È sotto gli occhi di tutti il fatto che la produzione di cibo e vino sia tra i maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico, della scarsa salubrità dei terreni e di molte patologie umane. Ma c’è chi cerca di arginarne l’impatto, realizzando allo stesso tempo ottimi prodotti. «La viticoltura biodinamica è un metodo agricolo che permette di esprimere a pieno la qualità e l’unicità dei più diversi territori viticoli mondiali; anche perché chi affronta il lavoro della terra con passione e vera conoscenza, sa che i concetti di biodiversità, sanità ed equilibrio degli ecosistemi vanno preservati tanto all’esterno del terreno, quanto al suo interno». Descrivendo con rigore le caratteristiche di base, Adriano Zago ribadisce ancora una volta l’approccio non superficiale di tale pratica, evidenziando quanto il suo successo agricolo risieda proprio sotto la superficie dei suoli coltivati.
Chi è Adriano Zago?
Agronomo ed enologo veneto formatosi tra le università di Padova e Montpellier, Zago ha sulle spalle almeno vent’anni di esperienza internazionale in consulenza, formazione e crescita aziendale.
È fondatore di Cambium, una comunità di professionisti che dal 2016 dispensa consigli utili in campo agricola e vitivinicolo, il cui focus principale rimane la biodinamica: tra i suoi clienti più importanti, sia come prestigio che grandezza, si possono annoverare infatti aziende del calibro di Avignonesi, Castello di Rampolla, Foradori, Arianna Occhipinti, Famiglia Casadei, Emidio Pepe, Col d’Orcia, Borgoluce, Ceretto, Planeta, Ampeleia e Salicutti. Podere Mastrilli è il suo “vigneto-giardino”, un progetto che ne mette insieme tutta l’esperienza maturata nel corso della sua professione. Trasferitosi circa vent’anni fa a Monte Oriolo nel comune dell’Impruneta (alle porte di Firenze), per puro amore del paesaggio, ha voluto fortemente creare qui il suo piccolo grande organismo, sfidando le regole della coltivazione intensiva senza rotazione e della produttività sfrenata.
Il progetto Podere Mastrilli
«Un sistema è vivo e interconnesso se vigne, olivi, orti, frutteti, boschi e animali coesistono in un equilibrio dinamico e gestito con cura». Queste sono le cifre stilistiche che hanno guidato Adriano Zago nella creazione di un vigneto piuttosto singolare per concetto e sostanza. Nel cuore delle vigne di Podere Mastrilli, infatti, gli alberi piantati, (mandorli, peschi, prugni, noci e albicocchi e soprattutto siepi miste) non sono semplici ornamenti, ma presenze vive e operose: ciascuno di essi dialoga silenziosamente con la terra, influenzando fino al 70–80% delle piante che li circondano. «L’ombra si estende e protegge, mitiga, custodisce», ci tiene a sottolineare Zago proseguendo sull’importanza della complessità: «la biodiversità non è soltanto una questione di bellezza o di principio: è una strategia concreta. Protegge dal cambiamento climatico, attenua la sete della terra, offre riparo agli insetti alleati e nutre la vitalità invisibile del suolo». Il messaggio è piuttosto chiaro, per non dire cristallino: «la policoltura non è nostalgia del passato, ma slancio verso un’agricoltura più consapevole e lungimirante», come sosteneva Steiner a proposito della fragilità della semplificazione, avvertendo già nel 1924 come monocoltura e assenza di animali avrebbero recato in futuro molti problemi.
Una visione strategica per fare vino
Per Zago il cammino per arrivare dal proprio pensiero alla produzione del vino in bottiglia è lungo e complicato, ma al contempo stimolante: «fare strategia vuol dire immaginare e costruire il futuro dell’azienda nei prossimi vent’anni. Significa agire sulle fondamenta: decidere cosa coltivare, come valorizzare il prodotto, quali mercati servire e, soprattutto, definire l’identità che si vuole assumere come impresa». Che, tradotto nello specifico per arrivare fino al consumatore finale, vuol dire coinvolgere altri professionisti come il microbiologo per delucidazioni riguardanti le fermentazioni, l’artista per realizzare l’etichetta, l’esperto di comunicazione con il quale confrontarsi per il posizionamento di prodotto e l’esperto di vendite per individuare i mercati più interessanti. Anche perché, prosegue, «nel mondo del vino, ormai, le figure carismatiche capaci di farsi guida si fanno sempre più rare. E, al contempo, affiorano i confini di una gestione univoca, dove l’anima manageriale sembra aver smarrito l’eco della visione».
Per lui non è difficile spiegare dove risiede il suo impegno verso la biodinamica, poiché non è agricoltura biologica, né semplicemente sostenibile, ma è un metodo strutturato, con radici profonde, attorno a cui ruotano pratiche vicine come l’agroecologia, la permacultura, e l’agroforestazione che non rappresentano la meta, bensì si trasformano in ottimi compagni di viaggio. «Nel panorama dei vini naturali, artigianali, biologici, invece, manca ancora una cornice metodologica condivisa. Forse l’unico tratto comune è il desiderio di rompere gli schemi, di cercare espressioni singolari, in contrapposizione all’omologazione industriale. E questo è un segno importante. Ma esiste anche una vasta zona intermedia, indefinita, né artigianale né industriale, che a volte mi inquieta di più. Perché è lì che si rischia di perdere identità e visione».
Podere Mastrilli 2024 in anteprima
Frutto di sette (numero caro, non a caso, alla biodinamica) varietà toscane tradizionali – Sangiovese, Canaiolo, Ciliegiolo, Colorino, Mammolo, Trebbiano toscano e Malvasia toscana – Podere Mastrilli 2024 è un vino caratterizzato da un’ottima complessità olfattiva, nonché da equilibrio e freschezza gustativa.
In questa prima annata è uscito come rosato, per via di una pressatura ultra-delicata, ma sarà ogni vendemmia a decidere sul colore e sulla struttura, in quanto frutto di una co-fermentazione delle varietà raccolte nello stesso momento: «Come dire, la mia è una vigna ‘semaforo’ che vuole leggere l’andamento di ogni singola annata», spiega Zago. Il suo nuovo vino – sulla cui etichetta la raffigurazione creata dall’illustratrice Francesca Ballarini mette in evidenza “un acido d’uva che vola per andare altrove”, metafora della trasformazione – diventa così un punto di sintesi e di trasformazione della complessità del vigneto, senza uso di conservanti né tantomeno astruse manipolazioni: un vino conviviale che si lega perfettamente con il territorio anche nel piatto, ai formaggi, alle verdure, ai primi piatti, alle carni bianche e soprattutto alle ricette della tradizione toscana.