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La storia dell’hot dog: il panino più iconico d’America diventato street food globale

Dalle salsicce tedesche ai chioschi di Coney Island, viaggio nelle origini, nel nome e negli ingredienti del più celebre street food americano.

Oggi è il simbolo pop della cultura gastronomica americana, protagonista di picnic, stadi e barbecue del 4 luglio. Eppure l’hot dog ha origini ben più lontane, affondate oltre l’Atlantico, in una storia che intreccia migrazioni, folklore e la necessità di un pasto veloce. Semplice nella forma ma ricco di significati, questo panino racconta la storia degli Stati Uniti meglio di molti libri.

L’idea stessa di infilare una salsiccia in un soffice panino, da gustare senza l’uso di posate, nasce come pratica di strada: una soluzione perfetta per una cucina popolare, veloce, economica e conviviale. Ma perché si chiama proprio “hot dog”? E quali sono davvero gli ingredienti che lo compongono? Ripercorriamo insieme la storia di uno degli street food più iconici al mondo.

Perché l’hot dog si chiama così

Il nome è il risultato di un curioso fraintendimento linguistico e culturale. Tutto ebbe origine tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, quando le prime ondate di immigrati tedeschi portarono negli Stati Uniti le loro amate Würstchen — salsicce affumicate o bollite, servite calde e vendute per strada. Tra le più popolari c’era la dachshund sausage, letteralmente “salsiccia bassotto”, così chiamata per la sua forma allungata che ricordava il corpo snello del cane di razza dachshund.

Secondo una tradizione spesso raccontata, nel 1901 durante una partita di baseball al Polo Grounds di New York, il venditore Harry Stevens iniziò a distribuire queste salsicce bollenti infilate nel pane. Un vignettista del New York Evening Journal, Tad Dorgan, avrebbe voluto rappresentare la scena ma, incerto su come scrivere dachshund sausage, optò per hot dog. Anche se gli storici gastronomici ritengono questa versione più leggenda che fatto, il termine entrò ufficialmente nel lessico americano, fino a essere inserito nei dizionari già nei primi decenni del Novecento.

La storia: dalle salsicce tedesche a Coney Island

Come molti dei cibi diventati simbolo della cultura americana, anche l’hot dog affonda le sue radici in Europa. Nasce dall’incontro tra le tradizioni gastronomiche degli immigrati e le esigenze di una società urbana in rapida evoluzione. Per comprenderne davvero la storia, bisogna tornare alle grandi ondate migratorie tedesche del XIX secolo, quando migliaia di famiglie sbarcarono a New York e in altre città della costa orientale degli Stati Uniti, portando con sé ingredienti, abitudini e saperi culinari profondamente radicati nella propria cultura.

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Tra i prodotti più diffusi c’erano le salsicce di Francoforte e Vienna, note rispettivamente come frankfurter e wiener. Questi insaccati precotti e affumicati, venduti caldi nei mercati ambulanti e alle fiere, venivano tradizionalmente serviti con pane e senape, offrendo una soluzione rapida, economica e gustosa per lavoratori e viaggiatori. All’epoca il termine hot dog non esisteva ancora: i venditori, spesso di origine tedesca, li presentavano semplicemente come hot sausages o red hots.

Il vero salto di qualità avviene nel 1867, a Coney Island, allora una delle più vivaci località balneari di New York, quando Charles Feltman, un fornaio nato in Germania e trasferitosi a Brooklyn, ebbe l’intuizione di vendere queste salsicce infilate in un panino allungato, comodo da reggere in una mano mentre si passeggiava sul lungomare. Fino a quel momento le salsicce venivano servite su piatti di carta con posate, ma Feltman comprese che il pubblico dei bagnanti e dei vacanzieri desiderava un pasto più pratico e veloce, da consumare all’aperto senza sedersi.

Feltman, che aveva iniziato vendendo tortine e prodotti da forno su un carretto ambulante, fece costruire una cucina mobile con fornelli a carbone e un piccolo chiosco di legno. Il suo panino con salsiccia riscosse un tale successo che nel giro di pochi anni ampliò il chiosco fino a creare Feltman’s Ocean Pavilion. L’umile carretto di Feltman si trasformò in un vero e proprio impero che si estendeva su un intero isolato, con nove ristoranti, montagne russe, giostre, sale da ballo, cinema all’aperto, hotel, birreria all’aperto, stabilimento balneare, padiglione e villaggio alpino che un tempo ospitò il presidente statunitense William Howard Taft. Negli anni Venti era considerato il più grande ristorante del mondo: esiste ancora oggi e gli hot dog sono ancora di altissima qualità, tra i migliori 10 d’America per il Daily Meal.

Tornando al passato: il momento cruciale nella storia popolare dell’hot dog arrivò nel 1916. Un giovane dipendente di Feltman, Nathan Handwerker, immigrato ebreo polacco, decise di mettersi in proprio aprendo un minuscolo chiosco proprio di fronte al ristorante del suo ex datore di lavoro. Utilizzando una ricetta di salsiccia suggerita da due suoi clienti abituali — il cantante Eddie Cantor e il comico Jimmy Durante — e vendendo i panini al prezzo ribassato di cinque centesimi (la metà di Feltman), Nathan’s Famous attirò immediatamente folle di clienti.

Il successo fu tale che nel giro di pochi anni Nathan divenne il simbolo gastronomico di Coney Island e il suo hot dog assunse un valore iconico, legato a una cultura urbana, democratica e popolare. A partire dagli anni Venti, complice anche il proibizionismo e l’affermarsi del baseball come sport nazionale, il consumo di hot dog si diffuse rapidamente negli stadi e nei luna park, fino a diventare il cibo da strada americano per eccellenza. Anche Natan’s Famous esiste ancora e fa ancora degli ottimi hot dog.

Un ruolo fondamentale lo ebbero le fiere itineranti, i mercati all’aperto e gli eventi sportivi, dove l’hot dog era apprezzato per la sua praticità e per la capacità di adattarsi a gusti e portafogli differenti. Il panino diventò così sinonimo di convivialità informale, ideale per i picnic del 4 luglio e le partite di baseball, fino a entrare stabilmente nella cultura popolare americana.

A conferma di questo legame, ogni anno dal 1916 si svolge il celebre Nathan’s Hot Dog Eating Contest, la competizione di mangiatori di hot dog che si tiene il 4 luglio a Coney Island. Evento mediatico e folkloristico, è oggi uno dei rituali più caratteristici della festa nazionale americana.

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L’hot dog non fu soltanto un cibo da chiosco, ma un fenomeno sociale che accompagnò la trasformazione delle città statunitensi da porti di immigrazione a metropoli moderne, rappresentando il prototipo di cibo veloce, accessibile e interculturale. Proprio grazie a questa capacità di adattamento e simbolismo, il panino con salsiccia continua a essere, dopo oltre un secolo e mezzo, uno degli street food più consumati e riconoscibili al mondo.

Cosa contengono davvero gli hot dog

Dietro l’apparente semplicità di un hot dog si cela una composizione molto variabile e tutt’altro che banale. La base è una salsiccia precotta, solitamente a base di carne di manzo, maiale o pollo, più raramente tacchino, finemente tritata e insaporita con sale, spezie, pepe e aglio. La carne viene emulsionata fino a ottenere un impasto morbido, insaccato in budello naturale o artificiale e poi affumicato o cotto al vapore.

Sul fronte ingredienti industriali, gli hot dog più economici possono contenere addensanti, conservanti e aromi, tra cui nitriti e nitrati per mantenere il colore rosato e garantire sicurezza microbiologica. La salsiccia viene poi avvolta in un panino soffice allungato, spesso leggermente dolce, pensato per essere scaldato e accompagnato da senape, ketchup, cipolla, crauti, relish di cetrioli e peperoncini.

Esistono inoltre numerose varianti regionali americane, dai Chicago-style hot dog (con pomodoro, peperoni e sedano salato) ai Coney Island hot dog con ragù di carne, fino agli hot dog hawaiani, serviti con ananas grigliato e salse speziate.

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