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Cuccumella napoletana: storia e segreti della tradizionale caffettiera partenopea

Dal sapore più rotondo alla ritualità del gesto, il caffè preparato con la cuccumella racconta un rito domestico antico e ancora vivo a Napoli

La cuccumella è la tradizionale caffettiera napoletana, utilizzata per preparare il caffè con un metodo a caduta, che prevede il passaggio dell’acqua calda attraverso il caffè macinato, grazie alla sola forza di gravità e senza pressione. Questo strumento, entrato nell’immaginario collettivo partenopeo grazie a Eduardo De Filippo che la usa in Questi Fantasmi, è considerato ancora oggi un simbolo della cultura gastronomica napoletana e della ritualità quotidiana legata al caffè. La sua forma caratteristica e il metodo lento di estrazione ne fanno un oggetto domestico intramontabile, testimone di una storia che attraversa secoli.

Storia della cuccumella

L’origine della cuccumella risale alla fine del Settecento. L’invenzione si deve a Jean-Baptiste de Belloy, cardinale francese che ideò la prima caffettiera a filtro, detta “caffettiera alla francese”, come scrive William H. Ukers nel suo “All about coffee” del 1922. Il modello arrivò a Napoli dove, adattandosi ai gusti locali e alla cultura del caffè, venne modificato e ribattezzato cuccumella, dal latino cucuma, vaso per i liquidi. Divenne presto un oggetto quotidiano nelle case napoletane, superando le caffettiere a bollitura diretta in uso in altre regioni italiane.

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Foto di Charlie Waradee

Il metodo a inversione trova un precursore nel sistema di percolazione diffuso tra il 1800 e il 1810, noto come “Dubelloire” o caffettiera del cardinale de Belloy, ma è Morize a realizzare la versione che prevede la strutturazione in rame, più poi in alluminio. La diffusione della cuccumella coincise con il radicarsi dell’abitudine sociale del caffè, che da bevanda aristocratica si trasformò in rito popolare ma a partire dal boom economico questo metodo è stato gradualmente soppiantato dalla più moderna moka di Alfonso Bialetti, più veloce e facile.

Ancora oggi la si può trovare in giro per la città, sia nella versione tradizionale sia in soluzioni più moderne e di design. Esistono cuccumelle in acciaio o alluminio e fortunatamente diversi baristi stanno cercando di far rifiorire questo mito sia per rinvigorire una tradizione secolare sia per assecondare un concetto di “vita lenta” sempre più importante nella quotidianità delle nuove generazioni.

Come funziona la cuccumella

La cuccumella è composta da quattro parti: un serbatoio inferiore per l’acqua, un filtro cilindrico per il caffè macinato, un filtro pressatore e un serbatoio superiore dove si raccoglie il caffè preparato. A differenza della moka, il procedimento prevede che l’acqua venga scaldata separatamente nel serbatoio inferiore, poi il corpo della caffettiera venga rovesciato su sé stesso facendo scendere l’acqua calda attraverso il filtro contenente la polvere di caffè. Non si genera pressione, e il liquido scivola lentamente nel serbatoio superiore.

Una caratteristica distintiva è il piccolo beccuccio, detto “beccuccio dell’aroma”, che consente di sentire il profumo del caffè già durante l’infusione, accompagnando il rito con un gesto conviviale.

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Eduardo De Filippo in Questi Fantasmi

Proprio questo beccuccio è diventato leggendario grazie a una scena di Eduardo De Filippo. Il maestro del teatro napoletano è in balcone e si lamenta con il suo dirimpettaio, il professore, un espediente per rompere la quarta parete, del fatto che la moglie più giovane abbia perso la ritualità legata al caffè a causa della moka più veloce. Eduardo fa un appunto sul beccuccio della cuccumella:

«Lo vedete il becco? (Prende la macchinetta in mano e indica il becco della caffettiera) Qua, professore, dove guardate? Questo… Vi piace sempre di scherzare…. No, no… scherzate pure… Sul becco io ci metto questo coppitello (un foglietto) di carta… Pare niente, questo coppitello ha la sua funzione… E già, perché il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi e il più carico, non si disperde. Come pure, professo’, prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre o quattro minuti, per lo meno, prima di colarla dicevo, nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata, piccolo segreto! In modo che, nel momento della colata qua, in pieno bollore, già si aromatizza per conto suo».

Questo monologo è la perfetta sintesi del valore simbolico, del rituale, della gioia e della felicità che il popolo napoletano ha per questa bevanda tanto semplice.

Che sapore ha il caffè preparato con la cuccumella

Il caffè ottenuto con la cuccumella ha una consistenza più morbida e meno densa rispetto a quello preparato con la moka. Il gusto è rotondo e più delicato, grazie al metodo di estrazione lenta e senza pressione, che permette di preservare gli oli essenziali della miscela e di evitare il rischio di bruciature della polvere. La temperatura dell’acqua non supera mai livelli troppo elevati, garantendo una migliore resa aromatica, soprattutto con caffè dal profilo più dolce e leggermente fruttato.

Differenza tra cuccumella e moka

Il confronto tra cuccumella e moka evidenzia differenze sostanziali nel funzionamento e nel risultato finale in tazza. La moka utilizza la pressione generata dal vapore per spingere l’acqua calda attraverso il caffè macinato verso la parte superiore. Questo processo più rapido produce un caffè dal corpo più marcato e con una componente leggermente più amara.

La cuccumella, invece, sfrutta solo la forza di gravità: il passaggio dell’acqua avviene più lentamente e a una temperatura meno elevata. Ne risulta un caffè meno aggressivo al palato. Inoltre, mentre nella moka la preparazione dura circa 3-5 minuti, con la cuccumella si impiegano mediamente 10 minuti, rendendola più adatta a chi predilige un rituale meditativo e domestico. Tutt’oggi a Napoli si usa dire «Stai facenno ‘o ccafè?» («Stai facendo il caffè?») in maniera ironica verso qualcuno che impiega tantissimo tempo per portare a termine un compito. Nonostante la cuccumella sia in disuso da quasi un secolo, il suo ricordo è molto vivo nella cultura partenopea.

Maggiori informazioni

In copertina foto di Federico Franzone.

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