Brodetto e zuppa di pesce condividono radici antiche nella cucina popolare italiana, ma non sono la stessa cosa. Cambiano origine geografica, ingredienti prevalenti e struttura del piatto. Queste due ricette ci fanno ricordare che troppo spesso dividiamo l’Italia in Nord e Sud quando sarebbe interessante andare a scoprire le di\fferenze tra Est e Ovest.
Pur condividendo le stesse origini di cucina povera e anti-spreco, brodetto e zuppa di pesce raccontano due storie gastronomiche differenti. L’Adriatico e il Tirreno hanno tradotto il pescato quotidiano in piatti che rispecchiano le caratteristiche dei rispettivi territori: più brodoso e delicato il primo, più concentrato e strutturato il secondo.
Con il tempo entrambe le ricette sono uscite dall’ambito popolare per diventare piatti celebrativi e identitari delle cucine regionali di mare, ancora oggi riproposte nelle trattorie di porto e nei ristoranti di alta cucina. La variabilità degli ingredienti e la libertà di adattamento al pescato disponibile restano tuttora il tratto più autentico di queste preparazioni. Ecco cosa distingue davvero queste due celebri preparazioni di mare.
Brodetto e zuppa di pesce: perché non sono sinonimi
Nel lessico gastronomico italiano capita spesso di vedere confusi brodetto e zuppa di pesce, due piatti marinari che, seppur nati entrambi dalla cucina di recupero, custodiscono specifiche differenze storiche, territoriali e tecniche. Si tratta di preparazioni che hanno origine dalla necessità dei pescatori di impiegare il pescato invenduto o rovinato durante la battuta di pesca: piccoli pesci, molluschi, crostacei e scarti nobili che, messi insieme, davano vita a pietanze sostanziose e nutrienti, accompagnate da fette di pane rustico.
Se accomunate da questa funzione originaria e dalla struttura a base di pesce misto cotto in un fondo aromatico, le due ricette divergono nella provenienza geografica e nella scelta degli ingredienti, generando risultati diversi per intensità, consistenza e tipologia di pesce impiegato.
Il brodetto di pesce e le sue molteplici varianti
Il brodetto appartiene alla cultura gastronomica delle coste adriatiche, con particolare radicamento in Romagna, Marche, Abruzzo e Molise. La tradizione fa risalire l’origine di questa preparazione ai coloni greci sbarcati nell’Italia centro-orientale nel VII secolo a.C. La caratteristica distintiva del brodetto sta nella sua natura più leggera e brodosa rispetto alla zuppa tirrenica.
La ricetta del brodetto varia di città in città, se non di porto in porto, con versioni codificate come quella fanese — più liquida e aromatizzata dal liquido filtrato delle vongole — o quella di San Benedetto del Tronto, dove si aggiunge una nota di aceto bianco per bilanciare la dolcezza del pomodoro. Generalmente si impiegano almeno otto o nove varietà di pesci da brodo, come gallinella, scorfano, tracina, e alcuni pesci da sugo, come triglia e rana pescatrice. La cottura avviene in un fondo di pomodoro fresco o concentrato, allungato con acqua calda o brodo di pesce, e servito con pane raffermo o tostato.
La zuppa di pesce e le sue declinazioni tirreniche
Spostandosi sulle coste del Tirreno, la zuppa di pesce assume contorni più densi e sapori più marcati. Tipica della Toscana, della Liguria, del Lazio e della Campania, la zuppa utilizza prevalentemente pesci da sugo, molluschi e crostacei, a cui si aggiungono talvolta tranci di pesce a carne soda come palombo, pesce spada o coda di rospo. La base di partenza è un soffritto con aglio, olio e prezzemolo, sfumato con vino bianco e arricchito da polpa di pomodoro o pomodori freschi, a seconda delle tradizioni.
A differenza del brodetto, la zuppa di pesce ha una consistenza più corposa e intensa. Tra le versioni più celebri spicca il cacciucco livornese, dove crostacei e pesci di scoglio si cuociono a lungo con abbondante pomodoro e vengono serviti su pane tostato strofinato d’aglio. In Liguria si preparano invece la buridda — più liquida e delicata — e il ciuppin, mentre in Puglia resiste la tradizione del ciambotto e della quatara salentina.