Scudetto, velivolo, tramezzino. Sono alcuni dei neologismi pensati da Gabriele D’Annunzio, entrati a far parte del vocabolario della lingua italiana. Se il Vate fosse ancora tra noi, verrebbe da chiedergli di coniare un nome per una categoria di locali difficilmente inquadrabile. Parliamo di quelle enoteche che servono esclusivamente vini naturali ma che, in un contesto informale, vantano una proposta gastronomica di alto livello. Tra le vie di Pescara Vecchia, a pochi metri proprio dalla casa natale del poeta, da qualche mese ha aperto un posto del genere: Radicale.
Come si mangia e beve da Radicale
Tanto per restare in ambito linguistico, sulle pareti scrostate del locale c’è un quadro in cui si specificano le accezioni del termine Radicale a cui fa riferimento l’insegna: una relativa alle radici e cioè l’intima essenza di qualcosa; la seconda riferibile alla scarsa propensione al compromesso. I coperti sono una trentina, tra quelli esterni e gli altri, divisi in due sale: nella prima, oltre ai tavoli c’è il bancone, nell’altra, tra gli scaffali su cui sono esposte le bottiglie, è posizionato un bel tavolo sociale dalla forma insolita.
E la proposta? Birre artigianali di produttori abruzzesi, i kombucha di Orti Geometrici e qualche cocktail sono valide alternative, ma protagonisti assoluti restano i vini naturali. D’altronde in sala c’è Davide Gentile che oltre a essere socio di Radicale lo è anche di Lammidia, azienda vinicola di Villa Celiera il cui motto “Uva e basta” viene completato con «fermentata spontaneamente». Proprio da una visita alla cantina da parte dello chef Federico Colombini è nata l’idea di aprire qualcosa insieme.
Bergamasco ma con radici (appunto) abruzzesi, Colombini può vantare esperienze in ristoranti del calibro del St. Hubertus e del Mugaritz. Il menu da lui pensato è composto da una quindicina di portate, perfette per essere condivise. Nei piatti c’è tanto Abruzzo ma anche la voglia dello chef di giocare col fuoco e stupire con fermentazioni e affumicature. Il territorio è omaggiato dalla convincente rivisitazione dell’agnello cacio e ovo, dal tacos con cif ciaf o dal magistrale timballo con ragù di erbe amare. Il sashimi di rapa (alla brace) è un piccolo capolavoro di tecnica e gusto. La tartare di castrato è potenziata da una polvere realizzata con la parte esterna della stessa carne frollata e bilanciata da una panna acida. Dal mare arrivano le Triglie che vengono opportunamente lardellate, mentre i trascorsi iberici dello chef sono rintracciabili nelle patatas bravas e nella cheesecake basca con blu di pecora e lenticchie candite.
Sorpresa, ma non troppo
Ci era già capitato, ad esempio, con Persika a Napoli; questa volta, la bella sorpresa arriva da Pescara. Il passaparola – reale e virtuale – tra appassionati di vini naturali si conferma ancora una volta prezioso per scoprire indirizzi validi anche dal punto di vista gastronomico, ancora poco noti alla stampa di settore. Non potendo contare su D’Annunzio, continueremo a inventare, di volta in volta, una definizione per questi luoghi, ma soprattutto seguiteremo a scoprirne di nuovi. Anche perché il trend, dopo aver conquistato le grandi metropoli, sembra ormai che abbia contagiato anche le città di provincia.