare il paesaggio

La regione montuosa della Lessinia, a nord di Verona, è rimasta per secoli una grande riserva disabitata, meta degli abitanti dei paesi vicini che conducevano il bestiame al pascolo. Qui, sulle dolci pendenze degli antichi vulcani i cui manti erbosi esposti a meridione permettono lunghi periodi di alpeggio, è fiorita una tradizione casearia legata alla lavorazione dei formaggi vaccini, di norma ottenuti caseificando il latte che aveva già subito una scrematura destinata al burro. Come altrove sulle Alpi, la consuetudine è quella di unire più mungiture; le cosiddette “monte”, che dal dialetto hanno dato il nome al prodotto tutelato dal consorzio attivo dal 1983. Del 1996 è invece il riconoscimento della Dop dedicata, concessa a due diverse tipologie: il Monte Veronese a latte intero, consumato più fresco — con brevi stagionature, da un minimo di 25 giorni fino a due mesi — e quello “d’allevo”, da latte parzialmente scremato e lasciato maturare per almeno 90 giorni e fino a due anni per lo stravecchio. All’interno del disciplinare di produzione, Slow Food ha premiato una nicchia ulteriormente ridotta: quella del Monte Veronese “di malga”, con latte proveniente da pascoli che si estendono tra i 1.400 e i 2mila metri, in cui spiccano aromi ancora più intensi e complessi rispetto alla tipica burrosità e fragranza che ben si sposa con la freschezza dei vini locali.

Maggiori informazioni

Foto di copertina: le colline vulcaniche del Veneto (ph. Charley Fazio).

volcanicagricultureofeurope.com

Condividi

Facebook
Twitter
LinkedIn
Articoli
correlati