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Come fa un caffè a essere decaffeinato?

Dal processo di estrazione della caffeina ai confronti con la miscela "classica", tutto quello che dovreste sapere sulla bevanda più amata al mondo in versione deca. Metodi, estrazione e differenze con quello "tradizionale".

Il caffè decaffeinato può essere un’ottima scelta per chi desidera una tazzina senza gli effetti della caffeina, come insonnia, nervosismo o problemi cardiaci. Forse, però, non tutti sanno davvero come il caffè venga decaffeinato. Partiamo dal principio: cos’è il caffè decaffeinato? Si tratta di un caffè da cui viene estratta la maggior parte della caffeina. Attenzione quindi: l’estrazione non priva i chicchi del 100% del composto chimico, perché ne rimane sempre una piccola parte, ma è invece la bassa concentrazione di caffeina da non dare effetti energizzanti.

Privare i chicchi della loro composto chimico caratteristico senza comprometterne l’aroma e il carattere, è un processo complesso e affascinante che combina scienza, tecnica e sensibilità gustativa. I metodi più comuni per la decaffeinizzazione sono tre: si possono usare solventi, acqua o anidride carbonica per rimuovere la caffeina dai chicchi di caffè verde, che vengono poi tostati e macinati per ottenere il caffè decaffeinato. I metodi a solvente sono più rapidi ed efficienti, mentre la decaffeinizzazione ad acqua o anidride carbonica preserva meglio gli aromi. Scopriamo insieme, dal punto di vista scientifico e produttivo, quali sono i sistemi più diffusi e come funzionano.

Come si decaffeina un caffè

Tutto parte dal caffè verde, ovvero i chicchi ancora crudi e non tostati. È in questo stadio che si procede alla rimozione della caffeina. Infatti, una volta avvenuta la tostatura sarebbe impossibile separarla senza danneggiare le molecole aromatiche responsabili del profilo organolettico della bevanda.

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Il metodo più tradizionale, ancora oggi diffuso su larga scala, è il processo a solvente, nel quale i chicchi vengono inizialmente ammorbiditi con vapore o immersione in acqua calda, per poi essere trattati con solventi organici selettivi (storicamente cloruro di metilene o acetato di etile) capaci di legarsi alle molecole di caffeina ed estrarle. Il caffè viene quindi risciacquato per eliminare ogni traccia di solvente, che comunque evapora a basse temperature e in condizioni controllate, nel rispetto delle normative internazionali sulla sicurezza alimentare. Quindi possiamo già dirlo ora: il caffè decaffeinato non è cancerogeno e non fa male. Lo stesso acetato di etile è composto naturalmente in molti alimenti e non fa male.

Una tecnica più recente, considerata tra le più naturali, è il metodo ad acqua, noto anche come Swiss Water Process. In questo caso i chicchi vengono immersi in acqua calda per sciogliere la caffeina e le sostanze idrosolubili. L’acqua viene poi filtrata attraverso carboni attivi che trattengono la caffeina, lasciando passare le altre componenti aromatiche. I chicchi originali vengono quindi re-immersi nell’acqua aromatica così ottenuta, che non contiene più caffeina ma conserva gli altri composti aromatici, preservando così il profilo gustativo del caffè.

Ancora più sofisticato è il metodo a CO2 supercritica, utilizzato soprattutto per caffè di alta qualità. In questa procedura i chicchi verdi vengono messi a contatto con anidride carbonica portata a uno stato supercritico, cioè a una pressione e temperatura tali da farle assumere contemporaneamente le caratteristiche di un gas e di un liquido. In questa condizione l’anidride carbonica agisce come solvente selettivo che estrae la caffeina senza intaccare le molecole aromatiche più delicate. Terminata l’estrazione, il gas inerte viene recuperato e la caffeina rimossa dal circuito, rendendo il sistema altamente sostenibile.

Dal punto di vista normativo, in Europa un caffè può essere definito decaffeinato se contiene meno di 0,1% di caffeina sul prodotto torrefatto. È importante precisare che nessun processo elimina completamente la caffeina, ma i residui presenti sono talmente minimi da non produrre alcun effetto stimolante percepibile.

Una volta completato il processo di decaffeinizzazione, i chicchi vengono essiccati e tostati secondo le ricette della torrefazione. La sfida dei produttori è mantenere intatto il bouquet aromatico, affinché la tazzina finale offra il piacere autentico del caffè, anche senza la spinta della caffeina.

Differenza tra il caffè decaffeinato e quello “classico”

Per comprendere appieno il valore del caffè decaffeinato, è utile soffermarsi sulle differenze con il caffè tradizionale, al di là della semplice assenza di caffeina. A livello chimico e organolettico, infatti, i due prodotti conservano molte somiglianze, ma presentano anche divergenze significative che incidono sull’esperienza in tazza.

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Il caffè classico contiene, in media, una percentuale di caffeina che varia dall’1% al 2,5% sul peso del caffè verde, a seconda della specie botanica (Arabica o Robusta) e delle condizioni di coltivazione. È proprio questa molecola a conferire alla bevanda la nota azione stimolante e una parte del suo carattere gustativo, contribuendo all’amaro e alla persistenza aromatica. Inoltre, la caffeina agisce in sinergia con altri alcaloidi e composti fenolici, influenzando il profilo complessivo del caffè.

Il decaffeinato, invece, subisce un processo di estrazione selettiva della caffeina, come spiegato nei metodi sopra descritti. Anche se la moderna tecnologia consente di preservare la quasi totalità delle componenti aromatiche, una minima alterazione è inevitabile. Le molecole volatili più delicate possono risentire del trattamento, modificando leggermente le note olfattive e la sensazione al palato. È per questo che un decaffeinato di qualità richiede una materia prima eccellente e tecniche di estrazione raffinate per garantire una bevanda equilibrata, priva di caffeina ma ricca di carattere.

Dal punto di vista nutrizionale, le differenze sono marginali: entrambi i caffè apportano quantità trascurabili di calorie e conservano antiossidanti naturali come l’acido clorogenico.

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